Luca Marengoni investito da un tram in via Tito Livio: “Milano non è ancora una città per biciclette”
Una bicicletta rotta, schiacciata dalle rotaie del tram e abbandonata a bordo strada. È quella di Luca Marengoni, il 14enne travolto e ucciso dal tram 16 ieri mattina in via Tito Livio, a Milano, mentre pedalava diretto a scuola.
Gli inquirenti indagano sulla dinamica dell'incidente, e hanno aperto (come è prassi) un fascicolo per omicidio stradale colposo dei confronti del conducente 55enne. Se sia stato un errore umano o sia stata distrazione del ragazzo, è tutto da stabilire. Resta, però, un dato.
"Milano non è ancora una città per biciclette". Lo dice Simone Lunghi, Ambrogino d'Oro e Angelo dei Navigli. E prima di tutto ciclista e baluardo meneghino della mobilità sostenibile. Lo supportano i numeri forniti da Areu, l'Agenzia regionale di emergenza e urgenza: a Milano, dal 2018 alla fine del 2021, c’è stato un incremento del 25 per cento degli incidenti stradali in cui un ciclista è stato investito da un mezzo.
"Non so come siano andate le cose. Non so se si sia distratto lui, magari per l'ansia di non arrivare in orario a scuola, oppure se a sbagliare sia stato il conducente. O se sia stato qualche automobilista di passaggio che, con una infrazione, ha dato il via all'incidente. Però, nel mondo che vorrei, un ragazzo di quattordici anni non dovrebbe morire finendo con la sua bici sotto le ruote di un tram".
Per questo deporrà presto una ghost bike in memoria di Luca, in via Tito Livio. Proprio come quella dedicata al piccolo Mohanad, falciato quest'estate da un'auto mentre pedalava in attesa che il padre finisse di lavorare. Un'occasione per riflettere sul tema della sicurezza per i ciclisti tra le strade di Milano. "Per questo propongo al sindaco Beppe Sala, durante la giornata di lutto cittadino, di suggerire un'iniziativa simbolica a tutela di chi usa la bicicletta per spostarsi in città: nessuno posteggi in doppia fila".
Milano non è a portata di biciclette?
Non ancora. È una città dove le auto sono troppe, non ci siamo ancora adeguati al resto dell'Europa. Siamo tutti molto nevrotici, c'è arroganza da parte degli automobilisti, c'è traffico, le strade sono piene. Non riusciamo a capire, invece, che più bici ci sono, meno auto circolano. E migliora la qualità della vita, dell'aria. Di tutto.
Quindi?
Il fatto che andare in bici a Milano possa risultare pericoloso, e lo testimoniano gli ultimi casi di cronaca, non significa che non si debba usare la bici. "Ci sono troppe macchine", è la motivazione. Ma ci deve essere qualcosa che faccia saltare questo meccanismo, altrimenti è una profezia di autodistruzione.
E come si cambia?
Prendiamo l'esempio dell'Olanda. Oggi sappiamo bene com'è: canali d'acqua, verde urbano, cittadini in bicicletta, pedoni, suonatori di strada. Ma non è sempre stato così. Un tempo i canali erano coperti, con colate di asfalto ovunque, macchine, smog. E bambini che non sapevano dove giocare. Le cose sono cambiate grazie all'attivismo e all'impegno degli olandesi.
Potrebbe succedere anche in Italia?
Non so. Qui non vuole cambiare nessuno. Milano deve correre, Milano deve andare verso il progresso. Quando invece il progresso è ridurre le auto, è rendere le città a misura d'uomo. Pensiamo ad Amsterdam e, all'opposto, pensiamo a Il Cairo. Noi, purtroppo, stiamo andando a gran velocità verso quest'ultima direzione.
Cosa consigli ai ciclisti nel traffico di Milano?
Di stare tranquilli, non farsi mettere ansia dalle file di macchine alle spalle e dai clacson. E di stare sempre attenti, con gli occhi anche dietro la testa. Osservare sempre gli altri, imparare a prevedere le mosse di chiunque vi circondi. Questo si guadagna anche con l'abitudine al traffico: bisogna continuare a prendere la bici, insomma, senza farsi scoraggiare.
Una pista ciclabile in via Tito Livio avrebbe potuto evitare la tragedia, come lamentano adesso tanti cittadini?
A questo penseranno eventualmente gli inquirenti. Io penso solo a Luca e alla sua famiglia, e piango per loro. Del resto nelle città non sono strettamente necessarie le ciclabili, che non sempre sono sicure: iniziamo a mettere dei limiti di velocità, a regolare il traffico, a diminuire le auto, a migliorare i mezzi pubblici, a imparare ad andare in bicicletta.
Il provvedimento di Area B ha senso in quest'ottica?
Area B è sacrosanta, l'aria in Pianura Padana è la peggiore in Europa. Così come sono sacrosante le polemiche che scatena: finché i mezzi pubblici milanesi non saranno all'avanguardia (e non per gli standard italiani, ma per quelli europei) il problema verrà risolto a metà. E il provvedimento non può riguardare solo Milano. Deve necessariamente coordinarsi con tutti i dintorni.