Arresti tra ultras di Milan e Inter

L’ex ultras Enzo Anghinelli sopravvissuto al tentato omicidio: “Ricordo una moto avvicinarsi, poi il coma”

“Non mi piace più andare allo stadio. Questo mondo qua degli ultras deve tornare come una volta. Ovvero solo tifo e folklore”: a Fanpage.it parla l’ex ultras del Milan Enzo Anghinelli, vittima di un tentato omicidio nel 2019.
A cura di Giorgia Venturini
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Enzo Anghinelli
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"Era come una famiglia il Milan. Eravamo giovani, spensierati. Ora tutto è cambiato". A Fanpage.it parla Enzo Anghinelli, ex ultras del Milan vittima di un tentato omicidio nel 2019 a Milano.

A distanza di cinque anni il Tribunale di Milano ha emesso un'ordinanza di custodia cautelare in carcere per il capo ultrà della curva Sud rossonera, Luca Lucci: si trovava già in carcere perché era tra gli indagati dell'inchiesta della Direzione distrettuale antimafia di Milano sulle Curve di San Siro lo scorso 30 settembre. Secondo l'accusa Lucci sarebbe stato il mandante del tentato omicidio e Daniele Cataldo (anche lui arrestato) è sospettato di essere l'esecutore materiale. Ora saranno gli eventuali accertamenti processuali a capire con esattezza quello che è successo.

Quanti colpi ti hanno sparato?

Cinque, uno m'ha preso allo zigomo. Ha fatto il giro della testa ed è uscito dietro l'orecchio destro. Altri proiettili mi hanno sfiorato.

Ci puoi raccontare quella giornata?

Il 12 aprile 2019, come tutte le mattine, stavo andando a prendere il mio bambino per portarlo a scuola. Quando ero da solo in macchina mi hanno sparato. Ho saputo quello che mi era successo una volta uscito dal coma. Stavo per morire perché sono stato vittima di un vero agguato, qualcuno voleva uccidermi.

Quali altri particolari di quella giornata ti ricordi?

Tante volte mi viene il flash di quella moto che si è affiancata alla mia macchina.

Chi ti ha soccorso per primo?

C'è un bar all'angolo dove è entrata una signora urlando: ‘Aiuto aiuto hanno sparato a un ragazzo'. All'interno del locale avevano sentito i rumori ma pensavano che fossero gli spostamenti della cassetta della frutta perché davanti c'è un supermercato.

Quando sono usciti dal bar hanno visto che io avevo il volto chino. Cercavo di parlare ma non riuscivo. Intanto hanno chiamato l'ambulanza.

Quando è arrivata la notizia dell'arresto di Luca Lucci, già in carcere per l’inchiesta “Doppia curva”, come presunto mandante e di Daniele Cataldo, per gli inquirenti alla guida della moto, hai sentito sollievo?

Assolutamente sì, ho sentito una liberazione. Ho fiducia nella magistratura. C'è un detto che dice: la giustizia è lenta, ma arriva. Io ho vissuto un'esperienza fuori dal mondo. Ringrazio sempre il cielo che sono ancora qua, che mi ha dato un'altra opportunità di vivere, che ho dei figli meravigliosi.

Questa è stata l'aggressione più grave che hai subito, ma non è stata l'unica. Che cos’era successo un mese prima del tentato omicidio?

Andai a vedere un derby, era il 17 marzo del 2019. Andai solo perché volevo incontrare Luca Lucci per dirgli di lasciar stare un ragazzo che andava allo stadio (ovvero un amico di Anghinelli che era stato aggredito in una trasferta). Con Lucci non ero amico, ma neanche nemico. Improvvisamente più persone mi hanno aggredito con calci e pugni.

In questi giorni ho saputo tramite le carte processuali che proprio questo signore con cui ho avuto quella discussione sarebbe stato il mandante del mio tentato omicidio.

Ti sei dato una motivazione?

Ma sai allo stadio la gente è tutta un po’ alterata. Poi si capiva che c'era già un'aria pesante. Il gruppo di cui facevo parte tanti anni fa si chiamava “Sconvolts”. Con il passare del tempo, dal secondo anello blu ci siamo spostati al primo anello blu vicino ai "Commandos". Bene o male eravamo come fratelli fra di noi, poi ho avuto le mie disavventure processuali. Così anche con i miei amici ci siamo divisi e siamo spariti dalla scena.

I gruppi rivali quindi pensavano che tu volessi fare una scalata alla Curva?

Penso che si siano fatti tante domande. Tra le risposte ci potrebbe essere stata quella che volevo prendermi la Curva, ma a me non fregava nulla.

Quando è arrivata però la notizia dell'arresto di Luca Lucci (che era già in carcere) e di Daniele Cataldo – premesso che sarà un eventuale processo ad accertare una colpevolezza o meno – hai sentito però sollievo?

Assolutamente sì, ho sentito una liberazione. Ho fiducia nella magistratura. Io quando ho sbagliato (11 anni di condanna per traffico di droga) ho pagato. C'è un detto che dice: la giustizia è lenta ma arriva.

Tu sei fiducioso quindi?

Certo adesso sì. Intanto proseguo le mie cure, faccio sempre la mia fisioterapia. E poi magari ci sarà un processo e non vedo l'ora.

Non ti fa più piacere adesso andare a vedere semplicemente una partita del Milan?

No, non mi piace più. Questo mondo qua degli ultras deve tornare come una volta. Ovvero solo tifo e folklore.

Tu non ci ritorneresti mai più nella tifoseria?

Oggi sono anche in un'altra fase della mia vita. Se dovessi andare allo stadio per vedere una bella partita, andrei in un posto più comodo (rispetta alla Curva). Non mi piace più, mi ha demoralizzato questa storia.

Hai avuto paura poi gli anni dopo o hai ancora paura?

Ma ti dico la verità la paura non l'ho mai avuta. Se sei a posto con la coscienza, che paura devi avere?

Ti hanno dato come soprannome "l'Immortale", come ti fa sentire? Anche perché tu avevi subito già un altro tentato omicidio quando eri più giovane, giusto?

Esatto. Non mi fa né caldo né freddo: non mi fa sentire niente, guarda io vado avanti per la mia strada. Tranquillo e sereno. Sono molto credente: ho avuto sempre fede, oggi però ne ho di più.

Intervista di Simone Giancristofaro e Giorgia Venturini

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