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Elezioni politiche 2022

Mariastella Gelmini (Azione): “Bisogna dare uno stipendio in più, senza tasse, ai lavoratori”

A Fanpage.it Mariastella Gelmini ripropone l’ipotesi di dare una mensilità aggiuntiva e detassata ai lavoratori per far fronte all’aumento dei prezzi.
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Mariastella Gelmini, candidata di Azione.
Mariastella Gelmini, candidata di Azione.
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Un governo politico, qualunque possa essere il suo colore, "non sarebbe in grado di affrontare le scelte difficili che bisogna prendere" per aiutare l'Italia in questo momento. Ne è convinta Mariastella Gelimini, attuale Ministro per gli Affari Regionali, e candidata al Senato in Lombardia per Azione. L'ex fedelissima di Silvio Berlusconi ha infatti lasciato Forza Italia, quando questo ha sfiduciato Mario Draghi, perché è convinta che sia la persona "più attrezzata per guidare l'Italia in questa stagione molto complicata".

Da cosa nasce la necessità di costituire il Terzo Polo?

Il Terzo Polo nasce da due situazioni: la prima è lo sbilanciamento a destra della coalizione prima di centro-destra e ora di destra-centro. Questo ha messo in grande difficoltà chi, come la sottoscritta, ha sempre creduto nei valori dell'europeismo, dell'atlantismo e della ricetta liberale. E, dall'altro lato, il terzo polo è nato il 20 di luglio, quando alcuni partiti hanno scelto di sfiduciare Mario Draghi.

Quindi il Terzo Polo rappresenta il tentativo di dare, rispetto all'opzione solita destra o sinistra, un'opzione di centro e la volontà di continuare con il metodo inaugurato da Draghi durante questo governo di unità nazionale, i contenuti che hanno portato all'approvazione di tante riforme e al rispetto degli impegni sul Pnrr per dare continuità a un lavoro serio. Possibilmente ancora con Draghi, cioè con chi è più attrezzato per guidare l'Italia in questa stagione molto complicata.

La preoccupa lo spostamento verso destra di quello che un tempo era il centro-destra?

Non mi preoccupa per la presunta deriva fascista o autoritaria che evoca Letta, mi preoccupa per il posizionamento dell'Italia in Europa e per tutto ciò che ne consegue. Dal punto di vista economico credo che in gioco ci sia il portafoglio degli italiani, più che il ritorno del fascismo, perché non penso che chi va a braccetto con Orban e con Vox sia la figura più adeguata per rappresentare l'Italia in questo momento.

Inoltre penso che ci sia bisogno di riaffermare una casa per i moderati, i liberali, i riformisti e gli europeisti. Questa è la ragione che mi ha spinto a lasciare Forza Italia e ad aderire ad Azione con Carlo Calenda.

Quali ragioni hanno spinto Forza Italia ad allearsi con la destra meno moderata?

Me lo sono chiesto tante volte. Io francamente queste ragioni non le ho individuate e ho anche condotto, con altri colleghi, una battaglia interna al partito. Però quando ho capito che non c'era verso di far cambiare idea, ho preso atto che lo spazio per i valori nei quali ho sempre creduto, e che Forza Italia ha rappresentato in passato, non c'era più.

Vi proponete in antitesi ai due principali schieramenti, come fa anche il Movimento 5 Stelle. Cosa vi unisce e cosa vi differenzia dal partito di Conte?

Si differenzia tutto e ci divide tutto. Il Movimento 5 Stelle tutela il reddito di cittadinanza e Conte fa di questo un vanto, noi invece riteniamo semplicistico pensare che il nostro dovere nei confronti dei giovani sia quello di garantire un sussidio.

Noi pensiamo che la priorità per sostenere i giovani sia il lavoro. Siamo convinti che i salari siano troppo bassi e che, più che contrapporre i datori di lavoro ai lavoratori, sia necessario mettere le imprese nelle condizioni di assumere, possibilmente a tempo indeterminato, riducendo la contribuzione e il costo del lavoro.

Dall'altro lato bisogna aumentare gli stipendi, tramite la semplificazione dell'Irpef, l'abolizione dell'Irap non per le persone fisiche ma anche per quelle giuridiche, e la riduzione delle tasse sul risparmio.

