“La virtù di Milano è che il resto d’Italia è messa peggio”: parla Luigi Corbani
Consigliere comunale di Milano dal 1985 al 1990, di cui è stato anche vicesindaco e assessore alla cultura. È stato poi assessore alla cultura della Regione Lombardia. Ha fondato l'Orchestra Sinfonica di Milano e il Coro sinfonico di Milano, Giuseppe Verdi, di cui è diventato, nel 1995, direttore generale. Ha promosso e seguito la realizzazione dell'Auditorium di Milano, recuperando un vecchio teatro abbandonato e riqualificando una zona storica della città. L'Auditorium di Milano, inaugurato nel 1999, si è imposto come il migliore teatro di Milano per l'estetica, l'acustica e per le attrezzature tecnologiche e ha una programmazione assai intensa, che ne fa una delle sale più frequentate d'Italia. Attualmente è uno dei principali animatori del Comitato Sì Meazza, nato per salvare lo stadio di San Siro dall'abbattimento. Luigi Corbani racconta a Fanpage.it la sua Milano e quella in cui vive oggi.
Dottor Corbani, da quando è stato vicesindaco e assessore, Milano, quanto è cambiata? E in meglio o in peggio?
È cambiata tantissimo, ma non tanto come percezione della qualità della vita. È che le disuguaglianze sono aumentate: fra il centro e la periferia, fra i giovani e gli anziani, fra le categorie sociali, persino il ceto medio è in difficoltà. Si è puntato tutto su un modello di sviluppo, totalmente sbagliato, oltretutto con una visione puramente municipalistica. Non è che nel passato non ci fossero problemi. Anche qui, si continua a fare della demagogia: se io penso all'inizio dell'attività delle giunte di sinistra, c'è da riflettere molto sull'incapacità degli attuali amministratori. Allora, noi avevamo una situazione di crisi dell'industria, eravamo nella fase in cui tutte le grandi aziende industriali chiudevano.
C'era il problema delle grandi aree industriali dismesse, quello del terrorismo, rosso e nero, il problema delle stragi, c'era una delinquenza diffusa, la grande criminalità e quella spicciola, c'era paura ad uscire di casa. La forza delle giunte cosiddette di sinistra è stata quella di rimettere in piedi la città, di rimetterla in mano ai cittadini. Anche con delle iniziative che potevano sembrare folkloristiche. Il risotto in piazza, ad esempio: quello serviva a riportare la città in mano ai cittadini, non a tenerli chiusi nel proprio individualismo. Serviva a ristabilire il senso della comunità.
Tutto ciò, anche con l'aiuto di tutte le forze presenti nella città. Nel passato, se penso agli anni '80, c'erano almeno 200 situazioni di discussione diffusi nella città: circoli culturali, cineforum, sezioni di partito. Si creava una partecipazione collettiva alla vita della città, alla politica. Ora, dove si discute del futuro della città? In quali sedi? Di certo, non nel consiglio comunale, ridotto a strumento di ratifica delle decisioni del sindaco. La giunta è emanazione del sindaco. Allora il consiglio comunale era votato dai cittadini e i consiglieri comunali votavano il sindaco e gli assessori. Era un sistema che ha prodotto risultati molto più rilevanti di quelli odierni. Da quanti anni non si costruisce più una casa popolare a Milano? Eppure la legge 167 esiste ancora. Io non ho visto piani di edilizia popolare, piani di servizi e del verde. Ho visto, invece, la privatizzazione di tutto questo.
Quali sono le maggiori criticità che deve affrontare oggi Milano?
Risolvere il problema delle periferie: in termini di servizi, di trasporti efficienti e puntuali, in termini di sicurezza. La cultura, poi, non è un bene del centro della città: deve essere diffusa nella città, con iniziative che portino anche grandi istituzioni fuori dal centro di Milano, dimodoché alla Scala ci vada anche chi abita a Quarto Oggiaro e Gratosoglio e non che sia escluso o che gli si dia la trasmissione, in piazza, della Prima della Scala. La cultura è stato un potente elemento di unità e di risollevamento della città. Si pensi al Piccolo Teatro, alla ristrutturazione del Dal Verme, si è comprato il Puccini, si è comprato l'Ansaldo, per dare luogo a nuove attività culturali diffuse nella città.
L'altro grande problema è organizzare il trasporto su rete metropolitana e rete regionale. Io non ho ancora capito, ad esempio, perchè non si è fatto il secondo passante ferroviario. Tengo a precisare che nell'epoca che tanto si dipinge come quella della Milano da bere, sempre meglio di quella ubriaca e spolpata di questi anni, si sono costruite le linee 2 e 3 della metropolitana, il passante e si era potenziato il trasporto pubblico per chiudere il centro della città, anche con tante pressioni. Io ricordo ancora gli sputi che ricevevo, all'ingresso di Palazzo Marino, perchè volevamo pedonalizzare corso Vittorio Emanuele. Il traffico non bisogna bloccarlo ai confini della città di Milano, ma all'origine. Occorre creare i parcheggi nelle 500 stazioni ferroviarie della Lombardia, organizzare gli orari dei treni, in maniera che siano metropolitani e che servano a portare la gente non solo a lavorare, ma a godere delle attività culturali della città, della sua periferìa o dei comuni dell'hinterland.
