Lombardia, scoperto traffico illegale di rifiuti ferrosi per quasi 2 milioni: scattano 5 arresti
Sono cinque gli arrestati e altri sette gli indagati dell'operazione dei carabinieri del Noe di Milano che ha svelato un traffico illecito di rifiuti in Lombardia dal valore di un milione e 900mila euro. Le manette sono scattate questa mattina quando i militari del Gruppo per la Tutela Ambientale e la Transizione Ecologica di Milano e dei vari comandi provinciali della regione hanno dato esecuzione a più misure cautelare emesse dalla Direzione distrettuale antimafia della Procura del capoluogo lombardo. L'accusa, a vario titolo, è di attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti e gestione di rifiuti non autorizzata.
Nel dettaglio, l'indagine dei carabinieri ha consentito di individuare una struttura criminale operante attraverso una società a conduzione familiare che gestiva un impianto di rifiuti in provincia di Lecco e commerciava 2.700 tonnellate di rifiuti metallici: la sede era lo snodo del traffico illegale e il commercio di ingenti quantitativi di rifiuti ferrosi contando anche sulla collaborazione di vari trasportatori e 82 fornitori, sotti ora sottoposti ad accertamento. La merce arrivava nella sede lecchese priva del formulario d'identificazione rifiuti e senza l'obbligatoria iscrizione dei mezzi di trasporto all'albo gestori ambientali: venivano infatti predisposti falso formulari d'identificazione dei rifiuti al solo fine di bilanciare le entrate illecite dei rottami ferrosi con le uscite verso impianti autorizzati. Così oltre alle misure cautelari, è scattato anche il sequestro di cinque automezzi utilizzati proprio per il trasporto dei metalli.
Ora i cinque arrestati dovranno chiarire davanti al giudice la loro posizione spiegando anche i vari tentativi per inquinare le indagini dei carabinieri dal momento che erano consapevoli delle condotte illecite tenute nelle modalità di gestione dell'impianto, come dimostrano alcune intercettazioni con le quali gli indagati comunicavano tra loro la presenza dei militari nell'impianto o nelle immediate vicinanze per sfuggire così a eventuali controlli.
Sotto sequestro anche un'azienda di Brescia impegnata nel trattamento dei fanghi
La ditta di Lecco non è l'unica ed essere finita sotto sequestro questa mattina: in provincia di Brescia i carabinieri hanno scoperto un'azienda che ritirava i fanghi prodotti da numerosi impianti pubblici e privati di depurazione delle acque derivate da zone industriali da trattare poi mediante procedimento che ne garantisse l'igienizzazione e la trasformazione in sostanze fertilizzanti. Un procedimento che non seguiva però gli obblighi di legge: per massimizzare i propri profitti la ditta infatti ometteva di sottoporre i fanghi contaminati al trattamento previsto aggiungendoci anzi altri inquinanti come l'acido solforico derivante dal recupero di batterie esauste. Ma c'è di più: per disfarsi di tali rifiuti e poter continuare il proprio ciclo produttivo fraudolento, gli indagati li classificavano come "gessi di defecazione" e li smaltivano su terreni destinati a coltivazioni agricole situati nelle provincie di Brescia, Mantova, Cremona, Milano, Pavia, Lodi, Como, Varese, Verona, Novara, Vercelli e Piacenza, retribuendo a questo scopo sei compiacenti aziende di lavorazioni rurali, cinque bresciane ed una cremonese. Il business criminale aveva fruttato oltre 12 milioni di euro di profitti illeciti
Il tutto avveniva in tre stabilimenti nei comuni di Calcinato, Calvisano e Quinzano d’Oglio, per un totale di 15 indagati: dal traffico illegale le tre società hanno ricavato un profitto di 12 milioni di euro per un totale di 150mila tonnellate di fanghi contaminati da metalli pesanti, idrocarburi e altre sostanze inquinanti. Ora per recuperare i soldi i militari del Gruppo Carabinieri Forestale di Brescia stanno procedendo in queste ore a sequestrare decine fra conti correnti ed altri rapporti bancari riferiti alle 15 persone indagate – tra le quali figurano due soggetti recidivi, già condannati dal Tribunale di Milano per analogo reato – nonché ad apporre i sigilli su fabbricati, terreni, autovetture e mezzi agricoli di loro proprietà, come disposto dal giudice per le indagini preliminari. I responsabili dovranno anche rispondere del reato di molestie olfattive, di discarica abusiva e di traffico di influenze illecite.