Mancata zona rossa ad Alzano: dalla Regione dati sottostimati agli esperti, i casi erano 200 in più
La questione della mancata istituzione della zona rossa ad Alzano Lombardo e Nembro, nella Bergamasca, continua a tenere banco e assume sempre più i contorni di un mistero. La pubblicazione di uno stralcio del verbale della riunione del Cts (il Comitato tecnico scientifico) del 3 marzo, in cui gli esperti che guidavano (e guidano) il governo nelle scelte sostenevano la necessità di "chiudere" i due comuni della Val Seriana come avvenuto per Codogno e altri 9 comuni del Lodigiano, aumenta i dubbi e alimenta le domande. Ad aggiungere ulteriori elementi di mistero sono due circostanze. La prima è che, quando nella riunione del 3 marzo la Regione espresse preoccupazione per l'impennata dei casi nella Val Seriana, fornì in realtà ai tecnici dei dati sottostimati. La seconda sono invece le due versioni diverse che il presidente del Consiglio Giuseppe Conte ha fornito a proposito del verbale del 3 marzo.
I dati sottostimati forniti dalla Regione Lombardia
"Abbiamo il tema dell'area di Alzano Lombardo e Nembro, abbiamo inviato i dati all'Istituto Superiore di Sanità, il dato oggettivo è che c'è un forte incremento dei casi e abbiamo chiesto a loro di fare una valutazione e di suggerire al Governo e a noi la migliore strategia, è un dato di fatto che negli ultimi giorni ci sia stata un'impennata", aveva detto l'assessore regionale al Welfare Giulio Gallera durante la conferenza stampa del 3 marzo in Regione Lombardia. Secondo il quotidiano "Il Messaggero", però, i dati comunicati dalla Regione via mail alle 18.25 al presidente dell'Istituto superiore di sanità Silvio Brusaferro e relativi ai comuni di Nembro, Alzano Lombardo, Albino e Villa di Serio parlavano di 372 positivi sottoposti a tampone, ma secondo il database dei contagi reso pubblico dall’associazione OnData lo scorso 26 aprile i positivi, in quel momento, erano oltre 200 in più: 579. La differenza sarebbe emersa solo nei giorni successivi a causa del ritardo nei controlli e nelle procedure: se il numero reale fosse stato subito comunicato, si sarebbe comunque aspettato fino al 7 marzo, giorno in cui tutta la Lombardia venne dichiarata zona "arancione"?
Le due versioni di Conte sul verbale del Cts del 3 marzo
Se questo interrogativo investe, nelle responsabilità, la Regione, c'è invece un altro mistero che riguarda l'esecutivo, parte in causa nella mancata decisione sulla quale indaga – l'ipotesi di reato è epidemia colposa – anche la procura di Bergamo, che dopo la pubblicazione del verbale del 3 marzo potrebbe tornare a fare domande ai protagonisti della mancata scelta. C'è infatti una "doppia versione" che il presidente del Consiglio Giuseppe Conte avrebbe fornito a proposito del verbale in questione, in cui nero su bianco gli esperti del Comitato scrivevano che serviva la zona rossa anche ad Alzano e Nembro. econdo quanto riportato dal libro "Come nasce un’epidemia – la strage di Bergamo, il focolaio più micidiale d’Europa", dei giornalisti del "Corriere della sera" Marco Imarisio, Simona Ravizza e Fiorenza Sarzanini, nell'audizione del 12 giugno a Roma davanti al sostituto procuratore di Bergamo Maria Cristina Rota, Conte avrebbe detto di non aver "mai visto" il documento del Cts. Dopo la pubblicazione del verbale, però, Conte avrebbe cambiato versione: "Del verbale del 3 marzo del comitato tecnico scientifico io ne sono venuto a conoscenza il 5", ha detto in conferenza stampa lo scorso venerdì, spiegando poi che dopo un'attenta analisi degli eventi fu lo stesso Cts tra il 6 e il 7 marzo a "convincersi" che servisse chiudere l’intera Lombardia.