La testimonianza della prima donna che ha denunciato la setta della Bestie: “13 anni fa nessuno ha fatto nulla”
Si sono guardati incerti, prima di salutarsi. Non si vedevano da 25 anni. "Come va?", chiede lei. "Bene, considerando la situazione", risponde lui. In verità non potrebbero parlarsi: lei è una testimone e sta per entrare in aula, e lui un imputato. Lei oggi ha più di 50 anni e ha denunciato nel 2010 "la setta delle bestie" di cui lui è accusato di far parte, e da cui lei è uscita perché ha avuto la sensazione che avvenissero abusi sessuali nei confronti di una bambina. Lei, Michela (nome di fantasia) ha fatto parte della setta tra il 1989 e il 1998. Un'avvocato li vede e fa cenno di no col dito: non si possono parlare. Si separano. Ai tempi lei era innamorata di lui.
La "situazione" è il processo contro la psicosetta della Bestie, è lui è Claudio Merli, "Il Messere", che risulta imputato insieme ad altre 25 persone. A capo della psicosetta ci sarebbe stato il guru Gianni Maria Guidi, chiamato "il dottore", "Pontefice" o "Re-bis", morto lo scorso 15 marzo dopo essere stato dichiarato incapace di stare in giudizio. I capi di accusa sono vari, ma tutti gli imputati risultano sospettati di essersi associati nella "setta delle bestie" e di avere commesso violenze sessuali, di gruppo e anche nei confronti di minori. Di avere adescato persone, sottomesso e indottrinato chi faceva parte della setta, fino a ridurlo in schiavitù.
La dottrina celtica, un mondo fiabesco e naturale, libero, in cui vince il più forte (con ammiccamenti all'eugenetica). Di questo si dibatte in questi mesi alla Corte di Assise di Novara, vengono sentite le persone offese e altri testimoni, e al momento sembrano essere confermate le ipotesi dell'accusa, secondo gli avvocati delle vittime. Diversa la sensazione per gli avvocati degli imputati, per i quali si dovrà aspettare con fiducia il giudizio. Il processo è a porte chiuse, questo per rispetto delle vittime, che raccontano con molta fatica di violenze sessuali, anche all'età di 7 anni, e vessazioni psicologiche. I racconti delle vittime sono simili nei dettagli. Stessi i luoghi, stessi gli oggetti utilizzati per le violenze: un frustino particolare per le bambine, un vestitino da mettere durante gli incontri col “Dottore”.
L'udienza dello scorso 18 maggio è importante perché sono convocati alcuni testimoni dell'inchiesta di Milano, avvenuta negli anni tra il 2010 e il 2012. Indagine archiviata a Milano, ma aperta nel 2018 a Novara con denunce diverse ma identici protagonisti. Parte tutto a Milano da Michela (nome di fantasia), che nell'agosto del 2010, dopo essere uscita dalla setta da 12 anni, trova il coraggio di denunciare.
Michela racconta di essere stata adescata dalla sua psicologa Elvira Buonassisi (non più nel gruppo), che le consiglia di frequentare i corsi di danza della scuola "Magica"(ora in liquidazione), per affrontare il lutto del padre. Tra i corsi c'è anche "Spada celtica", dove conosce il maestro Claudio Merli, con cui instaura un rapporto (anche sessuale), e lui la sfida a fare sempre di più fisicamente, fino a rincorrerla con un'accetta.
Gli incontri col gruppo diventano anche orge, vengono coinvolti anche cani negli atti sessuali. Chi racconta queste esperienze sottolinea come non fosse possibile uscirne facilmente, perché per fare parte del gruppo si doveva agire col gruppo. Caratteristiche tipiche di una setta. Michela si sente coccolata e amata all'inizio aiutata anche quando ha difficoltà economiche, anche se poi paga tutti i corsi di danza e le uscite col gruppo con regolarità. Confonde attenzioni e manipolazioni con l'amore che non ha mai veramente conosciuto nella sua infanzia e adolescenza.
Tutto procede fino a quando un giorno intuisce che in quella setta avvengono violenze su una bambina, Giulia. Le sembra di rivivere le violenze e gli abusi della sua infanzia. Decide quindi di uscire dalla setta, ma c'è un riscontro importante: Giulia è la stessa che con la sua denuncia fa partire l'indagine di Novara nel 2018. Nel 2010 scrive Michela nella sua denuncia: "Tra le varie attività che svolgevo c'era anche quella di baby sitter per la figlia di una delle ultime entrate per darle modo di avere delle serate libere, ma quando mi dissero che anche con la bambina di circa 6/7 anni avevano iniziato come in un gioco con il danzare tutte nude e che giocavano con una frusta che non faceva male fatta apposta per lei, accarezzandola nella parti intime… mi sono ribellata".
Dopo la sua denuncia, c'è quella di un'altra donna, nel 2011, sentita anche lei nell'udienza del 18 maggio a Novara. Quest'altra donna non parla di violenze sessuali nei confronti di bambini ma racconta di essere stata violentata dal gruppo e dal Dottore. Lei entra nella setta nel 1992 e ci resta per tre anni. Un giorno di quegli anni sogna un cervo, le adepte senior (che si chiamano mami) ritengono che sia venuto il momento per lei di essere iniziata. Ecco quindi che viene violentata dal dottore e da una delle adepte, (lei gridava “no”) senza preservativo (in anni in cui la diffusione dell'Hiv era all'apice).
Nel 2012 arriva a Milano un'altra segnalazione, anonima, raccolta dal noto psicologo Luigi Zoja, che spiega come una sua paziente sia stata adescata. Resta però una segnalazione anonima, la paziente decide di non venire allo scoperto, e per questo non trova riscontro. Sarebbe stato importante che la donna avesse trovato il coraggio di parlare. Tuttavia, la squadra mobile di Milano nel 2011 aveva identificato la bimba di cui parlava Michela, Giulia.
Giulia era uscita dalla setta proprio nel 2010 all'età di 26 anni: perché, pur essendo stata identificata, le attività di indagine non hanno portato a nessun riscontro? Potrebbe essere stato un riscontro positivo, poiché Giulia usciva dalla setta proprio mentre si svolgevano le indagini, e forse avrebbe potuto raccontare così come ha fatto qualche anno dopo. Questo risulta dagli atti di indagine e ne abbiamo anche conferma da Giulia: nessuno al tempo la contattò per chiederle conto di quelle affermazioni. Questa semplice domanda ancora non ha una risposta: per quanto abbiamo provato a chiederne conto agli inquirenti e agli investigatori di Milano.