Ci vuole anche un governo metropolitano. La Corte Costituzionale ha bocciato la legge Del Rio, che prevedeva che il sindaco di Milano fosse anche il sindaco del consiglio metropolitano, dicendo, giustamente, che non può essere eletto solo da una parte di cittadini. Il sindaco metropolitano deve essere eletto da tutti. Bisogna fare al più presto una norma per l'elezione diretta del sindaco metropolitano, dandogli anche i poteri per l'urbanistica, il verde, l'ambiente. Ci vuole, cioè, un'idea di Milano e dell'area metropolitana, un'idea per il futuro. Su che cosa puntiamo? Sugli uffici e sui centri commerciali? Sulle case di lusso, sugli immobiliaristi del Qatar o del Texas? È questa l'idea che abbiamo della città? O non vogliamo forse pensare a una città che abbia nella cultura, nella formazione, nella ricerca, nell'interscambio con il resto dell'Europa, il suo punto di forza?
Secondo lei, quindi, l'attuale politica non sa ascoltare la città?
Sì, ed è confermato dai dati elettorali. Alle ultime amministrativa sono andati a votare meno cittadini di quanti hanno eletto il sindaco. I cittadini che non hanno votato sono più di quelli che hanno votato. È la prima volta nella storia di Milano. Il sindaco è stato eletto da un cittadino milanese su quattro. C'è proprio una rottura fra i cittadini e l'istituzione. Bisogna affrontarla. Occorre riportare il dibattito nella città, ascoltare le istanze dei cittadini, anche quelle minime che riguardano la manutenzione della città. Una città si contraddistingue anche perchè ha le strade pulite, sicure, ha i parchi puliti. Non si può andare avanti a giustificare tutto con il maltempo.
Molti si domandano se Beppe Sala sia un uomo di sinistra. Lei che risposta dà?
Bella domanda! Rispondo che fuori c'è il sole… ma come fa uno di sinistra a pensare di demolire il Vigorelli, demolire San Siro, vendere tutte le proprietà comunali? Vale a dire un patrimonio accumulato negli anni dai nostri predecessori, svenduto… A che scopo? Se lo vendi, almeno fai delle altre cose. Puoi tu comprare una quota di minoranza per 228 milioni? Altro esempio: si può spendere 300 milioni per rinnovare l'Ortomercato, i Mercati Generali, nel centro della città? In nessuna città del mondo i Mercati Generali stanno in pieno centro, a due chilometri da piazza del Duomo. Oltretutto, senza collegamento ferroviario.
E, oltretutto, con questa menata dell'Area B, dell'Area C, invece di chiudere il centro storico e aumentare i servizi pubblici, con una struttura che ha 4500 passaggi al giorno di mezzi su gomma… E poi mi vieni a fare una questione sull' Area B e C? Ma sa quanto incassa il Comune dall'Area B e dall'Area C? 23 milioni. Una cifra ridicola! Il Comune di Milano incassa di più per il rimborso delle spese postali delle notifiche della vigilanza urbana: 30 milioni all'anno. È una visione semplicemente legata a questi gruppi immobiliari, finanziari, bancari, assicurativi, che costruiscono il disegno di una città che non è quella di Milano. Non sono contrario ai grattacieli, ma sono contrario a cambiare completamente il volto di questa città e al fatto che diventi esattamente uguale a Hong Kong, Chicago, Miami, Macao. Qual è il tratto distintivo di Milano?
Roberto Marelli, attore di teatro, in un'intervista ha affermato che Milano non la riconosce più. Altri sostengono che Milano sia abbandonata un po' a se stessa. Hanno ragione i sostenitori di questi due aspetti?
Io trovo che noi stiamo smarrendo l'identità di Milano e la sua natura. La natura di una città operosa da una parte e solidale dall'altra. Milano ha sempre cercato di risolvere i problemi dell'ingiustizia sociale. Persino la borghesìa milanese si è sempre data da fare per affrontare questo problema. Una volta c'era una visione europea della città. Esisteva una solidarietà civica. Milano non è mai stata una città di destra o di sinistra. È sempre stata una città moderata, progressista, riformista, che ha sempre portato avanti misure che tendevano a risolvere le differenze sociali. E non a creare dei ghetti per i poveri o per gli immigrati. Io sono allibito di fronte a certi atteggiamenti. Non è che tutta l'immigrazione meridionale, ai miei tempi, veniva accolta a braccia aperte. Qualcuno che ha la mia età si ricorderà quando non si affittavano le case ai meridionali. C'era un atteggiamento un po' razzista, ma tutte le forze politiche hanno combattuto questo, per arrivare all'integrazione di chi veniva qui in cerca di lavoro, di un miglioramento della propria condizione di vita. C'era un'attenzione diversa.
