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Milano, ferì con le forbici un militare in stazione: per i giudici “agì da lupo solitario”

Per i giudici dell’ottava sezione penale di Milano Mahmad Fathe “ha agito da lupo solitario”. Questa in sintesi la motivazione alla condanna per tentato omicidio aggravato dalla finalità terroristica a 14 anni e 6 mesi di carcere per il ragazzo yemenita che il 17 settembre del 2019 aveva colpito con delle forbici un militare in servizio in stazione Centrale a Milano. Per il tribunale il ragazzo ha agito con l’unico scopo terroristico.
A cura di Giorgia Venturini
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"Ha agito da lupo solitario". Così i giudici dell'ottava sezione penale di Milano, con presidente del collegio Maria Luisa Balzarotti, hanno motivato la condanna per tentato omicidio aggravato dalla finalità terroristica a 14 anni e 6 mesi di carcere per Mahmad Fathe. Non avrebbe avuto complici infatti il ragazzo yemenita che il 17 settembre del 2019 aveva colpito con delle forbici un militare in servizio in stazione Centrale a Milano per l'operazione "strade sicure". La condanna per i giudici è scattata perché nella vicenda "riecheggiano inevitabilmente tutte le principali sfaccettature del terrorismo contemporaneo". In altre parole, stando alle motivazioni riportate anche da La Repubblica, il gesto si colloca "in pieno all'interno del solco culturale ed operativo" tracciato "dai lupi solitari a cui le organizzazioni terroristiche internazionali" hanno "concesso il crisma dell'autenticità". E ancora: "Il fenomeno dei lupi solitari – si legge – caratteri di pericolosità anche più insidiosi di quelli riferibili al terrorismo più classico", anche per la "marcata imprevedibilità delle azioni".

Fathe ha agito a scopo terroristico

Per i giudici quindi non ci sono dubbi: Fathe ha agito con l'unico scopo terroristico di intimidire la popolazione e proprio la sua "critica condizione di disadattamento non è incompatibile con la finalità di terrorismo", come riportano i giudici nella motivazione. Da quello che era emerso già dalle indagini il giovane dormiva nei corridoi della stazione e ha aggredito il militare perché alcuni "voci" in testa gli avrebbero suggerito di morire da "martire": durante l'aggressione aveva infatti urlato più volte "Allah Akbar". Per questo "l'aggressore ha agito per uccidere". I giudici però hanno riconosciuto le attenuanti generiche: per il tribunale Fathe durante il soggiorno in Italia avrebbe potuto soffrire di "condizioni di forte stress sociale e psicologico". In qualsiasi caso però è escluso che soffrisse di patologie psichiatriche.

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