Medico in pensione si laurea in arte: “Ora porto i malati a scoprire le bellezze del mondo”
"Mi sono laureato in medicina, specializzandomi in cardiologia, ormai più di 40 anni fa – racconta a Fanpage.it Paolo Gei -. Ma dopo la pensione, circa sei anni fa, ho deciso di riprendere in mano la mia passione per l'arte".
È così che il professor Gei torna tra i banchi e a 67 anni prende una seconda laurea, stavolta in lettere a indirizzo storico-artistico-archeologico.
"Nel frattempo – spiega il dottore – continuavo a visitare i pazienti nel mio studio privato ed è da uno di loro che mi è venuta l'idea. Un giorno mi sono sentito dire da un malato cardiopatico: ‘Dottore, se ci fosse lei come guida, mi sentirei più tranquillo ad andare nei musei".
Detto, fatto. "Circa un anno fa – racconta Gei – è nata la collaborazione con la Fondazione Brescia Musei e da allora porto gruppi di 10-12 persone con fragilità alla scoperta dei resti romani".
La medicina narrativa
Fanpage.it è stata al parco archeologico di Brescia per seguire una visita del professor Gei e il primo aspetto emerso è la capacità di coinvolgere e rassicurare i visitatori.
"Conoscevo il professor Gei come cardiologo – ci racconta Leida -, sono un'ipertesa e cogliere la bellezza dell'arte non solo con il racconto ma anche attraverso la vista, guidata da una voce per me amica mi rassicura e mi rasserena".
Anche Alberto ha incontrato Gei nel suo studio medico: "Sei anni fa mi hanno sottoposto a un bypass e da allora il dottor Gei mi è sempre stato accanto, oggi che il mio cuore sta meglio grazie a lui sto scoprendo la storia della mia città".
Roberta cammina con le stampelle e tra tutti sembra la più rapita dai ruderi antichi e dalle parole del professore: "Ho avuto un infortunio sul lavoro e non mi sono ancora ripresa – spiega a Fanpage.it -, ho scoperto di questa opportunità sui social e ho subito aderito".
"Il dottore ha un carisma esagerato – continua -, mi ha catturata. L'arte mi fa stare bene, mi aiuta a dimenticare almeno per un po' i fastidi e i dolori".
"Io la chiamo medicina narrativa – dice Gei – e vale sia per l'arte sia per la scienza: entrare in empatia con chi soffre o ha sofferto, emozionarlo attraverso il racconto della bellezza".
Arte, medicina e umanità
"Questa esperienza – commenta il professore – mi consente di convogliare le mie due vocazioni verso un unico obiettivo: far star bene gli altri".
"E se ci si pensa – continua – arte e medicina hanno molto in comune, perché ogni atto di cura e di divulgazione della bellezza è un atto di umanità verso il prossimo". La stessa umanità che si intravede spesso sotto un camice bianco o dietro una colonna dorica.