Come sta la famiglia brianzola sequestrata in Mali nel maggio 2022 e liberata dopo quasi due anni
È stata liberata nella notte tra lunedì e martedì 27 febbraio la famiglia della Brianza rapita in Mali il 19 maggio 2022 dalla loro abitazione nella periferia della città di Koutiala dove vivevano da diversi anni. A darne notizia è Palazzo Chigi attraverso un comunicato in cui spiega che il rilascio dei tre cittadini è stato possibile grazie alla "intensa attività" avviata dall'Agenzia informazioni e sicurezza esterna e del ministero degli Affari esteri: "Nonostante la lunga prigionia", si legge nella nota, "godono di buone condizioni di salute".
Il rapimento a Koutiala
Rocco Langone, sua moglie Maria Donata Caivano e il figlio Giovanni Langone erano stati sequestrati il 19 maggio 2022. Il rapimento era stato organizzato da alcuni membri di una fazione jihadista riconducibile al Gruppo di supporto per l'Islam e i musulmani (JNIM) e allineata con al Qaeda. Quattro uomini armati avevano fatto irruzione nella casa dei Langone nella periferia di Koutiala, a sud-est della capitale Bamako, e li aveva portati via con un pickup. Con loro c'era anche un amico originario del Togo, ma al momento non si sa se sia stato liberato anche lui.
Giovanni Langone aveva lasciato Lissone nel 2013 per andare a vivere in Africa. Suo padre Rocco e sua madre Maria Donata lo hanno raggiunto nel 2019, ormai in pensione. I due coniugi facevano parte di una comunità di Testimoni di Geova e una volta trasferiti in Mali si facevano chiamare "Coulibaly".
Come sta la famiglia Langone
Il rapimento è durato quasi due anni. Delle condizioni di detenzione ne potranno parlare loro stessi, in quanto sono attesi a Roma per la giornata del 27 febbraio. Nella sua nota Palazzo Chigi ha voluto comunque rassicurare circa le loro condizioni: "I componenti della famiglia Langone godono di buone condizioni di salute".
Il rilascio della famiglia è avvenuto dopo mesi di indagini e di contatti con quelle che Palazzo Chigi definisce "personalità tribali e con i servizi di intelligence locali". All'operazione hanno lavorato sia gli agenti dell'Aise, sia i funzionari del ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale.