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Cosa sta facendo Alviero Martini Spa per evitare il rischio caporalato dopo l’indagine dei carabinieri

Sette mesi fa l’Alviero Martini spa è finita sotto amministrazione giudiziaria perché si è scoperto che nella linea di produzione delle sue borse si nascondeva il caporalato: Ilaria Ramoni, l’amministratrice giudiaziaria, spiega a Fanpage.it cosa sta accadendo a distanza di mesi.
A cura di Giorgia Venturini
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Sono passati ormai quasi sette mesi da quando l'Alviero Martini spa è finita sotto amministrazione giudiziaria perché si è scoperto che dietro la produzione delle sue borse e accessori si nascondeva l'ombra del caporalato. Sotto indagini penali invece sono finiti i titolari degli opifici cinesi dove i lavoratori venivano sfruttati. Ora a distanza di tempo a Fanpage.it l'amministratrice giudiziaria dell'Alviero Martini, Ilaria Ramoni  – che ha il compito di sanare tutto i rapporti con la casa di moda e i suoi fornitori -, spiega come si sta procedendo per abbattere i rischi del caporalato.

Come si può sanare l'ombra del caporalato sulla linea di produzione della moda e del lusso?

Controllando tutta la linea della produzione. Quindi non solo i primi fornitori o appaltatori, ma anche tutti i sub-appaltatori. Perché in realtà le indagini hanno rivelato una sostanziale mancanza di controllo su tutta la filiera produttiva. Ovviamente, poi, più si accorcia la filiera più è facile garantire il prodotto e fare controlli. Fondamentale, poi, è anche prevedere audit on site non solo programmate ma a sorpresa per verificare le reali condizioni produttive e di lavoro.

Nella procedura di cui sei amministratrice giudiziaria sono finiti solo alcuni fornitori e sub fornitori, voi ora li state controllando tutti?

Si, vengono effettuati controlli differenziati a seconda della tipologia aziendale e della reale situazione. I controlli avvengono sulla base dei nuovi parametri studiati dagli amministratori giudiziari in collaborazione con la società. Queste, infatti, sono misure che richiedono una grande collaborazione da parte della società perché di fatto chiediamo di modificare alcuni aspetti dell'organizzazione aziendale.

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Quali sono questi nuovi parametri?

Sono parametri di naturale previdenziale, fiscale e contributiva. Inoltre abbiamo analizzato gli indici di bilancio: secondo la tipologia della società che si va a verificare, bisogna vedere, ad esempio, quanto il costo della manodopera vada a incidere sul costo della produzione. Se una società ha un costo molto basso di manodopera e dichiara al brand o al primo fornitore che non utilizza sub appaltatori, perché riesce a svolgere tutta l'attività al suo interno, deve però dimostrare perché i costi per i lavoratori sono così bassi.

Ovviamente ci possono essere anche soluzione assolutamente razionali dove magari le attività non richiedono una grossa manodopera, ma in qualsiasi caso necessitano una spiegazione. Vanno poi fatte verifiche in loco per vedere se quello segnalato dal fornitore coincide con la realtà. In queste situazioni, come nelle tante altre che possono esserci.

In queste inchieste si parla di opifici cinesi: molti si chiedono quindi dove sia il "made in Italy"? 

Bisogna sottolineare che il discrimine non è se una borsa o un accessorio venga fatto da un artigiano cinese o italiano. Il made in Italy è garantito perché le borse vengono prodotte sul territorio italiano: l'importante è la tradizione artigiana.

Queste lavorazioni, infatti, non sono fatte male, sono fatte con cura e a regola d'arte. Il fattore preoccupante è sulle condizioni dei lavoratori: più un lavoratore è minacciato oppure vive al limite della povertà oppure si trova sul territorio italiano irregolarmente, più accetta condizioni e retribuzioni che il lavoratore italiano non accetterebbe. Quasi in una sorta di situazione estorsiva.

Si pensa spesso che il problema del rischio della perdita del made in Italy sia nel fatto che un determinato prodotto venga fatto ad esempio da cinesi e indiani, seppur in Italia. Ma viene fatto in Italia, ed è questo quello che conta. E sopratutto con la tradizione artigiana italiana . Se il lavoratore cinese o comunque straniero viene assunto in modo regolare e viene trattato in condizioni sane non è assolutamente un problema. Se no, in caso contrario, si parla di razzismo. Chiediamoci piuttosto perché è così difficile trovare perso e italiane che vogliano ancora farli certi lavori.

Chiediamoci perché non sono attrattivi per i nostri giovani. Siamo in un settore altamente specializzato e di grande cura dei materiali e del prodotto. Una sorta di "artigiani del lusso", che però rischiano di sparire.

Dopo questa inchiesta il bilancio dell'Alviero Martini è calato? 

No. Non abbiamo assolutamente evidenza di questo come non lo abbiamo mai avuto anche in altre procedure sempre in applicazione dell'aet. 34 del Codice antimafia. In particolare questi grandi brand difficilmente subiranno ripercussioni. A rischio invece potrebbe essere il made in Italy, perché le aziende possono decidere di spostare totalmente all'estero la loro produzione. Questo è quello che stiamo cercando di scongiurare ed evitare in tutti i modi ed è questo il senso non solo delle attivita' di noi amministratori ma anche del tavolo che si è aperto in Prefettura a Milano ove sono presenti tutti gli attori in gioco, da confindustria ai sindacati a Camera della moda, oltre al Tribunale e alla Procura.

Alla fine dell'anno di amministrazione giudiziaria si riuscirà a cancellare del tutto l'ombra del caporalato? 

Quando si rivedono il modello 231 e le diverse procedure e si studiano adeguati assetti organizzativi per le società è evidente che la finalità sia quella di minimizzare al massimo il rischio. In qualsiasi attività il rischio lo zero assoluto è però impossibile.

Ora stiamo cercando di minimizzare il rischio e il mercato ne può giovare. I fornitori o i sub-appaltatori più grandi invece di appaltare a loro volta a una piccola società magari possono assorbire il piccolo, così da controllarlo più facilmente. Quindi ridurre la catena dei sub-appalti potrebbe essere una soluzione su cui si sta già lavorando da più parti.

Come sta andando all'Alviero Martini? 

La società è sempre stata molto collaborativa. La misura dell'amministrazione giudiziaria è sicuramente una misura incisiva, misura che però è stata compresa appieno anche grazie al dialogo continuo e costante con tutti i vertici dell'aziendali.

Quando potrebbe finire l'amministrazione giudiziaria? 

Sarà ovviamente il Tribunale a decidere, a metà ottobre abbiamo un'altra udienza e l'azienda sta procedendo nel rispetto dei tempi che ci eravamo dati.

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