Limbiate, sequestrato impianto di stoccaggio: 600 tonnellate di rifiuti pericolosi
Centinaia di tonnellate di rifiuti, tra cui carta da macero e rottami ferrosi, un autocarro, due rimorchi e altri quattro mezzi utilizzati per lo stoccaggio dei rifiuti. È quello che i carabinieri del Nucleo operativo ecologico (Noe) di Milano e della Compagnia di Desio hanno trovato all'interno di un impianto di trattamento rifiuti a Limbiate, in provincia di Monza, ora sotto sequestro. Secondo quanto riferiscono i carabinieri, la titolare, una donna di 58 anni, è stata denunciata con l'accusa di attività di gestione dei rifiuti non autorizzata e violazione delle autorizzazioni in materia ambientale. Dalle indagini dei militari è emerso che l'azienda, seppur autorizzata al trattamento dei rifiuti, aveva violato le concessioni ambientali: come riferito dai militari all'interno dell'impianto erano contenuti circa 600 tonnellate di rifiuti costituiti principalmente da imballaggi misti. Stando a quanto precisato a Fanpage.it dal Tenente Colonnello Camillo Di Bernardo, comandante Nucleo Operativo Ecologico dei carabinieri di Milano, "la quantità di rifiuti ritrovati nell'azienda erano risultati in eccesso rispetto alla capacità standard di stoccaggio per le dimensioni dell'impianto. Molti dei rifiuti, inoltre, sono risultati materiali pericolosi. Il nostro obiettivo numero uno è quello di impedire che incidenti, come incendi, potessero emettere nell'aria sostanze tossiche". Ora tutto sequestrato, insieme anche ai mezzi utilizzati per lo stoccaggio, per una cifra complessiva di due milioni di euro. Spetta ora alla proprietaria rimuovere e smaltire i rifiuti in eccesso e inviarli a dei veri impianti autorizzati.
All'azienda è stata contestata anche la mancanza di una certificazione antincendio
Ma non solo violazioni ambientali a carico dell'azienda, i carabinieri hanno anche provveduto a contestare violazioni penali e amministrazioni in merito alla normativa antincendio e sulla mancata protezione dai rischi derivanti dalle radiazioni ionizzanti. La proprietaria, infatti, non aveva fatto richiesta della certificazione antincendio così come non aveva sottoposto il materiale ferroso ai controlli radiometrici. Le indagini, coordinate dal sostituto procuratore di Milano Francesco De Tommasi, non si sono ancora concluse.