"La vera calamità per Milano è il sindaco Moratti". Questa la scritta che campeggiava su uno striscione sventolato, nel settembre del 2010, da alcuni consiglieri comunali del Pd (si riconoscono Pierfrancesco Maran, Marco Granelli, l'allora capogruppo Pierfrancesco Majorino) nell'aula di Palazzo Marino. Era una protesta, eclatante, nei confronti dell'allora prima cittadina dopo un'esondazione del Seveso. Dieci anni dopo Maran e Granelli sono assessori del Comune di Milano, Majorino siede invece al Parlamento europeo. Due sindaci di centrosinistra, Giuliano Pisapia e Beppe Sala, si sono alternati alla guida di Milano dopo la Moratti. Ma il Seveso, incurante delle umane e politiche vicende, continua a esondare, allagando mezza città.
L'ormai puntuale appuntamento con l'esondazione di quello che è a tutti gli effetti un torrente, coperto e "tombinato" gradualmente nei suoi tratti urbani dalla fine del XIX secolo e poi negli anni Cinquanta, trasforma la città più smart d'Italia, quella che viene definita da molti l'unica vera metropoli di respiro europeo del Paese, la città dell'Expo 2015, in una barzelletta. E, spiace dirlo, i protagonisti di questa barzelletta sono i politici che si sono alternati alla guida della città nel corso degli ultimi decenni, nessuno escluso.
Il Seveso (e anche il Lambro, che in parte sconta un destino uguale) sono un problema annoso della città, in parte dovuto a quella visione del mondo per cui l'uomo pensava (e pensa tuttora) di poter piegare ai suoi bisogni la natura, salvo poi trovarsi inerme quando la forza della natura gli si rivolta contro. Per salvare Milano dalle esondazioni un piano preciso esiste, è stato approvato e finanziato (nel 2015) ed è anche partito. Solo di pochi giorni fa la notizia dello sblocco dei lavori anche per la vasca di laminazione al Parco Nord, uno dei bacini che, come un sistema di vasi comunicanti, dovrebbe finalmente consentire ai residenti di sei quartieri della città di non vivere costantemente con l'ansia di trovarsi cantine, box e auto allagate a ogni forte temporale, o di rischiare di rimanere intrappolati mentre attraversano un sottopassaggio.
Da un lato questo sblocco può essere considerato finalmente un segno concreto della volontà politica di risolvere la questione, dall'altro però la fine dei lavori è prevista per il 2022: un orizzonte temporale ancora troppo lontano per chi attende da decenni una soluzione e teme sempre che, come avviene a Milano (ma in generale in Italia), un ricorso (anche di un condominio, perché "Not in my back yard"), il fallimento di un'impresa, la corruzione, il malaffare, possano fare andare storto qualcosa. Quindi, almeno fino al 2022 (e incrociando le dita) tocca restare consapevoli di vivere in una città barzelletta, per quanto riguarda la questione Seveso. E i politici che intendono speculare su questo problema a fini elettorali è bene che siano consapevoli di una cosa: possono agitare le acque quando non sono al governo, ma l'onda di piena, se non si risolve la vicenda, prima o poi gli ritornerà addosso.