L’ex procuratore arbitri Rosario D’Onofrio era stato promosso dall’Aia mentre era ai domiciliari
"Sono sconcertato, ho subito chiesto riscontro al presidente Trentalange sulla modalità di selezione del procuratore". Il presidente della Figc Gabriele Gravina vuole vederci chiaro. Vuole innanzitutto capire come sia stato possibile che nel 2021 l'Associazione italiana arbitri, presieduta dall'ex arbitro Alfredo Trentalange, abbia scelto come procuratore capo nazionale Rosario D'Onofrio che nel frattempo stava scontando una pena ai domiciliari. Per questa mattina, il numero uno della Figc ha anche convocato un Consiglio federale d'urgenza.
La carriera da arbitro
Il 42enne di Garbagnate Milanese, Rosario D'Onofrio, aveva iniziato la propria carriera da arbitro di calcio nelle serie minori. Poi, nel 2013 viene nominato procuratore in Lombardia fino al grande salto nel 2021 quando da Roma lo chiamano per essere "procuratore capo dell'Aia".
Una storia di gavetta, dai campi di periferia ai riflettori della Serie A. Peccato che D'Onofrio era stato arrestato nel maggio del 2020 perché trovato con 44 chili di marijuana. Nell'inchiesta ‘Madera', il fatto che ricoprisse il ruolo di "giudice disciplinare degli arbitri" non viene mai menzionato. Infatti, al 42enne vengono contestati fatti che risalgono tra dicembre 2019 e il 20 maggio 2020.
Le operazioni da narcotrafficante
Per quella vicenda finisce in carcere e ci rimane fino al 16 settembre. Poi sconta due anni di domiciliari. La condanna si era risolta in abbreviato a 2 anni e 8 mesi, oltre a una multa di 6mila euro. Secondo quanto si è potuto ricostruire dalle chat criptate analizzate, D'Onofrio si spacciava per ufficiale medico, mentre in realtà non ha mai concluso gli studi.
Da qualche tempo viveva in Campania e, quando era stato scoperto, era stato denunciato per usurpazione di titolo con tanto di sospensione. Il 25 marzo 2020, tra i mesi di lockdown da Covid-19 più stringenti, contatta un "commilitone" per avere in prestito una "divisa mimetica di servizio". In questo modo "Rambo", come veniva soprannominato, riusciva ad aggirare "i controlli di polizia in ragione del proprio status di militare", scrive il gip Massimo Baraldo.
"Un tradimento che ha creato un serio danno d'immagine"
Insomma, negli ultimi anni D'Onofrio ha ricoperto le cariche (anche contemporaneamente) di narcotrafficante, militare e procuratore capo dell'Aia. Anche se il suo legale, Niccolò Vecchioni, ribadisce come quel ruolo arbitrale non porti a una cospicua remunerazione, "parliamo di poche centinaia di euro di rimborsi per le spese di viaggio quando partecipava alle riunioni a Roma", l'associazione parla di "un tradimento che ha creato un serio danno d'immagine".
Ora la questione da risolvere è chi è stato a individuarlo come profilo adatto per quel ruolo nell'Aia. Dal canto suo, l'associazione ci ha tenuto a sottolineare come "non ha poteri istruttori per esercitare un'opera di verifica e controllo di quanto dichiarato dagli associati". E che, inoltre, "per assumere la qualifica di arbitro, l'interessato deve dichiarare l'assenza di procedimenti penali nonché di condanne superiori a un anno per reati dolosi in giudicato".