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Migrante 22enne arrestato per rapina: “I suoi problemi psichici causati dalla traversata fino a Lampedusa”

Una perizia psichiatrica disposta dal tribunale di Milano su un ragazzo di 22 anni, in carcere per tentata rapina aggravata, ha riconosciuto che i problemi psichici del ragazzo siano stati in parte aggravati dal lungo viaggio che lo ha portato fino a Lampedusa.
A cura di Ilaria Quattrone
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Immagine di repertorio
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Il 12 aprile un ragazzo di 22 anni, originario del Marocco e arrivato in Italia dopo un lungo viaggio fino a Lampedusa, è stato arrestato con l'accusa di tentata rapina aggravata di un telefonino alla Stazione Centrale di Milano. Il giovane è detenuto da oltre sette mesi nel carcere di San Vittore.

Sulla base di quanto riportato dal quotidiano Il Corriere della Sera, una perizia psichiatrica disposta dal Tribunale di Milano ha stabilito che la migrazione potrebbe aver costituito "un potenziale fattore patogeno, aggravando" in un giovane "preesistenti aspetti di disregolazione del comportamento e di limitazione della analisi della realtà".

Il racconto del viaggio del ragazzo

Il ragazzo ha raccontato di essere partito da Casablanca per arrivare in Libia. Qui i trafficanti di migranti avrebbero dovuto farlo approdare in Italia: avrebbe dovuto pagare quattromila euro. In Libia però sarebbe stato imprigionato. Per uscire dalla prigione avrebbe dovuto pagare tremila euro. Ha così deciso di contattare i parenti in Marocco che gli hanno inviato il denaro necessario. Subito dopo essere stato rilasciato, è stato nuovamente bloccato da altri trafficanti.

Sostanzialmente per arrivare in Italia ha pagato in totale 24mila euro. Una volta a Lampedusa, avrebbe voluto trovare un lavoro stabile e una casa così da poter aiutare la sua famiglia: "È la droga che mi ha portato qui in carcere adesso. Ho iniziato circa un anno e mezzo fa", ha detto. Lavorando "in nero come muratore a Firenze, ho iniziato ad assumere cocaina".

La perizia psichiatrica

Per i periti nominati dal giudice per le indagini preliminari Fabrizio Felice, è certo che sul piano clinico "non si può invocare la pur suggestiva associazione tra migrazione e aggravamento del disturbo di personalità come fattore patogeno certo e di casualità". Quindi, non essendoci patologia maggiori, non si può pensare a un vizio totale di mente.

È però possibile riconoscere una parziale "incapacità di intendere e volere". Il lungo viaggio fino a Lampedusa ha influito sul "deragliamento clinico manifestato dopo l'arrivo in Italia" che è poi sfociato in un "abuso molto più intensivo di sostanze stupefacenti, con la messa in atto di comportamenti criminali e l'adesione a un modo di essere antisociale".

Ha inoltre avuto una "pesante interferenza sullo stesso funzionamento cognitivo, in un soggetto che appare come un debole mentale nella sua analisi di realtà e nel modo di esprimersi, ma che ai test risulta di normali competenze cognitive".

Nel 22enne infatti emerge "un disturbo di personalità talmente strutturato, pervasivo e grave da poter essere motivatamente ritenuto una infermità giuridicamente rilevante". Il giovane però non è pienamente consapevole del suo disagio e "l'essere senza fissa dimora e senza riferimenti familiari in Italia, la forte predisposizione a un uso massivo di sostanze, la compresenza tra aspetti borderline e aspetti antisociali" evidenziano "un'alta probabilità di recidiva clinico-comportamentale".

Per gli psichiatri quindi è necessario una presa in carico da "parte del servizio psichiatrico" insieme a un Sert per la tossicodipendenza e, in futuro, un inserimento in una comunità per persone "a doppia diagnosi".

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