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Massimo Gentile accusato di essere il prestanome di Messina Denaro: la Procura chiede 12 anni di carcere

La Procura di Palermo ha chiesto una condanna a 12 anni di reclusione per Massimo Gentile: è a processo con l’accusa di essere stato uno dei prestanomi di Matteo Messina Denaro, l’ex boss di Castelvetrano.
A cura di Giorgia Venturini
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Si è tenuta oggi 10 gennaio l'udienza per Massimo Gentile, l'ex capo ufficio tecnico del Comune di Limbiate (Monza e Brianza) accusato di essere stato uno dei prestanomi di Matteo Messina Denaro. L'ex boss di Castelvetrano è stato latitante per 30 anni: è stato arrestato il 16 gennaio del 2023 ed è morto il 25 settembre dello stesso anno. Oggi 10 la Procura di Palermo ha chiesto una condanna a 12 anni di reclusione per Gentile. La difesa – rappresentata dall'avvocato Antonio Ingroia – parlerà lunedì 13 gennaio. Ma nel dettaglio di cosa è accusato Massimo Gentile?

Si trova in carcere a Voghera (Pavia) con l'accusa di 416bis, ovvero l'associazione di tipo mafiosa. Stando a quanto emerso dalle indagini successiva l'arresto di Messina Denaro, l'ex boss di Castelvetrano avrebbe comprato nel 2014 una Fiat 500 e una moto Bmw nel 2007 utilizzando la carta d'identità con i dati e la firma dell'ex funzionario di Limbiate ma con la foto di Messina Denaro.

Secondo l'avvocato dell'imputato, tutto sarebbe avvenuto senza che Gentile lo sapesse. O meglio, a impossessarsi di una copia dei documenti di Gentile potrebbe essere stato uno dei fedelissimi del boss. L'ex capo ufficio di Limbiate prima di venire a vivere in Brianza sarebbe stato un dipendente dell'azienda (che produce olio) di Andrea Bonafede classe 1969 (non quell'Andrea Bonafede, classe 1963, che ha prestato l'identità al boss durante le ultime visite alla clinica La Maddalena a Palermo e per cui è stato condannato a 14 anni. Si tratta di due cugini omonimi, accusati di essere fedelissimi di Messina Denaro). Anche per Andrea Bonafede classe '69 è in corso un procedimento penale per favoreggiamento che è arrivato al secondo grado di giudizio. Da qui i sospetti su di lui secondo la difesa di Gentile.

Durante un interrogatorio con i pm Andrea Bonafede ha negato tutto e si è difeso così: avrebbe avuto sì in mano i documenti di Gentile ma in un'epoca successiva ai fatti contestati dalla Procura, ovvero dopo la compravendita dell'auto e della moto: Gentile avrebbe lavorato per Bonafede nel 2017 mentre i fatti contestati sarebbero avvenuti negli anni precedenti, iniziati nel 2014. Tutto è ora ancora al vaglio in sede processuale. Dopo l'udienza del 13 gennaio potrà arrivare la sentenza di primo grado per Massimo Gentile.

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