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La zia di Diana Pifferi: “Mia nipote aveva diritto a vivere, non di pagare per sua madre Alessia”

La zia di Diana Pifferi si costituirà parte civile nel processo che vede sua sorella accusata di omicidio volontario pluriaggravato: “Diana aveva diritto di vivere, non di pagare per sua madre”, ha detto all’uscita dal tribunale.
A cura di Ilaria Quattrone
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"Aveva diritto di vivere, non di pagare per sua madre": a dirlo è stata la zia di Diana Pifferi, la bimba di 18 mesi morta di stenti dopo che la madre Alessia l'ha abbandonata a casa per sette giorni.

L'udienza su Alessia Pifferi

Nella giornata di oggi, lunedì 27 marzo, si è svolta la prima udienza in Corte d'Assise Milano. La 37enne è, infatti, accusata di omicidio volontario pluriaggravato. La donna ha però cambiato avvocato, il terzo in pochi mesi. A difenderla adesso è la legale Alessia Pontenani.

Questo cambio ha costretto il presidente Ilio Mannucci Pacini a rinviare l'udienza al prossimo 8 maggio. In questo modo sarà possibile per Pontenani studiare tutti gli atti. Uscendo dalla Corte d'Assise, la sorella di Alessia, Viviana Pifferi, ha affermato che la piccola aveva diritto di vivere. Il suo legale, Emanuele De Mitri, ha inoltre precisato che la donna si costituirà parte civile nel processo alla prossima udienza.

Viviana Pifferi (Fonte: LaPresse)
Viviana Pifferi (Fonte: LaPresse)

Come sarebbe morta Diana, la bimba abbandonata in casa dalla madre

La bimba sarebbe stata lasciata sola, per quasi una settimana, senza cibo e in condizioni, come hanno scritto i pubblici ministeri, di "palese ed evidente pericolo per la sua vita, pure legate alle alte temperature del periodo". Questo avrebbe, secondo l'accusa, provocato una forte disidratazione nella piccola oltre a un "deragliamento delle funzioni cellulari" che è poi culminato nella morte della piccola.

In un primo momento si pensava anche che alla bimba fossero stati somministrati tranquillanti, ma gli accertamenti hanno rivelato che non c'erano tracce nel biberon. L'autopsia aveva rivelato che la piccola potrebbe essere morta tra 24 e 48 ore prima del rientro della madre a Milano. La donna aveva infatti raggiunto il compagno, in provincia di Bergamo, e avrebbe detto a lui e a sua sorella che la piccola si trovava con la baby-sitter.

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