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L’intervista all’assessore al Welfare Bertolè: “Milano è pronta ad accogliere i profughi ucraini”

La guerra in Ucraina ha stravolto l’agenda dell’assessore al Welfare di Milano, Lamberto Bertolè. “La città è pronta a fare la sua parte nell’accoglienza dei profughi”, dice in un’intervista a Fanpage.it nella quale affronta anche il tema della sicurezza e della violenza giovanile.
A cura di Ilaria Quattrone
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"Milano è pronta a fare la sua parte nell'accoglienza dei profughi": a dirlo ai microfoni di Fanpage.it è l'assessore al Welfare e Salute del Comune di Milano, Lamberto Bertolè. Il Comune, insieme alla Prefettura, ha infatti creato un piano ad hoc per gestire l'emergenza profughi scatenata dal conflitto che, da oltre dieci giorni, sta interessando l'Ucraina. La guerra ha infatti sconvolto tutte le agende politiche e tutte le città italiane stanno cercando di dare il proprio contributo nell'accoglienza. Prima ancora del conflitto, Milano stava facendo i conti con un altro tema caldo: la sicurezza. I dati, rilasciati alcuni giorni fa dalla Prefettura, mostrano come i reati a Milano siano diminuiti. Nonostante questo, l'attenzione resta alta soprattutto sui giovani: "Dobbiamo capire come restituire occasioni di socialità, opportunità e di occasione a questi ragazzi".

Partiamo dalla guerra in Ucraina, che ha naturalmente sconvolto tutte le agende. Anche il Comune di Milano è pronto a fare la sua parte per l’accoglienza dei profughi. In cosa consiste il piano?

Il Comune farà la sua parte. È responsabilità di tutti noi fare un passo in avanti quando ci sono momenti di crisi come questo. Non solo ci sono anche dei motivi più specifici legati alla nostra città: a Milano risiedono circa ottomila persone di origine ucraina. Nella città metropolitana sono oltre ventimila. È molto importante dare un sostegno anche alle persone che vivono e lavorano a Milano da tanto tempo e che si stanno impegnando per dare protezione ai loro famigliari facendoli arrivare in città. Quello che stiamo cercando di fare è articolato ed è sopratutto in divenire perché c’è un’evoluzione rapida degli eventi e dobbiamo essere capaci di affrontare le cose.

La prima cosa è che abbiamo creato insieme al Consolato, con la regia della Prefettura, un indirizzo e-mail a cui scrivere per segnalare il proprio arrivo a Milano e la propria situazione, in modo da tale da avere un tracciamento delle persone e sapere chi c’è e attivarci con le risposte. Poi c’è l’esigenza alloggiativa: alcune persone si stanno organizzando, perché hanno delle reti sul territorio, noi stiamo cercando di promuovere il modello dell’accoglienza diffusa. Molti milanesi si stanno offrendo molto generosamente o dando una stanza o interi appartamenti. Abbiamo sostenuto l’idea di Refuges Welcome, di Caritas (che si sta attivando autonomamente) e di Emergency (che si sta attivando con i suoi volontari), di far emergere questa disponibilità di luoghi di accoglienza. In questo modo incrociamo la domanda e il bisogno sociale che affronteremo nei prossimi giorni.

Abbiamo anche dei luoghi specifici d’accoglienza del comune di Milano come Casa Jannacci e altri centri che ovviamente sono dei luoghi che utilizziamo in emergenza e soprattutto quando le famiglie arrivano e non c’è soluzione alternativa. Dopodiché li indirizziamo in luoghi d’accoglienza diffusi e attenti ai bisogni individuali di ciascuna persona. È un lavoro in divenire in cui ci stiamo attivando.

Abbiamo anche il tema del reinserimento scolastico dei bambini che arriveranno. Con l’Ufficio scolastico territoriale ci siamo attivati attraverso un indirizzo email a cui segnalare le situazioni e vedere che risposte dare. Ci sarà anche un tema di sostegno alimentare e di beni. Ci attiviamo anche in questo senso. Sono quindi tante iniziative diverse che hanno l’obiettivo di dare risposta a un fenomeno che andrà monitorato con grande attenzione. Non sappiamo ancora quali saranno i flussi e l’impatto, ma saremo sicuramente pronti ad affrontarlo.

