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"La Lombardia purtroppo si prepara a diventare zona rossa. Ce lo dicono i dati, pur contenuti dalle scelte prese la settimana scorsa che sono servite a rallentare il virus". Di quali dati è in possesso il presidente della Lombardia Attilio Fontana? Da venerdì 5, giorno di introduzione della zona arancione rafforzato, a oggi, venerdì 12 marzo, i numeri raccontano che ci sono stati 38.183 contagi, 1.174 nuovi ricoveri e 135 ricoveri in terapia intensiva. Bisognerebbe chiederlo, al governatore, dove ha visto i dati "contenuti dalle scelte prese la settimana scorsa che sono servite a rallentare il virus".
Ad un anno di distanza dallo scoppio della pandemia ci ritroviamo ad assistere ad annunci di miracoli mai realmente compiuti. E, anzi, vengono proclamate pseudo vittorie che sono sconfitte nemmeno troppo mascherate in nome di una responsabilità che evidentemente ancora non c'è. L'introduzione della zona arancione rafforzato non solo non ha portato nel breve termine i benefici che Fontana decanta, ma ha anche rimandato di una settimana la decisione di istituire una zona rossa in Lombardia. Cosa che accadrà a partire da lunedì 15 marzo, ma anche in questa occasione non per il suo senso di responsabilità, bensì per una decisione obbligata da parte dell'Istituto Superiore di Sanità dopo il monitoraggio settimanale. Indice Rt, capacità di rischio e contagi per abitanti, non lasciavano scampo alla regione, ancora martoriata da un virus costantemente fuori controllo che viene rallentato, come dice il governatore, da una minor processazione di tamponi durante il weekend, e dunque solo fittiziamente.
La responsabilità, invece, Fontana avrebbe potuto prendersela a inizio settimana, quando il balzo di tutti i dati (contagi, ricoveri e terapie intensive) appariva già chiaro nei bollettini diramati quotidianamente. Così come ha deciso di istituire la zona arancione scuro, poteva optare per un irrigidimento ancora maggiore decidendo per la zona rossa. La vita dei cittadini sarebbe stata stravolta molto meno rispetto alla decisione precedente, considerato che le scuole erano già chiuse e i bar e i ristoranti anche. Avrebbero chiuso subito anche i negozi, mentre chi non aveva motivi di lavoro o di salute sarebbe già rimasto chiuso in casa. Invece, i cittadini hanno dovuto aspettare un'altra settimana. Altri 38.183 contagi, 1.174 ricoveri, 135 terapie intensive. Un anno dopo lo scoppio della pandemia, i lombardi meriterebbero maggiore onestà intellettuale.
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