La storia di Eleonora: “Io vittima di violenza, ora voglio aiutare le altre donne con la sartoria”

Eleonora Bruno, 32 anni, ha raccontato a Fanpage.it i costanti maltrattamenti da parte dell’ex compagno. Poi la richiesta d’aiuto a un centro antiviolenza, che l’ha aiutata a risollevarsi come donna e come professionista. Oggi, attraverso il lavoro di sartoria, vuole aiutare altre donne come lei.
A cura di Chiara Daffini
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Eleonora Bruno
Eleonora Bruno

La 32enne Eleonora Bruno da poco è riuscita a lasciarsi alle spalle il dramma della violenza domestica, che ha subìto per anni dal suo ex compagno. "Mi insultava, mi picchiava, ma faceva in modo che sentissi di meritarmelo, per lui io ero la pazza, ero io a provocarlo", racconta a Fanpage.it. Dopo questa esperienza, Eleonora ha iniziato una nuova vita, anche sul piano professionale, e ora vuole aiutare le altre donne vittime di violenza.

Eleonora, come è iniziato tutto?
Con il mio ex compagno ci siamo conosciuti nel 2014, eravamo molto giovani e all'inizio la relazione è stata serena. Il campanello d'allarme principale, ripensandoci col senno di poi, era però la violenza anche verso gli oggetti: quando si discuteva, lui lanciava cose, spaccava gli armadi e le porte all'interno della casa.

Come la vivevi?
Purtroppo devo dire che mi sembrava normale, perché il problema è che quando sei è all'interno di un maltrattamento come questo, dove subentra un fattore anche psicologico, vivi tutto come se fosse la normalità. Certo, mi sentivo triste, perché lui mi trattava come se fossi io il problema: ero io a provocare, io ero quella che, a sua detta, si faceva mille paranoie e si inventava le cose: negava anche davanti all'evidenza quando gli facevo notare i suoi comportamenti poco rispettosi nei miei confronti. Per lui io ero ‘pazza'. Mi sentivo demoralizzata, non solo come persona, ma anche come donna.

Quando hai deciso di interrompere la relazione?
A un certo punto, vista la situazione pericolosa per me e per mia figlia, mi sono rifugiata a casa di mia madre. Poco dopo però lui ha iniziato a essere ossessivo nei miei confronti: sono iniziate chiamate tutte le notti e se non rispondevo al telefono chiamava i miei famigliari e i miei amici. Inoltre minacciava il suicidio, giocava sul senso di colpa.

L'hai denunciato?
Sì, ma non è stato facile: mentre ero alla caserma dei carabinieri per formalizzare la denuncia piangevo, perché mi sentivo in colpa. Per me la violenza fisica è gravissima, però, rispetto alla mia esperienza, quella psicologica è stata ancora più devastante, lasciandomi traumi che mi sono portata dietro per molto tempo. E, nonostante tutto, il mio ex compagno è stata una persona che ho amato tantissimo, per questo mi rattrista veramente tanto la situazione che si è venuta a creare, ora non provo nemmeno più rabbia, solo tanta tristezza.

Sono stati presi provvedimenti nei suoi confronti?
Dopo la mia denuncia c'è stata una condanna penale a un anno di reclusione per minacce e stalking. La violenza domestica, sebbene comprovata, non è potuta rientrare fra i capi d'accusa, non avendo fatto io ai tempi accessi al pronto soccorso e non vivendo più sotto lo stesso tetto. Lui poi, non avendo precedenti penali ed essendo la condanna comminata dal Tribunale di Busto Arsizio inferiore ai quattro anni, ha avuto la sospensione condizionale della pena.

Nel frattempo sei riuscita a risollevarti?
Per fortuna sì, mi sono rivolta a un centro antiviolenza, grazie al quale, oltre al supporto psicologico e legale, ho potuto accedere al Progetto Donna per l'inserimento lavorativo delle vittime di violenza. Lavoravo già, ma è stata l'opportunità per entrare in un campo professionale che mi aveva sempre affascinata, quello della moda e della sartoria. Già ai tempi stavo frequentando una scuola nella periferia di Milano, grazie all'aiuto del centro antiviolenza ho iniziato a lavorare in uno show-room, dove sono tutt'ora impiegata. Attraverso la scuola ho potuto portare un mio abito al Festival del cinema di Venezia: per me è stato fondamentale, non per il festival o l'abito in sé, ma perché mi ha ispirato un messaggio molto chiaro: nonostante il percorso sia così ruvido, così duro, si può arrivare comunque da qualche parte.

Questo messaggio adesso lo vuoi trasmettere ad altre donne che stanno vivendo quello che hai passato tu.
Proprio così: ci sono stati momenti in cui mi sono abbattuta, in cui piangevo, ma non ho mollato, sono andata avanti. E la perseveranza è anche quello che sto insegnando a mia figlia e che cerco di trasmettere ad altre donne in situazioni simili a quella che avevo io.

E oggi è proprio queste donne che vuoi aiutare.

Sì, sto mettendo in piedi un progetto per creare una piccola sartoria dove le donne che stanno vivendo un momento così tragico possano lavorare tranquille e conciliare tutti gli impegni personali e familiari, che, in situazioni come quelle delle vittime di violenza di genere, diventano spesso un ostacolo alla realizzazione lavorativa e quindi all'indipendenza economica. Nel mio piccolo, spero di riuscire presto a restituire quanto gli altri hanno dato a me.

Oggi hai scelto anche, in ambito professionale ma non solo, di farti chiamare con un nuovo nome.
Sì, tutti ormai mi chiamano Eleonoire Brunos, che è un misto tra francese e spagnolo e richiama per questo le mie origini: sono nata in Francia da madre peruviana e padre italiano. Lo considero un po' il simbolo della nuova me, rinata dopo tanto dolore.

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