I commenti dei padri di Leonardo Apache La Russa e Tommy Gilardoni accusati di violenza sessuale dimostrano che in Italia educare la società sul rispetto della donna richiede ancora tempo. Troppo tempo. A creare questa distanza non è solo, infatti, la presunta (ennesima) violenza sessuale nei confronti di una donna – il reato verrà accertato nelle aule di Tribunale – ma sono anche parole e frasi dette da protagonisti indiretti della vicenda che hanno aggiunto violenza alla violenza.
Il padre di Tommy Gilardoni, Massimo, il ragazzo indagato dalla Procura di Milano insieme al figlio del presidente del Senato, in un'intervista rilasciata a La Verità ha detto: "Al giorno d'oggi le ragazze prima magari fanno sesso e poi si accorgono con chi lo hanno fatto ed è un attimo che vanno a denunciare le persone, però non so…".
Il padre di Leonardo La Russa, Ignazio, a prescindere dal ruolo che ricopre (quella è un'aggravante), non è stato da meno: ha subito fatto insorgere dubbi sul racconto della ragazza spiegando che "di sicuro lascia molti interrogativi una denuncia presentata dopo quaranta giorni". Così come per il fatto che la denuncia sia arrivata da "una ragazza che, per sua stessa ammissione, aveva consumato cocaina prima di incontrare mio figlio. Un episodio di cui Leonardo non era a conoscenza. Una sostanza che lo stesso Leonardo sono certo non ha mai consumato in vita sua". Subito dopo questa parole la seconda carica dello Stato avrebbe precisato: "Sono stato frainteso, non è mia intenzione accusare la ragazza. Ho rispetto degli inquirenti".
Sono frasi che fin da subito hanno provato a screditare e a mettere dubbi sulla ragazza. Viviamo in una società in cui la colpa è sempre della donna, soprattutto della donna che nella denuncia scrive nomi ‘scomodi': "Ha fatto sesso e poi si è accorta con chi lo ha fatto" oppure "era drogata, cosa si spettava?". In realtà dovrebbero essere soltanto due le domande che contano: lei ha detto ‘sì' al rapporto sessuale? Stava capendo quello che stava accadendo? Il resto sono le chiacchiere di una società che deve essere ancora educata al rispetto verso la donna.
Così come è giusto ricordare che la denuncia avviene spesso a distanza di tempo perché una donna che ha subito una violenza ha paura anche di dirlo: il coraggio arriva alcuni giorni dopo e, come le parole dei due padri dimostrano, non viene supportato dalla nostra società. Al contrario tutti sono pronti a giustificare il comportamento dell'uomo: "Mio figlio è un playboy ma non stupra", ha spiegato ancora il padre di Tommy Gilardoni. E ancora: "Ha fatto sesso e poi si è pentita e lo ha denunciato, può essere andata così".
L'istinto dei padri è quello di difendere i proprio figli, ma è davvero necessario screditare le donne per farlo? Non si può dire, anche pubblicamente, di credere alle versioni dei propri figli senza, per questo denigrare la persona che ha denunciato?