“Le psicologhe del carcere avrebbero deciso i risultati dei test prima di sottoporli ad Alessia Pifferi”
Emergono nuovi dettagli sul nuovo filone di indagini che vede coinvolte le psicologhe del carcere di San Vittore, quelle che avrebbero fatto per primo gli accertamenti su Alessia Pifferi in cella con l'accusa di aver abbandonato la figlia di 18 mesi in casa da sola per giorno provocandone la morte per stenti. Alla due psicologhe già indagate per favoreggiamento e falso ideologico ora se ne aggiungono altre due, anche loro ora nel mirino della Procura di Milano. Nello stesso fascicolo è indagata per falso ideologico anche l'avvocata di Alessia Pifferi, Alessia Pontenani. Le indagate saranno sentite il 4 aprile.
Secondo il pubblico ministero Francesco De Tommasi una delle due psicologhe coinvolte avrebbe predisposto "i relativi protocolli con i ‘punteggi già inseriti'" nella somministrazione del "test di Wais" che servì, secondo l'accusa, per segnalare un grave deficit cognitivo della 38enne e per farle ottenere la perizia psichiatrica. Alla fine i giudici della Corte d'Assise aveva predisposto la perizia psichiatrica i cui medici anche in aula hanno precisato che l'imputata quando ha lasciato a casa la bimba da sola "era capace di intendere e di volere".
Nel dettaglio, una delle ultime due psicologhe raggiunte da un avviso di indagine avrebbe preso parte a quel test – che per il pm e poi anche per il perito non poteva essere effettuato e non aveva valenza scientifica – e avrebbe redatto, assieme all'altra (non presente al test), la "relazione del 3 maggio 2023". Relazione, però, "materialmente" firmata, poi, da un'altra delle due professioniste già indagate, come emerso nei mesi scorsi. Secondo l'accusa questa relazione sarebbe stata anche modificata e revisionata rispetto alla "versione originaria", cambiandone anche alcuni grafici.
Sempre stato sostenuto da De Tommasi, le cinque indagate avrebbero così attestato che Pifferi "aveva un quoziente intellettivo pari a 40 e quindi un ‘deficit grave, al limite inferiore di questo livello (pertanto tra grave e gravissimo)'". Tutti i colloqui con la detenuta erano "anch'essi falsamente annotati nel diario clinico, con riferimento ai presupposti del ‘monitoraggio' a cui la Pifferi veniva sottoposta, in realtà inesistenti giacché la donna non era un soggetto a rischio di atti anticonservativi". E ancora: per il pubblico ministero le due psicologhe inserite nelle indagini avrebbero portato avanti una "vera e propria attività di consulenza difensiva", mentre l'imputata era "lucida" e "determinata". E hanno lavorato per fornire "una base documentale che le permettesse di richiedere e ottenere in giudizio, eventualmente con il filtro di un'ulteriore consulenza di parte, la tanto agognata perizia psichiatrica".