“Le davo 200 euro al mese ma diceva di non aver bisogno di soldi”: parla la mamma di Alessia Pifferi
Torna a parlare la madre di Alessia Pifferi, la 38enne di Milano che nel luglio del 2022 ha abbandonato la figlia Diana per sei giorni da sola in casa, lasciandola morire di stenti. "Mandavo ogni mese 200, 300 euro ad Alessia. Insieme a pacchi con cibo, pannolini, persino la tinta per i capelli", racconta davanti alle telecamere del programma Mediaset Mattino Cinque. "Ma lei mi diceva che non aveva bisogno di soldi, che aveva trovato il padre della bambina e che lui le dava 500 euro al mese".
Una, quella del mantenimento di Alessia Pifferi, molto dibattuta in fase di indagini. Come e dove trovava le risorse per andare avanti la donna, disoccupata e madre single di una bambina di 18 mesi? Che fine facevano quei soldi, e quanti venivano effettivamente riservati alle cure della piccola? Per gli inquirenti, secondo quanto emerso, molto pochi. Un'agente di polizia, la prima a rinvenire il cadavere della piccola Diana dopo la settimana di abbandono nell'appartamento di Ponte Lambro, ha raccontato di aver trovato il frigorifero quasi vuoto, senza nessuna traccia di alimenti per l'infanzia. "C'erano solo vestiti da donna, almeno una trentina di abiti da sera", la testimonianza.
E ancora, si aggiungono le parole del dirigente della Squadra mobile Marco Calì in aula. "Alessia Pifferi conduceva un tenore di vita al di sopra delle sue possibilità", aveva detto al giudice. "Mentre è emersa al contrario una gestione molto superficiale della figlia". La donna, secondo quanto ricostruito dalle indagini, viveva in fondo di espedienti: il battesimo inventato per ottenere i soldi, il denaro inviato dalla madre che abita in Calabria, qualche incontro sessuale a pagamento. Il ricavato, però, veniva investito in serate romantiche, cene vista lago con il compagno, autisti privati e costosi giri in limousine.
Le spese per Diana, al contrario, erano ridotte all'osso. Ma non solo. "Diana non aveva mai visto un pediatra, non era nemmeno vaccinata", le parole dell'avvocata di Alessia Pifferi. "La bambina non aveva la tessera sanitaria, non la seguiva nessuno dal punto di vista medico. Essendo nata a Bergamo ma con la residenza a Milano, si è creato un cortocircuito tra aziende sanitarie su chi dovesse averne la responsabilità. Ma la realtà dei fatti è che, probabilmente, la madre non si è mai interessata e attivata per risolvere questo problema perché non era in grado di farlo. Non mi risulta che abbia mai fatto telefonate o interloquito con l'Ats".