La città di Milano ha affrontato altre emergenze umanitarie, pensiamo ai profughi afgani e prima ancora quelli siriani. In quest’ultimo caso, abbiamo assistito a scene spiacevoli, di questi profughi ammassati in Stazione Centrale. Si riuscirà a evitare queste immagini?

Sono situazioni molto diverse. In comune c’è la grande generosità e disponibilità dei milanesi perché anche allora sono transitate decine, oltre centomila persone e la risposta è stata da parte del Comune e del volontariato molto importante. Sono situazioni diverse perché allora le persone che scappavano dalla Siria spesso non avevano il progetto di fermarsi a Milano, vi transitavano per poi raggiungere le loro famiglie nel Nord dell’Europa. Per questo erano spesso in stazione, oggi la situazione è diversa: le persone che arrivano e che arriveranno a Milano vengono qua per raggiungere chi vive in città.

Io credo che abbiamo imparato in questi anni a fronteggiare: sempre di più questi fenomeni costruendo un sistema di risposta più strutturato. Quando è arrivata la crisi in Siria era una novità per la città affrontare una cosa di questo genere. Con l’Afghanistan abbiamo creato un sistema efficace di intervento che si è rodato e adesso abbiamo una struttura molto più solida e forte. Sono sicuro che riusciremo a dare una risposta di qualità.

Prima della guerra, uno dei temi caldi per la città di Milano era la sicurezza. Alcuni giorni fa la Prefettura ha rilasciato dei dati che mostrano come i reati siano in calo del 30 per cento mentre aumentano violenze sessuali e rapine. Da un lato sembrerebbe non esserci, un’emergenza sicurezza. Sembrerebbe quindi esserci solo una percezione di insicurezza. Come si sconfigge una percezione?

Io credo che la sicurezza è ormai diventato uno dei temi più forti dello scontro politico e della propaganda. A volte il consenso politico viene inseguito proprio sul tema della sicurezza. È quindi molto importante attenerci ai dati. I dati che la Prefettura ha mostrato sono positivi perché ci dicono che in dieci anni sono stati fatti dei passi molto importanti. Allo stesso tempo ci sono dei segnali, che vanno presi in considerazione. Non va trascurata la percezione dei cittadini, ma non va alimentata con polemiche e propaganda. Questo non è mai utile. Anche perché le competenze sulla sicurezza non sono delle amministrazioni comunali, sono ovviamente delle forze dell’ordine.

Io credo che come amministrazione sia importante un’attività che promuova iniziative di prevenzione e di contrasto all’illegalità. Credo che forse una cosa su cui c’è grande attenzione è quello dell’aumento dell’aggressività da parte dei più giovani. Questo è un tema che anche il Prefetto ha sottolineato. Mi sembra importante parlarne. Questo fenomeno va campito e compreso. Se noi pensiamo di contenerlo solo con misure di sicurezza, rischiamo di costruire un contenitore rispetto a un contenuto che esonderà spesso rispetto ai bordi: questa aggressività ha delle ragioni nasce da rabbia, risentimento da questi anni complicati difficili che hanno alimentato delle fatiche e un disagio precedente.

Noi dobbiamo dare senz’altro una risposta di presidio del territorio e di controllo e in alcune zone della città. Tutto questo però non basta, non è sufficiente. Dobbiamo lavorare anche sulle cause e sulle ragioni. Stiamo mettendo in atto una serie di iniziative proprio per sostenere i percorsi dei ragazzi e delle ragazze che rischiano di trasformare in forme di disagio a volte violento. I ragazzi stanno male non solo quando rompono e spaccano, ma anche quando si ritirano, quando non escono di casa, quando si fanno del male, quando sono presi dall’ansia o altre forme di disagio. Occuparci dei ragazzi con iniziative di prevenzione, di supporto psicologico, di aggregazione, luoghi di incontro, con gli adulti e con i pari, è importante e sono iniziative su cui vogliamo lavorare. A me ha colpito una cosa, delle vicende di queste settimane, in tantissime città questi episodi di violenza, sono avvenuti nei salotti buoni, nei posti belli della città: io leggo quasi una forma di risarcimento da parte di ragazzi che hanno subito o che credono di aver subito una ingiustizia e che vedono anche nelle differenze e nelle disparità sociali in cui sono costretti. Cercano quindi di autorisarcirsi. Ovviamente è una risposta sbagliata a un bisogno che verrà preso in considerazione: dobbiamo capire come restituire occasioni di socialità, opportunità e di occasione a questi ragazzi.

