L’amico che ha visto per ultimo Bonomelli ancora in vita: “Discuteva al telefono poi è andato via”
"Angelo è uscito a parlare al telefono, discuteva agitato. Quando l'ho visto andare via, gli chiesto: dove vai? Lui mi ha risposto che doveva discutere con uno. Ha preso la macchina e non l'ho più visto". Chi parla è Giuseppe Anselmi, uno degli amici di Angelo Bonomelli, l'imprenditore bergamasco trovato senza vita martedì 8 novembre nel suo suv Fiat in un parcheggio pubblico.
Quello che poteva sembrare un banale malore, si è rivelato probabilmente un assassinio. Quattro persone ora sono in carcere con l'accusa di rapina e omicidio in concorso.
Il centro sociale diurno e le partite a scopa
Anselmi, come racconta il Corriere della Sera, ha lavorato per oltre trent'anni come custode dell'Istituto Belotti di Bergamo. Ora, ormai in pensione, vive sulle colline alle spalle di Trescore Balneario, dove oltre 50 anni fa Bonomelli ha creato la più importante agenzia di onoranze funebre bergamasca, e passa le sue giornate al centro sociale diurno in via Lorenzo Lotto.
Della morte del suo amico Bonomelli lo ha scoperto proprio là: "Sono scioccato, perché non si uccide una persona in quella maniera vigliacca". Anche l'imprenditore andava spesso in quel centro sociale. "Giocavamo sempre a scopa, lui faceva coppia fissa con Ambrogio, fumavano come due turchi", ricorda Anselmi.
"Mi ha detto che doveva andare"
"Stavamo giocando e l'hanno chiamato al telefono", conferma Giacomo Colombi, un altro amico di Bonomelli presente quel pomeriggio di lunedì 7 novembre, gli ultimi a vederlo ancora in vita. Tuttavia, come tutti gli altri, a quella telefonata non avevano dato troppa importanza. "Con il lavoro che faceva, era sempre preso con quel telefono", dice Colombi che poi però ricorda come "si vedeva che era un po' fuori di sé. Alla fine si è alzato e mi ha detto che doveva andare".
Secondo quanto ricostruito dai carabinieri, Bonomelli ha lasciato quel centro diurno per raggiungere il bar-ricevitoria Sintony, poco lontano. Là ha incontrato Matteo Gherardi e gli altri tre ora in carcere. Sarebbero stati loro a fargli bere da un bicchiere con dentro anche una sostanza narcotizzante. Forse troppo forte per l'82enne che, poco dopo, è morto.