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L’omicidio di Lidia Macchi, stuprata e uccisa in un bosco: dopo 38 anni ancora sconosciuto il killer

Dopo 38 anni l’omicida di Lidia Macchi, la ragazza uccisa il 5 gennaio del 1987 e trovata due giorni dopo in una zona boschiva vicino alla ferrovia di Cittiglio, in provincia di Varese, resta ancora sconosciuto.
A cura di Giorgia Venturini
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Sono passati 38 anni dall'omicidio di Lidia Macchi, la ragazza uccisa il 5 gennaio del 1987 e trovata due giorni dopo in una zona boschiva vicino alla ferrovia di Cittiglio, in località Sass Pinin, in provincia di Varese. La giovane era stata prima violentata e poi uccisa. Chi è il responsabile resta ancora un mistero: l'unico a finire sul banco degli imputati fu l'amico di Lidia Stefano Binda, assolto in via definitiva perché non è stato lui a commettere una simile atrocità.

La scomparsa di Lidia e il ritrovamento del corpo

Stando alla ricostruzione di quanto accaduto, il giorno dell'omicidio Lidia prese la macchina dei genitori, una Fiata Panda, per andare a far visita a un'amica all'ospedale di Cittiglio. Con l'amica restò circa mezz'ora, poi vero le 20.10 uscì e si mise di nuovo alla guida. Il resto è ancora un mistero. Si sa solo che a lanciare l'allarme erano stati i suoi genitori che non la videro rientrare a casa per cena. Forze dell'ordine, amici e parenti iniziarono le ricerche: trovarono il corpo il 7 gennaio in un bosco. Era vicino alla sua auto e il corpo era coperto da un cartone. Il medico legale parlò subito di una violenza sessuale e di omicidio.

I sospetti su Giuseppe Piccolomo

I sospetti – poi ritenuti infondati – non caddero solo sulla lettera con scritto una poesia che Stefano Binda inviò ai genitori, ma anche su Giuseppe Piccolomo, l'assassino dell'anziana Carla Molinari per il cui omicidio sta scontando una condanna all'ergastolo in carcere. Era il 5 novembre del 2009 quando colpì con 23 coltellate l'anziana, una pensionata di Cocquio Trevisago, nel Varesotto.

Piccolomo era stato anche condannato all'ergastolo in primo grado per l'omicidio della moglie Marisa Maldera, trovata morta carbonizzata all’interno della sua auto nel 2003. Ma la Corte d'Assise d'Appello di Milano ha annullato la sentenza perché già condannato per questo reato: gli avvocati infatti patteggiarono una pena a un anno e tre mesi nel 2006.

Gli inquirenti associarono Piccolomo a Lidia Macchi per diversi indizi: il primo è che le figlie di Piccolomo rivelarono che il padre più volte le aveva minacciate di far fare loro la fine di Lidia Macchi. Secondo, la casa dell'uomo distava solo poche centinaia di metri dal luogo dell'omicidio. Terzo, il corpo di Lidia era stato trovato coperto da un cartone di cui Piccolomo poteva essere facilmente in possesso, perché poteva essere simile a quello che conteneva i nuovi mobili delle camere delle figlie. E, quarto elemento, il suo identikit coincideva con quello fatto da alcune donne che avevano subìto un tentativo di molestia nel parcheggio dell'ospedale sempre di Cittiglio. Nessuna prova però fu sufficiente per ritenerlo colpevole.

Chi violentò e uccise Lidia Macchi non fu mai condannato.

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