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Lombardia, il telemonitoraggio dei pazienti Covid mai decollato: così si sono intasati gli ospedali

Smartphone, saturimetro, termometro: questi alcuni degli ingredienti necessari per il telemonitoraggio. Attraverso una telefonata vengono acquisiti specifici parametri del paziente Covid positivo che vengono inseriti su una piattaforma che può essere seguita e aggiornata anche dal medico di base di riferimento. Il telemonitoraggio potrebbe alleviare la pressione su pronto soccorso e ospedali, eppure in gran parte della Lombardia non ha funzionato perché Regione e medici di medicina generale faticano a trovare un accordo. Ma ci sono anche delle eccezioni virtuose.
A cura di Valeria Deste
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Era il 23 marzo scorso quando Regione Lombardia, con la delibera n° XI/2986, annunciava il via al “Servizio di telemonitoraggio Pazienti Covid-19”. Si tratta del servizio di controllo a distanza previsto da Regione Lombardia, affidato ad Aria (società in-house che fa capo a Regione Lombardia), gestito attraverso un’apposita piattaforma e una centrale operativa di supporto.

Come funziona il telemonitoraggio

Destinatari del servizio sono i pazienti Covid dimessi dall’ospedale, i pazienti Covid in quarantena, i pazienti sospetti Covid in isolamento domiciliare e i pazienti ad alto rischio di vita in caso di infezione da Covid. Sostanzialmente, grazie al lavoro svolto da operatori formati che operano per conto di Aria, è possibile evitare ressa nei Pronto Soccorso o occupare posti nei reparti e monitorare a distanza i malati. Sempre nella delibera in questione viene spiegato che a questi soggetti viene fornito, o da una Usca o direttamente dall’ospedale in fase di dimissione, uno smartphone a cui sono collegati una serie di dispositivi scelti dal medico: dal semplice termometro, al saturimetro, al misuratore della pressione fino all’apparecchio per effettuare l’Ecg (elettrocardiogramma). Il paziente viene istruito all'uso degli strumenti, istruzioni molto semplici anche perché il sistema ricorda automaticamente le attività da svolgere in successione. Attraverso una telefonata, mediamente una volta al giorno, effettuata dalla centrale di Aria o dal medico di famiglia, vengono acquisiti specifici parametri del paziente, come la temperatura, la saturazione dell’ossigeno, la frequenza respiratoria e la pressione arteriosa. Questi dati poi vengono inseriti su una piattaforma che può essere seguita e aggiornata anche dal medico di base di riferimento. Infatti, questo servizio ha l’obiettivo di consentire ai medici di medicina generale ed ai medici delle strutture sanitarie di ridurre il numero di contatti con i pazienti ad alto rischio, riducendo allo stesso tempo la possibilità da parte dei pazienti di entrare in contatto, proprio presso le strutture di assistenza, con il virus e quindi con forme di contagio. Non solo, perché questo servizio è stato pensato anche per coloro che non sono ancora stati testati ma che presentano sintomatologia influenzale riconducibile al Covid. Insomma, un lavoro di sinergia tra medici di medicina generale, Ats, strutture ospedaliere e istituzioni. 

Problemi di sinergia

Qualcosa in questa procedura, però, non ha funzionato perché nella gran parte delle città lombarde questo servizio non è ancora pienamente a regime. A Milano, epicentro della nuova ondata pandemica in Lombardia, il telemonitoraggio coordinato con l’Ats di zona è partito solo da un paio di settimane. Perché si è aspettato che la situazione sanitaria esplodesse prima di concretizzare quanto già era stato predisposto a marzo scorso? Regione Lombardia, interpellata da Fanpage.it, spiega che “c’è stata una scarsa adesione al progetto da parte dei Medici di Medicina Generale. I più efficienti e operosi sono stati i medici in cooperativa che si occupano di medicina di gruppo (come è successo a Monza con la cooperativa Consulto formativo Brianza, ndr). Molti di loro, in questi mesi, hanno attivato la propria piattaforma di telemonitoraggio”.

Proprio nei giorni scorsi, Regione Lombardia ha deciso di attivare un monitoraggio completamente diretto da Aria e rivolto alla città metropolitana di Milano che, nel giro di una decina di giorni di attività, ha già preso in carico 5mila pazienti. I medici di medicina generale, però, non ci stanno e rimandano al mittente le accuse di scarsa collaborazione a tale progetto. “Noi stiamo lavorando, come altri colleghi ospedalieri, almeno 12 ore al giorno – spiega Paola Pedrini, segretario regionale della Federazione italiana medici di famiglia (Fimmg) -: dobbiamo gestire non solo pazienti Covid, ma anche pazienti cronici che, in questi mesi, si sono visti le attività medico sanitarie a loro dedicate ridotte e, in alcuni periodi, sospese. Non è una gara a chi è più stanco. Noi, in quanto medici, dobbiamo fare il nostro lavoro e fare la nostra parte in questo periodo di emergenza sanitaria. Non si può, però, certo dire che manca da parte della nostra categoria la collaborazione”. A tal proposito, la dottoressa Pedrini ricorda che la categoria dei medici di famiglia sta ancora attendendo le risorse aggiuntive promesse dal Pirellone in una delibera datata 5 agosto 2020: "Si tratta di circa 3 milioni di euro che Regione Lombardia ha annunciato di assegnare alle varie Ats territoriali e che a loro volta avrebbero distribuito ai vari ambulatori di medicina generale disposti a assumere personale infermieristico e amministrativo a supporto dell’assistenza sanitaria domiciliare e territoriale. Questi soldi sono ancora nelle casse regionali perché si sta ancora decidendo come distribuirli". Nella giornata di domani è prevista una nuova delibera regionale che dovrebbe prevedere nuovi incentivi per i medici di medicina generale così da incrementare il lavoro di telemonitoraggio.

L’esempio virtuoso di Bergamo

Mentre il braccio di ferro tra medici di famiglia e Pirellone prosegue, Bergamo è dalla primavera scorsa che si spende per promuovere il telemonitoraggio. A maggio scorso, infatti, la telesorveglianza ha preso il via dall’ospedale di Treviglio grazie anche all’importante collaborazione dei medici di famiglia, tanto che è stata avviata da 188 di essi (circa il 30 per cento dei medici di famiglia titolari) tramite le apposite piattaforme. In 40 hanno aderito alla piattaforma regionale, mentre 148 utilizzano piattaforme di Cooperativa. A oggi, dopo la nuova recrudescenza pandemica, sono già stati dimessi dieci pazienti dotati del kit per il telemonitoraggio. "La lezione della prima ondata, in cui il paziente Covid tornava al domicilio con difficoltà nella gestione del proprio stato di salute, ha fatto tendere fortemente verso l'attivazione", spiega una nota dell'Ospedale di Treviglio. Oltre all’ambulatorio di follow up per pazienti affetti da Covid già attivato nel mese corso, "l’azienda intende così ampliare il proprio ventaglio di servizi per questi pazienti".

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