Oggi si buttano lì degli slogan. "Riaprire i navigli", lei ha visto qualcosa? Io no. "La città in 15 minuti". Io, che devo fare le visite mediche al Sacco e uso solo i mezzi pubblici, ci metto un'ora e un quarto. Un altro esempio: avevo ancora i calzoni corti quando si parlava di semafori intelligenti. Ora si parla di intelligenza artificiale e abbiamo ancora semafori che non sono asserviti ai mezzi pubblici. E, intanto, si tagliano le linee e si riducono le corse di quelle esistenti. Questa che politica è? È la politica della città in 15 minuti? Come diceva Totò: "Ma mi faccia il piacere…"
Quindi, a trovare adesso un pregio o una virtù di Milano, appare alquanto difficile…
La virtù sta nel fatto che, nel resto d'Italia, è peggio. Questo è il problema. Ma noi non dobbiamo vedere il resto d'Italia. Dobbiamo portare l'Italia in Europa e starci. Con i livelli dei servizi, non con le liste di attesa negli ospedali, con la possibilità di avere davvero la case di comunità per l'assistenza primaria ai cittadini. Poi io chiedo: ma una città che ha il 25 per cento della popolazione anziana, può o no occuparsene? O pensa solo a privatizzare i servizi e a darli al miglior offerente? Io sono ancora arrabbiato per il fatto che sei morti in una casa di riposo, che era un fiore all'occhiello nella città di Milano, sono ancora senza giustizia. E nessuno ne parla più…
L'incendio avvenuto il 6-7 luglio 2023 è come se non fosse mai accaduto. Sei morti, ottanta feriti e nessuno ne parla più. Anzi, il Comune, a marzo, ha rinnovato l'appalto ai privati della casa di riposo. Anche qui, si possono discutere i servizi che si offrono agli anziani? Non sono un peso, hanno contribuito al successo di Milano. Hanno lavorato per più di 40 anni per il bene della città. A loro vogliamo dare qualcosa di più che l'assistenza sanitaria? Non si può pensare all'anziano solo in termini di corpo, ma di mente. Che cosa facciamo per la mente, per tenere in vita questi anziani? Finisco dicendo che per quattro anni tutta la discussione è stata sulla demolizione dello stadio Meazza mentre gli impianti sportivi di base, a Milano, sono in una condizione da terzo mondo.
A proposito dello Stadio di San Siro, la battaglia per ristrutturare il Meazza e continuare a giocare in questo storico impianto sta per essere vinta?
Intanto non c'è l'abbattimento di San Siro e questo è già un risultato importante. San Siro non è solo un bene patrimoniale del Comune di Milano. È un bene storico, culturale, di costume. È anche un simbolo della città. Anche in questo caso, vede, manca una visione. Lo stadio di San Siro è di proprietà del Comune di Milano, in uso ad Inter e Milan. Io rispetto gli interessi di Inter e Milan, ma il Comune dovrebbe avere una visione più aperta. L'anno prossimo aumenterà il numero delle partite. Una città come Milano guarda altre città europee (Siviglia, ad esempio) e vede che lì ci sono due stadi. Vede che a Barcellona, città con cui siamo gemellati, ci sono addirittura tre stadi, di cui uno di proprietà del Comune, gli altri delle due squadre.
Lo fa senza usare il suolo pubblico: a Barcellona hanno recuperato aree industriali dismesse, in una visione di area metropolitana. Mi fa impazzire che non si possa pensare l'idea dello stadio a Sesto San Giovanni, ma vi si può trasferire l'Istituto dei Tumori e il Besta. Senza neanche aumentare i posti letto: rimane tutto così com'è. Questa è la logica del Sindaco. Domanda: cosa volete fare sulle aree di Città Studi? Quanto a San Siro, tutti sapevano che nel 2025 sarebbe ricaduto sotto la legge dei beni culturali e, se non lo sapevano, bisognerebbe licenziarli. Il punto è quello di avere una visione diversa, anche della collocazione dello stadio Meazza. È giusto affidarlo ad un privato (Webuild, ndr) senza una delibera, un bando? Bisognerebbe ascoltare, oltre alle squadre, anche gli organizzatori dei concerti che fanno incassare ad Inter e Milan più di quello che devono pagare al Comune. Poi, vuoi alleggerire la pressione su San Siro? Se aumenta il numero delle partite e dei concerti, dovresti pagare la gente perchè rimanga a vivere in quella zona. Altrimenti diventa una situazione invivibile. Non esci di casa.
Un'ultima domanda. Che cosa dovrà fare il successore di Sala quando sarà eletto?
Io vorrei vedere, il più presto possibile, il Sindaco dell'Area Metropolitana, con poteri sovracomunali. Non si può andare avanti così. Non puoi buttare fuori da Milano i giovani, gli anziani o anche il ceto medio e in più farli pagare per entrare a Milano a lavorare o a fare delle cose, senza dare loro servizi fuori Milano. C'è qualcosa che, profondamente, non va. Bisogna avere una visione di Area Metropolitana, che è stata decisiva per risolvere i problemi delle dismissioni industriali delle aree milanesi. Soprattutto è l'amore per Milano che mi ha fatto dire tutto quello che ho detto in questa intervista. La cosa che tutti gli amministratori si devono mettere in testa è che non esiste attività economica valida, se non c'è cultura. Cultura ed economia devono andare di pari passo.