L’operaio “fantasma” morto in un cantiere in Val Carvagna: 3 anni dopo in cinque a processo
Lentamente la fiammata dell’indignazione per i morti di lavoro si sta spegnendo. Era prevedibile, se ne riparla alla prossima vittima che ha la fortuna di morire in un modo che ingolosisca lo strepito e che torni utile alla drammaturgia della narrazione collettiva. I morti non si sono affievoliti, no, quelli continuano a morire e rimangono buchi per i famigliari e per i colleghi, si prolungano per qualche anno nei tribunali e poi nel migliore dei casi terminano la corsa con un assegno e tante scuse.
Bisogna avere fortuna perfino a morire, nel cassetto dei fantasmi ci sono storie che non trovano legittimazione, che raccontano di un mondo del lavoro in cui le persone sono solo le braccia e le gambe e i chili che sono in grado di trasportare, che si aggirano nei cantieri per spremere qualche euro ma sono figli di nessuno. Zyber Curri era un operaio edile kosovaro di 48 anni che abitava con la sua famiglia a Edolo e il 12 dicembre del 2018 posava tubature sul costone del cantiere di una centrale idroelettrica in Val Carvagna. Forse per il ghiaccio è scivolato per diversi metri in un dirupo e il suo cadavere è rimasto lì, tra i sassi, venti metri più sotto. Fin qui è la storia di un lutto di quelli quasi quotidiani che accadono dalle nostre parti, di un padre e un marito che la sera non tornerà a casa ma la vicenda assume contorni ancora più feroci.
Zyber Curri non lavorava per nessuno. Era assunto, sì, per un’azienda con sede a Gallarate. La Hera Srl, ma il committente di quel cantiere era la Energia e Ambiente Spa che aveva subappaltato a alcune aziende valtellinesi (tra cui a Costruzioni Andreoli e la Edilnova Srl). La società che coordinava la sicurezza era la Graneroli e Salvetti Engineering, di Sondrio. Della società di cui era dipendente Curri non c’è traccia da nessuna parte. E allora che ci faceva lì? "Nel cantiere tutto si svolge secondo le regole, Zyber Curri non lavorava per noi, era sconosciuto al cantiere", rispondono le ditte interessate. Ma Curri è morto lavorando, lavorando per chi?
Per sei mesi l’unico indagato nel fascicolo aperto dalla Procura di Como è stato l’amico della vittima, il primo a soccorrerlo inutilmente in quel buco. Poi durante le indagini si scopre che il titolare dell’Edilnova tutte le mattine dava disposizioni all’operaio sui lavori da fare e gli aveva concesso un’auto per andare in cantiere. Curioso rapporto per essere uno sconosciuto. Il dolore della moglie e dei suoi quattro figli e l’ostinazione di Fillea Cgil Lombardia e di quella di Como spingono gli investigatori a sbrogliare la matassa degli intrecci di appalti e di subappalti che hanno reso possibile lo sfruttamento di un fantasma in un ricco appalto di milioni di euro.
Cinque gli imputati per la morte dell'operaio
Sul banco degli imputati ci sono Giuseppe Argentieri (il datore di lavoro "formale" di Curri, amministratore unico della Hera srl), Maria Teresa e Livio Belottini amministratore unico e consulente dell’impresa subappaltatrice Edilnova srl, Carlo Graneroli, coordinatore dei lavori, e Gabriele Andreoli, amministratore unico della Costruzioni Andreoli di Milano, impresa affidataria delle opere. Quattro di loro hanno chiesto di poter essere processati con rito abbreviato. Tre anni dopo, comunque vada a finire, Zyber Curri ha finalmente ricominciato ad esistere, non è più uno sconosciuto in divisa da lavoro in un cantiere in cui non lo conosceva nessuno. È tornato a essere un lavoratore, da morto. E chissà se qualcuno avrà il coraggio anche in questo caso di metterci l’etichetta della “tragica fatalità” a una storia così.