“La vittima sono io”, “mi ha provocato”: le assurde giustificazioni degli uomini che maltrattano le donne
"La vera vittima sono io". Alcuni lo dicono apertamente, altri lo fanno capire, ma tutti ne sono convinti. Anche se si trovano in cerchio a parlare con altri uomini accusati, come loro, di maltrattamenti sulla compagna. "Si è inventata tutto", "È stata lei a provocarmi", "Mi ha portato all’esasperazione", "Sono qui solo per un’ingiustizia".
Nelson: Mi pento per ciò che ho fatto, ho imparato ad ascoltare e non reagire
Qualcuno però poi cambia idea. Come Nelson, 44enne peruviano che dal 2000 vive in una cittadina del Nord Italia e durante il primo lockdown ha iniziato a frequentare "Il cerchio degli uomini", un’associazione per partner maltrattanti. "Io e mia moglie ci siamo sposati molto presto, lei aveva 18 anni e io 21 – racconta Nelson – e quando siamo arrivati in Italia eravamo soli con una bambina piccola, non potevamo fare la vita dei ragazzi che vedevamo intorno a noi". Ma la tensione era pregressa: "Già da fidanzati succedeva che alzassi le mani, nessuno però si era mai allarmato, eravamo tutti e due molto gelosi. Poi con gli anni la situazione sembrava essersi normalizzata".
Sembrava: "I problemi sono iniziati nel 2018 – ricorda Nelson -, quando ho scoperto che mia moglie inviava, a mia insaputa, i nostri soldi ai parenti in Perù. Continuavamo a litigare, sempre più spesso e sempre più pesantemente, tanto che lei voleva la separazione". La famosa goccia trabocca in una sera di gennaio, poco prima della pandemia: "Faceva le pulizie negli uffici e l’avevo accompagnata al lavoro. Ero entrato con lei e avevamo cominciato a litigare per la separazione: cercavo di convincerla che non era la via giusta, ma lei non ne voleva sapere. E così non mi sono più trattenuto: le ho dato uno schiaffo e diversi spintoni, fino a farla urtare contro un mobiletto e fratturarle le costole. Poi sono tornato a casa".
Lo psicologo: Il raptus non esiste, c'è un problema di controllo
"Il raptus – spiega Aldo Braga, psicologo che da anni lavora con gli uomini maltrattanti – non esiste e non può mai essere una giustificazione. Esiste però, nella quasi totalità di queste persone, un problema con il controllo: delle proprie emozioni, che spesso non riescono nemmeno a definire, e degli altri, che vedono solo in funzione di sé stessi". Nelson, a casa, ci resta per poco. "Mi ha denunciato, così sono andato da mia mamma, con cui però non ho un rapporto stretto. Mi sentivo disperato e solo, avevo paura di perdere anche i miei figli, perciò ho cercato un aiuto psicologico e sono approdato al Cerchio degli uomini". Negli ultimi due anni Nelson sta cercando di ricostruire il rapporto con la moglie e, soprattutto, un equilibrio personale: "Mi pento per quello che ho fatto, grazie al gruppo ho imparato ad ascoltare e a non reagire, ora, quando ho delle discussioni, piuttosto che attaccare vado a farmi un giro".
La storia di Emiliano
Emiliano, invece, rimane convinto di avere ragione: "Io alla mia ex moglie non ho fatto niente, ma lei non accettava il fatto che volessi la separazione e così, pur di rovinarmi, si dava pugni e si feriva e poi andava al pronto soccorso dicendo che ero stato io". Emiliano conosce la sua ex durante una trasferta di lavoro in Germania e i dissidi arrivano con la convivenza: "Litigavamo perché mi diceva che ero assente, mi voleva tutto per sé. So che mi adorava, perché mi riempiva di complimenti fino a imbarazzarmi, ma io non ero innamorato. Il mio unico sbaglio è stato restare per troppo tempo con una donna che non amavo". Donna da cui è nata anche una bambina, che oggi ha nove anni: "I rapporti si sono un po’ distesi – dice Emiliano -, ma per sicurezza faccio sempre in modo di prenderle o ridarle nostra figlia davanti alla stazione dei carabinieri, lì almeno ci sono le telecamere e non può inventarsi nessun maltrattamento. Non sono ancora tranquillo: dopo tutte le denunce che mi sono ritrovato nella cassetta della posta, adesso ho paura ogni volta che vedo una busta".
Emiliano, che ha perso nel processo contro la ex compagna, dice di non essere stato obbligato – ma solo consigliato – dal giudice minorile a frequentare il Cerchio degli uomini: "All’inizio ero a disagio – ammette – e avevo messo subito in chiaro che io non sono un criminale o un tossicodipendente. Poi il dialogo con gli altri mi ha aiutato a risolvere i conflitti in maniera diversa, a sentirmi meno sbagliato". "Il senso di inadeguatezza – spiega Braga – è tipico degli uomini violenti, che però lo mascherano molto bene attraverso il narcisismo, cioè il non riuscire a tollerare una qualsiasi immagine negativa di sé. Per questo sono sempre gli altri a sbagliare". Profili di personalità che richiedono interventi socio-psicologici, ma se negli Stati Uniti realtà come il Cerchio degli uomini esistono dagli anni Ottanta, in Italia i primi programmi di trattamento rivolti agli autori di violenza e accessibili al di fuori delle mura penitenziarie risalgono al 2009.
A condurre la prima e unica indagine nazionale su questo tema è stato l’Istituto di ricerche sulla popolazione e le politiche sociali, insieme al Consiglio nazionale delle ricerche, nell’ambito dell’accordo con il Dipartimento per le Pari opportunità della Presidenza del Consiglio dei Ministri. Secondo la rilevazione, al 31 dicembre 2017 erano attivi 54 programmi di trattamento, il 17 per cento dei quali con più di una sede, per un totale di 69 punti di accesso sul territorio nazionale, concentrati per lo più nel Nord Italia. Gli uomini che hanno contattato il programma nel corso dell’anno preso in considerazione (il 2017, appunto) sono 1.199 e quelli in carico 1.214. Il loro accesso è avvenuto per invio da parte di altri servizi in 6 casi su 10, mentre è stato volontario per 4 uomini ogni 10. In generale, le analisi hanno evidenziato una distribuzione territoriale ancora troppo eterogenea, un numero medio di uomini presi in carico basso (basti pensare che le donne vittime di violenza, secondo i dati appena diffusi dalla Polizia di Stato, in Italia sono 89 ogni giorno e il 60 per cento in ambito domestico), la difficoltà a instaurare collaborazioni con i centri antiviolenza femminili e un basso livello di standardizzazione delle procedure seguite, compresa la valutazione del rischio.
Con pandemia e Codice rosso accessi più che raddoppiati
Uno scenario aggravato dalla pandemia. "Negli ultimi due anni – osserva Bruno Barbieri, presidente del Cerchio degli uomini di Brescia – gli uomini che si rivolgono a noi sono più che raddoppiati: il lockdown ha messo molte vittime nella condizione di non poter più resistere e quindi di denunciare". Fattore a cui si aggiunge la maggiore diffusione, con il Codice Rosso del 2019 (legge a tutela delle donne e dei soggetti deboli che subiscono violenze per atti persecutori e maltrattamenti), della "pena sostitutiva". "In pratica – spiega Barbieri – anziché andare in carcere, devono frequentare associazioni come la nostra. Il che ha un senso, perché l’obiettivo è riabilitare, ma il problema è che molti non sono motivati e per noi il sovraccarico di utenti è diventato ingestibile. Inoltre – aggiunge – nei nostri gruppi c’è una certa eterogeneità per tutte le condizioni anagrafiche, ad eccezione di quella economica. Perché i più benestanti possono accordarsi e risarcire le ex compagne con il denaro".
Per il 2022, nella Legge di Bilancio sono stati stanziati 5 milioni al Fondo per le pari opportunità destinati ai progetti per il recupero di uomini maltrattanti. Di questi, un milione sarà per l’accreditamento e la diffusione sul territorio nazionale dei centri di riabilitazione per uomini autori di violenza e un ulteriore milione alle attività di monitoraggio per garantire l’uniformità di tali centri su tutto il territorio. Altri due milioni, sempre per il 2022, sono infine destinati alle realtà che operano con gli istituti penitenziari.