Proprio per soffermarci su questo punto, molti di questi ragazzi fanno proprio parte di categorie spesso tenute ai margini (senza fissa dimora, con precedenti, di origine straniera). Quali sono i piani dell’assessorato per evitare queste distinzioni, per favorire un re-inserimento in caso di persone con precedenti e anche per aiutare quei ragazzi che con la pandemia hanno registrato disturbi alimentari o autolesionismo.

Noi, abbiamo sottovalutato quello che è successo ai ragazzi in questi anni. Lo abbiamo fatto perché avevamo come priorità la tutela della salute, delle persone più fragili e anziane. Abbiamo un po’ sottovalutato quello che stava accadendo in termini proprio di fatica, di disagio, di privazione di occasioni di relazione tra i ragazzi. I rapporti delle neuropsichiatrie, di chi si occupa di salute mentale, ci dice proprio che in questi due anni, abbiamo rotto un argine: il numero di ragazzi e ragazze con difficoltà anche serie è aumentato in modo molto forte. Servono quindi misure di prevenzione, di intervento per la salute mentale di ragazzi e ragazze. Questa però, trattandosi di salute, è una competenza regionale. Noi vogliamo però mettere a disposizione delle famiglie, degli educatori e dei ragazzi occasioni per incontrare i loro bisogni e provare ad orientarli e indirizzarli verso i luoghi più appropriati dove avere le risposte: ognuno deve fare la sua parte.

Noi faremo questo sforzo di lavoro con le scuole e con le famiglie per far emergere i bisogni e trovare le soluzioni. Servono anche investimenti dalle autorità sanitarie sulle risorse e le risposte a questi bisogni. Aggiungo anche che dobbiamo superare un po’ uno stigma. A volte la salute mentale è un tema di cui si parla molto poco perché c’è uno stigma rispetto a questa componente. Invece fare emergere il fatto che è possibile per tutti affrontare un momento di crisi, che bisogna parlarne e chiedere aiuto è molto importante. L’altra cosa è investire molto sulla socialità: in alcuni quartieri e luoghi della città dobbiamo creare luoghi di incontro, di relazione e di prossimità e su questo ci stiamo attivando concretamente. Vogliamo insieme ad alcuni partner strategici per noi del terzo settore costruire una rinnovata offerta di presidio sociale e di relazione per ragazzi e ragazze che crescono. L’altro tema è il lavoro con le scuole perché bisogna lavorare per evitare dispersione scolastica e intercettare i problemi e le difficoltà, i bisogni prima che diventino cronici perché poi è più difficile risalire la china.

Torniamo sul tema violenza sessuale. Sono previsti o prevedete, delle azioni che possano favorire un’educazione al rispetto già tra i più piccoli?

È una domanda importante. L’altro dato che ci deve preoccupare e spingere a fare di più è proprio quello sulle violenze sessuali. Dobbiamo fare diverse cose: innanzitutto sostenere le vittime. Milano ha una straordinaria rete di centri anti-violenza che ha fatto molto. Soprattutto dal punto di vista dell’emersione del fenomeno per spingere le donne vittime di violenza a denunciare e chiedere aiuto perché c’è troppo sommerso ancora da questo punto di vista. Spesso si interviene troppo tardi e allora fare emergere questo rischio è molto importante per poi dare risposte adeguate che sono di presa in carico e di accompagnamento.

Poi c’è un altro pezzo di lavoro quello sulla prevenzione, sull’educazione, su una cultura del rispetto. Dobbiamo intervenire presto per superare le banalizzazioni e anche i colpi di coda di una società patriarcale che vede ancora il corpo delle donne come un oggetto di dominio. È un lavoro culturale molto profondo, dobbiamo iniziare presto per costruire una società in cui il rispetto dell'altro e della libera scelta sia fondamentale. È un lavoro complesso dove serve un’alleanza tra tutti gli attori presenti in città.

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