Noi siamo quelli favorevoli alle infrastrutture e riteniamo che la politica del no (no al Tap, no alla Tav, no ai termovalorizzatori e ai rigassificatori) abbia condannato l'Italia al declino.  Azione è il sì alla ricetta liberale, il no alla patrimoniale, il sì alle grandi infrastrutture e per una profonda revisione del reddito di cittadinanza.

Quali soluzione proponete per affrontare la crisi energetica?

Quello che servirebbe, che sarebbe davvero risolutivo, è ottenere in Europa un tetto unico al prezzo del gas. È un obiettivo che è a portata di mano, perché anche i tedeschi, che sono sempre stati contrari, oggi cominciano a capire che anche le loro aziende vanno in grande difficoltà. Poi, accanto a questa misura, noi pensiamo che serva sganciare il prezzo dell'energia prodotta da fonte rinnovabile dal prezzo dell'energia prodotta dal gas.

Dobbiamo ovviamente installare il rigassificatore di Piombino, probabilmente ne serve un altro a Ravenna e poi, con il governo Draghi, abbiamo già approvato alcune misure per semplificare drasticamente l'auto-realizzazione degli impianti da energia rinnovabile.

Abbiamo già varato anche provvedimenti che vanno nella direzione di potenziare dal 35 ad almeno il 40/45 per cento la produzione di energia da fonti rinnovabili. Se la dipendenza dal gas russo dal 40 per cento è stata ridotta al venti, è stato possibile perché abbiamo fatto contratti con la Libia, con l'Angola, con l'Algeria e con tanti altri Paesi.

È preoccupata per il destino dei fondi del Pnrr?

Quando sento alcuni partiti esprimersi con grande disinvoltura sulla possibilità di rinegoziare il Pnrr qualche preoccupazione mi viene, perché si tratta di un contratto che è stato siglato in Europa e non può essere piegato agli interessi della campagna elettorale.

Qualcuno vorrebbe far credere all'Italia che attraverso il Pnrr, anziché finanziare investimenti, si potrebbero finanziare spese correnti. Non è così. È un investimento a medio periodo, dal quale la politica non può trarre vantaggi immediati dal punto di vista del consenso. E credo che sia giusto così.

Sarei quindi molto cauta nel dire di cambiare il Pnrr, perché oggi l'Italia in Europa ha l'immagine di un Paese che ha rispettato le scadenze, che ha approvato le riforme e giustamente ha ottenuto i primi 50 miliardi. Nel momento in cui dicessimo di averci ripensato e di avere ora altre priorità, il rischio è che quelle risorse vadano perdute.

In base alle attuali previsioni elettorali, dove immagina il futuro collocamento del Terzo Polo?

Noi siamo nati per consentire all'Italia di non perdere tempo. Sono convinta che un governo politico non sarebbe in grado di affrontare le scelte difficili che bisogna prendere.

Non è che Carlo Calenda e Matteo Renzi non abbiano mai governato o non abbiano una buona stima di se stessi. Semplicemente ritengono, come molti italiani, che oggi la persona più attrezzata per affrontare questa stagione difficile sia Draghi. Le condizioni che hanno portato Mattarella a chiedere a Draghi di svolgere quel compito non sono venute meno.

Cosa serve alla Lombardia per tornare locomotiva d'Italia?

Il tema del lavoro è assolutamente centrale. C'è un problema di recuperare personale per poter svolgere determinate attività, c'è un costo del lavoro eccessivamente alto, c'è anche una difficoltà nella formazione. L'Europa ci dà un miliardo e mezzo e queste risorse devono servire per dare alle imprese l'opportunità di assumere persone valide, ma anche per formare profili altamente specializzati dal punto di vista tecnico e quindi dare occupazione ai giovani.

Accanto a questo, c'è il tema del carovita. Milano è una grande città, ma è anche una delle città più care d'Italia e quindi il tema dell'inflazione esiste, è un tema molto forte ed è per questo che noi proponiamo una misura sostenibile ma importante: la detassazione di una mensilità aggiuntiva per i lavoratori.

Poi è evidente che, soprattutto per questa regione, il posizionamento dell'Italia nel mondo ha un valore aggiunto: di tutto ha bisogno la Lombardia tranne che dell'isolamento dell'Italia.

Chi schiererà il Terzo Polo alle elezioni regionali del 2023 in Lombardia?

I profili che andremo a valutare saranno improntati ad un profilo liberale, riformista e vicino a un posizionamento europeo come quello che Carlo Calenda e Matteo Renzi esprimono in queste elezioni politiche.

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