Marco Carta assolto in appello: “È felicissimo, un sollievo dopo mesi di gogna e insulti”
"Sono felicissimo, è un sollievo, grazie". Sono le prime parole di Marco Carta dopo l'assoluzione in appello dall'accusa di furto aggravato per il caso di alcune magliette rubate alla Rinascente di Milano, affidate al suo legale, Simone Ciro Giordano.
Contatta da Fanpage.it, l'avvocato difensore del cantante, per cui la Procura generale aveva chiesto una condanna a 8 mesi, spiega che la decisione dei giudici di secondo grado ha chiuso un processo che "ha causato danni gravi alla sua immagine di artista" per colpa di un clima ostile "che è sfociato sui social anche in atteggiamenti offensivi, in commenti omofobi e parole di odio che lo hanno turbato e destabilizzato".
La sentenza della corte d'appello "ci ha dato verità e giustizia, confermando quella di primo grado, che aveva analizzato in modo puntuale gli indizi che secondo l'accusa avrebbero provato la colpevolezza di Carta, smentendo le accuse e accogliendo la nostra ricostruzione", ricorda il legale. "La procura ha fatto appello pur in presenza di molte contraddizioni con la sua deposizione e con quanto mostrato dai filmati. Con nuova memoria abbiamo smontato punto per punto le nuove accuse. La corte appello ha recepito le nostre argomentazioni".
Carta era stato fermato il 31 maggio 2019 all'uscita della Rinascente in compagnia di un'amica, Fabiana Muscas (la cui posizione è stata stralciata). Gli addetti alla sicurezza del negozio avevano trovato nella borsa della donna alcune magliette prive dei dispositivi antitaccheggio e non pagate. Lui si è sempre detto innocente.
"Si dice che per l'imputato, soprattutto quando si dimostra innocente, il processo è già una condanna", prosegue l'avvocato Giordano. "Nel caso di Marco è stato così. È stato sottoposto a una gogna che è durata più di un anno. Per fortuna l'appello è stato fissato in tempo ragionevole e ha potuto vedere acclarata la propria innocenza senza dover attendere anni".
Dopo l'assoluzione, rimane l'amarezza per i mesi difficili. "Marco non si capacitava di dover fare un nuovo processo dopo l'assoluzione in primo grado. Hanno prolungato un'agonia, ma rispettiamo il lavoro della procura. Se c'è amarezza è per l'odio che gli è stato riversato addosso da una parte del mondo dell'informazione e soprattutto da tante persone online", conclude il legale, "ora mi auguro che questa vicenda si chiuda qui".