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La tomba di Dario Fo, giullare e pittore, al cimitero Monumentale: “L’era così vivo de vivo”

Riposano al cimitero Monumentale di Milano le spoglie di Dario Fo, grande drammaturgo premio Nobel per la letteratura. “Giullare e pittore”, si legge sulla lapide che si trova sopra a quella dell’amata moglie Franca Rame nella cripta del Famedio del Monumentale. Su un foglio di carta qualcuno ha scritto un epitaffio: “L’era così vivo, de vivo!”.
A cura di Francesco Loiacono
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La tomba di Dario Fo al Cimitero Monumentale di Milano (Fanpage.it)
La tomba di Dario Fo al Cimitero Monumentale di Milano (Fanpage.it)

Attore, regista, scrittore, intellettuale. Ma anche "giullare e pittore". È in queste ultime due vesti che Dario Fo, premio Nobel morto a Milano nel 2016 all'età di 90 anni, ha voluto essere ricordato dopo la sua scomparsa. "Giullare e pittore" è infatti l'incisione che appare sulla sua tomba al Cimitero Monumentale di Milano, il "museo a cielo aperto" che ospita le spoglie dei milanesi più illustri o di coloro che, pur non essendo milanesi di nascita, hanno contribuito a dare lustro alla città.

Dario Fo, vita di un premio Nobel

Difficile riassumere in poche righe l'esistenza di uno dei più grandi intellettuali italiani e non solo. Nato a Sangiano, piccolo paese del Varesotto, il 24 marzo del 1926, Fo fin da bambino fu immerso nelle storie raccontategli in famiglia e nel paese, che hanno poi avuto molta influenza sulla sua produzione teatrale. Pittore lo è stato per davvero: dopo l'esperienza del fascismo (e la vicenda del suo arruolamento nell'esercito della Repubblica sociale italiana, che negli anni Settanta fu al centro di molte polemiche), si diplomò all'Accademia di Belle arti di Brera. Iniziò poi a lavorare alla Rai come attore, autore di testi televisivi e radiofonici e conduttore. Dalla tv passò al teatro, non quello "borghese" ma quello di strada, recitato in piazze e fabbriche, a contatto con quel popolo per cui il teatro era nato ma dal quale poi si era allontanato. È del 1969 la prima rappresentazione della sua opera forse più famosa e rappresentativa, "Mistero buffo": un monologo in atto unico nel quale Fo recita unendo l'italiano al grammelot, linguaggio che si rifà alla tradizione giullaresca e mischia, con intento parodistico suoni e parole inventate, ma con l'intonazione di idiomi reali. La produzione teatrale di Fo è stata corposa, ha attraversato generi diversi dalla farsa al teatro di impegno civile e politico. Ma è il carattere giullaresco di Fo, che lui ha voluto venisse ricordato sulla sua lapide, ad aver lasciato il segno. Quando il 9 ottobre del 1997 il drammaturgo fu insignito del Premio Nobel per la letteratura, l'Accademia di Svezia motivò così il riconoscimento: "Seguendo la tradizione dei giullari medievali, dileggia il potere restituendo la dignità agli oppressi".

Il fortissimo legame sentimentale e artistico con la moglie Franca Rame

Impossibile scrivere di Dario Fo senza ricordare il suo fortissimo legame, sentimentale ma anche artistico, con Franca Rame. I due si sposarono il 24 giugno 1954 nella basilica di Sant'Ambrogio a Milano e dalla loro relazione nacque il loro unico figlio, Jacopo. Dario Fo è stato sempre accanto alla moglie, dai momenti più bui, come il rapimento e lo stupro ai danni dell'attrice compiuto nel marzo del 1973 da cinque neofascisti, alla morte della consorte, avvenuta il 29 maggio 2013, a poco più di un mese di distanza da un ictus che colpì l'attrice e senatrice della Repubblica. E anche dopo la morte i due coniugi continuano a stare vicini.

Dove trovare la tomba di Dario Fo al Monumentale

Dario Fo morì a Milano il 13 ottobre del 2016. Malato ormai da tempo, si spense all'ospedale Sacco, dove era stato ricoverato dodici giorni prima a causa di problemi polmonari. Ai suoi funerali laici in piazza Duomo, nonostante la pioggia battente, parteciparono migliaia di milanesi.  Il premio Nobel è sepolto nella cripta del Famedio del cimitero Monumentale, il tempio dove si trovano le spoglie dei milanesi più illustri, a partire da Alessandro Manzoni. La tomba di Dario Fo è esattamente sopra a quella della amata moglie. Sulla lapide è stato in seguito attaccato un pezzettino di carta con un epitaffio tratto da un'opera del Ruzzante, che Fo considerava uno dei suoi maestri: "L'era così vivo, de vivo!".

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