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L’attendismo di Sala sul lockdown: una scelta che Milano rischia di pagare a caro prezzo

Per il sindaco di Milano Beppe Sala il lockdown, evocato per il capoluogo lombardo dal consulente del ministero della Salute Walter Ricciardi, “è oggi una scelta sbagliata”. Nonostante le sirene d’allarme che arrivano dal numero dei casi, dal sistema di tracciamento in tilt, e in ultimo dai pronto soccorso sull’orlo del collasso, Sala continua a mantenere una posizione attendista che la città rischia di pagare a caro prezzo.
A cura di Francesco Loiacono
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Il sindaco di Milano Beppe Sala ribadisce la sua contrarietà a un lockdown per Milano, riservandosi di poter decidere, nella peggiore delle ipotesi, tra 10-15 giorni. Una posizione "attendista" che si spera non costi cara a Milano, riconosciuta ormai come l'epicentro di questa nuova ondata della pandemia in termine di numero di casi. La misura estrema del lockdown, che potrebbe scattare oggi in Francia ed è stata evocata per Milano e Napoli tra gli altri dal consulente del ministero della Salute, Walter Ricciardi, secondo il sindaco è "una scelta sbagliata". Sala se n'è assunto la responsabilità, ribadendolo anche in un video apparso oggi sulla propria pagina Facebook in cui, tra l'altro, ha detto di essersi sentito anche col sindaco di Napoli Luigi De Magistris e di aver scritto al ministro Speranza per chiedergli se quella di Ricciardi è una sua opinione personale o è un'opinione del ministero, e nel secondo caso se è basata su dati che il ministero ha e che invece i due sindaci non hanno.

Eppure, i dati che il sindaco ha già a disposizione, e che possono vedere anche i cittadini, sono piuttosto chiari. L'indice di contagiosità Rt a Milano è stabilmente da tempo superiore a 2 (con il valore di attenzione che è pari a 1). Ieri in città ci sono stati 768 casi, dopo giorni in cui stabilmente si sono registrati dai 900 agli oltre 1200 contagi. C'è, soprattutto, una situazione di forte stress a livello di pronto soccorso, di ospedali e di medicina del territorio. Il sistema di tracciamento è andato in crisi già da giorni. Ieri Guido Bertolini, responsabile del Coordinamento Covid-19 dei pronto soccorso lombardi, ha messo nero su bianco in un documento questa richiesta: "Chiediamo di applicare, subito, le misure più restrittive di contenimento della diffusione del virus nella società, su tutto il territorio regionale, o almeno nelle aree più a rischio (come Milano) senza indugio e a costo di impopolarità. Le ultime misure rappresentano un passo avanti, ma purtroppo non sono sufficienti". Anche il professor Massimo Galli dell'ospedale Sacco, che Sala sente spesso, ha evidenziato in più circostanze il timore della "battaglia di Milano" e già lo scorso 14 ottobre, intervistato da Fanpage.it, sottolineava la necessità di intervenire in fretta e diceva che restavano 15 giorni per evitare che la situazione diventasse esplosiva.

Ora Sala sposta ancora più in là il termine entro cui decidere su eventuali nuove restrizioni: il sindaco ha detto che ragiona "con la testa e con il cuore" e che "stiamo già facendo dei sacrifici". Vuole probabilmente aspettare il 13 novembre, giorno in cui dovrebbe cessare il coprifuoco notturno decretato lo scorso 22 ottobre d'intesa col presidente Fontana in tutta la regione. Il timore è che, per un virus così contagioso, due settimane siano però un intervallo temporale troppo ampio: basti ricordare, ad esempio, che nel caso della mancata istituzione della zona rossa ad Alzano Lombardo e Nembro lo scorso marzo le feroci polemiche furono incentrate su un ritardo di pochi giorni, rivelatosi poi drammatico per la diffusione del virus in quelle zone. Sala, consapevole che sul lockdown "ci sono due partiti, c'è chi dice chiudi tutto e chi dice non si può", per ora continua a scegliere la seconda strada. I dubbi sul fatto che sia quella giusta restano tanti.

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