Chiesto il processo per il cantiere di via Fauchè: abusi edilizi per il capannone da trasformare in appartamenti
La Procura di Milano ha appena chiesto la citazione diretta a giudizio per i tre indagati accusati di abuso edilizio per il capannone abbandonato nel cortile di via Giovanni Battista Fauché 9 a Milano, tra corso Sempione e la zona di Paolo Sarpi: nei progetti doveva trasformarsi in una palazzina da immettere sul mercato, un nuovo fabbricato con quattro appartamenti su tre piani (più uno interrato) che doveva sorgere tra i palazzi che circondano lo spazio.
Il ricorso era stato presentato dai residenti del super-condominio di via Fauchè 9-11 e via Castelvetro 16-18-20, rappresentati dagli avvocati Wanda e Carlo Mastrojanni. Sotto accusa ci sono ora il committente dell'opera, il direttore dei lavori e il rappresentante legale della ditta che dovrebbe realizzarli. "Pensavamo di agire in termini di assoluta correttezza", ha fatto sapere intanto il legale che Cesare Cicorella, che assiste due dei tre indagati. "Questa situazione nasce dall’interpretazione delle norme".
Il progetto di via Fauché bloccato dal Tar della Lombardia
Il progetto di via Fauché, destinato a sostituire un vecchio laboratorio-deposito con una nuova palazzina residenziale, era già stato bloccato dal Tar della Lombardia: il cantiere infatti, come molti altri progetti edili milanesi finiti nel mirino della Procura, sarebbe stato spacciato come una semplice "ristrutturazione edilizia" e non come una effettiva "nuova costruzione".
La società immobiliare, insomma, avrebbe sfruttato la Scia (Segnalazione Certificata di Inizio Attività, una dichiarazione amministrativa che va presentata al Comune di competenza prima di iniziare i lavori) per eseguire demolizioni e ricostruzioni, incrementando la volumetria e cambiando la destinazione d’uso, senza però sostenere i relativi oneri urbanistici di progetti che in realtà generano "nuovi carichi urbanistici" sulla città.
Le inchieste sul mondo dell'urbanistica a Milano
Solo una delle tante inchieste che ormai da anni sferzano il mondo dell'urbanistica milanese. In testa le celebri Park Towers di via Crescenzago, recentemente finite con i loro 113 appartamenti al centro di un'indagine della Procura guidata dai pm Marina Petruzzella, Paolo Filippini e Mauro Clerici: i due grattacieli, alti 81 e 59 metri, erano stati realizzati in seguito alla demolizione di due capannoni che sorgevano nell'area intorno a Parco Lambro. Una vicenda del tutto simile a quella che a fine 2023 coinvolse otto costruttori, funzionari e progettisti per la Torre Milano di via Stresa, un grattacielo da 82 metri completato nel 2022 alla Maggiolina e costato 45 milioni di euro: anche in quel caso, come quello delle Torri Lac al Parco delle Cave, la nuova costruzione fu realizzata sotto l'etichetta di “ristrutturazione”.