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Omicidio Nuvolento, ultime news

L’omicidio di Nuvolento dimostra che la violenza è considerata una risoluzione del conflitto familiare

Raffaella Ragnoli ha ucciso il marito Romano Fagoni a colpi di coltello durante una lite, dimostrando come sempre più spesso la violenza assassina venga percepita come l’unico modo per risolvere i conflitti familiari.
A cura di Anna Vagli
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Quando si parla di violenza, il termine solitamente viene accostato al maschile piuttosto che al femminile. Per questo, nel momento in cui viene messa in pratica dalle donne è considerata tabù. I fatti di Brescia, dove una moglie ha ucciso il marito sotto gli occhi del figlio, accendono in questo senso un importante riflettore. Non sulla violenza di genere, ma su quella che potremmo definire violenza "in" genere. Con specifico riferimento a quanto si consuma, in maniera sempre crescente, all'interno delle mura domestiche. Dove le condotte aggressive troppo spesso esplodono sino a diventare assassine.

La vittima è Romano Fagoni, 59 anni, l’assassina è sua moglie, Raffaella Ragnoli. Una casalinga di tre anni più giovane. A chiamare i soccorsi, spaventato, è stato il figlio quindicenne della coppia. Secondo quanto emerso, Romano e Raffaella avrebbero avuto un’accesa discussione all’ora di cena. Culminata con l’accoltellamento da parte di quest’ultima nei confronti dell’uomo. Dunque, una storia diversa rispetto a quelle che solitamente siamo abituati a leggere. Ma che comunque evidenzia come, ormai, la violenza – e in casi come questo l'omicidio – venga considerata una modalità di risoluzione del conflitto. Anche nelle famiglie, i cui confini stanno diventando negli anni sempre più labili.

 L’omicidio in famiglia come risoluzione del conflitto

Quello che è accaduto nel bresciano denuncia un drammatico trend in ambito familiare. Un annientamento che è ormai diventato una vera e propria emergenza sociale.  E che sullo sfondo evidenzia i principali mali del nostro tempo come l’anaffettività. Ma soprattutto il congelamento dell’empatia. Situazioni che rendono sempre più difficile la gestione del conflitto all’interno della famiglia. Famiglia che, anziché contenitore di affetti, diventa un luogo in cui riversare l’aggressività.

Così, il mutamento delle dinamiche parentali rende il focolare un luogo profondamente insicuro, che si presta a diventare sede di violenza. E frana addosso ai figli. Perché nella famiglia tutto è, o almeno dovrebbe, essere legato insieme.

L’arma del delitto

L'arma scelta per commettere un omicidio cela importanti informazioni, anche sul movente. Quindi, in questo caso, il coltello è probabilmente stato scelto da Raffaella anzitutto perché facile da reperire. In ogni casa, infatti, c'è un apposito cassetto della cucina, solitamente il primo, dove sono riposti i coltelli. Utensili che, tolti dal loro funzionale contesto, possono trasformarsi in un'arma letale.

Tuttavia, oltre a essere di facile reperibilità, si tratta di oggetti capaci di qualificare la violenza. In altri termini, quando viene utilizzato un coltello in un contesto come quello verificatosi a Brescia, la furia omicida difficilmente esplode come fredda e calcolata. Ma, al contrario, si palesa come cieca e furibonda. Una circostanza che trova conferma nel dato per il quale chi accoltella molto spesso non si ferma al primo o al secondo fendente, che già di per sé basterebbe uccidere la vittima. Diversamente, invece,  continua a colpire.

Ciò non significa sempre che delitti di questo tipo non siano stati pianificati. Ma solo che l’assassino ha cercato il primo potenziale strumento a disposizione che fosse capace di diventare letale. Cosa che accade quasi sempre negli omicidi originati da liti improvvise e violente. Vale a dire in quei casi, come in quello del crimine consumato a Brescia, in cui si utilizza quella che in gergo tecnico viene chiamata arma impropria. In soldoni, il primo oggetto che capita a tiro. Dunque, è verosimile ipotizzare che l’escalation di violenza sia scaturita d’improvviso. Considerato, poi, che non risulterebbero denunce pregresse per maltrattamenti e liti.

Un dato ancor più drammatico. Non importa di chi è la responsabilità della violenza. Ciò di cui bisogna acquisire consapevolezza è che c'è chi pagherà questa colpa e continuerà a pagare da incolpevole. Il figlio della coppia che, acquisita contezza dell'omicidio del padre avvenuto per mano della madre, ha chiamato i soccorsi. Trovandosi così a perdere simultaneamente entrambi i genitori.

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Dottoressa Anna Vagli, giurista, criminologa forense, giornalista- pubblicista, esperta in psicologia investigativa, sopralluogo tecnico sulla scena del crimine e criminal profiling. Certificata come esperta in neuroscienze applicate presso l’Harvard University. Direttore scientifico master in criminologia in partnership con Studio Cataldi e Formazione Giuridica
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