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L’autista di Alessia Pifferi: “Il giorno in cui Diana è morta voleva ritornare dal compagno”

“Quando ho lasciato la signora davanti al cancello ero già d’accordo con lei: sarei tornato a prenderla in serata per riportarla dal compagno”, svela l’autista che il 20 luglio 2021, quando è stata trovata morta la piccola Diana, ha accompagnato a casa Alessia Pifferi.
A cura di Francesca Del Boca
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(Mattino Cinque, Facebook)
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"Ho trasportato Alessia Pifferi in auto per una settimana. La mattina del 20 luglio 2022, poi, l'ho lasciata davanti al cancello di casa a Milano. Non lasciava trasparire nessuna emozione".

Sono le parole dell'autista della 38enne che, nel frattempo, proprio in quella settimana ha abbandonato la figlia di 18 mesi da sola in salotto, chiusa in un appartamento di Ponte Lambro. La piccola, di lì a breve, verrà ritrovata senza vita dalla stessa madre, di ritorno dopo sei giorni trascorsi in giro per la Bergamasca: è morta di stenti, e ha già le mani e i piedi anneriti. "Ma quando ho lasciato la signora davanti a casa ero già d'accordo con lei: sarei tornato a prenderla in serata per riportarla dal compagno a Leffe, nella Bergamasca".

E ancora. "Ho saputo che Diana era morta proprio perché, quando sono tornato a prendere la cliente, ho trovato una folla di gente nella via. Non sapevo fosse morta di stenti, ovviamente. L'ho saputo solo dopo".

Diana Pifferi
Diana Pifferi

L'ultima settimana di vita di Diana, morta di stenti a 18 mesi

A rivelare questo retroscena, davanti alle telecamere del programma Mediaset Mattino Cinque, è Emanuele Mazzotta, conducente privato e autista di fiducia di Alessia Pifferi. In studio a Cologno Monzese racconta di quella settimana di luglio che la 38enne ha trascorso in compagnia del fidanzato tra cene eleganti ("È venuta a cena con la limousine, aveva detto che era un regalo per l'uomo che era con lei", è stata la testimonianza di una ristoratrice di Endine, Bergamo), abiti da sera (gli inquirenti troveranno più di trenta vestiti sparsi in valigia) e trasporti costosissimi ("Almeno 300 euro a tratta, un tenore di vita decisamente al di sopra delle possibilità della donna", dirà in aula il dirigente della Mobile Marco Calì).

Nel frattempo Diana è a casa da sola a Milano, senza cibo, senza luce e senza acqua. Il frigorifero è quasi vuoto, c'è polvere in giro. I pannolini sporchi sono seminati in giro per il salotto, per terra e sul davanzale. La bambina è adagiata su un lettino da campeggio, con accanto un piccolo biberon da neonata; le tapparelle, nel luglio caldissimo di Milano, sono abbassate. L'agonia della piccola dura da giovedì 14 a martedì 19 luglio, il giorno prima del ritorno della madre (che lunedì 18 luglio torna per qualche ora a Milano, ma non passa a vedere come sta la figlia).

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La testimonianza dell'autista di Alessia Pifferi

"Quando trasportavo Alessia Pifferi era sempre molto ben vestita, curata nell'aspetto. Non mi parlava della figlia, tranne quando non riusciva a pagarmi. In quel caso mi disse che non poteva farmi una ricarica perché la bambina aveva bisogno di assistenza sanitaria e medicine, e mi mandò una foto di Diana senza pannolino", spiega. "La pelle era macerata. Mi disse che era un problema di ammoniaca dei pannolini… ma non era vero". Del resto quei trasporti privati, di cui la 38enne si serve frequentemente per percorrere quasi un centinaio di chilometri alla volta, costano parecchio.

"Alessia Pifferi si prostituiva per pagare i giri in limousine e per fare i regali al compagno, sperando in una proposta di matrimonio", ha dichiarato la sua legale Alessia Pontenani. L'attività, in ogni caso, coinvolgeva anche un suo vicino di casa, ora indagato per favoreggiamento della prostituzione. "Ho fornito clienti ad Alessia Pifferi per rapporti sessuali a pagamento", le parole dell'uomo, "ma non ci ho guadagnato. Non ho visto un centesimo, la conosco da anni. Aveva detto che aveva bisogno di soldi perché non lavorava, e così mi ha chiesto se conoscevo qualcuno".

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