La storia di Diana Pifferi, la bimba abbandonata dalla mamma Alessia e morta di stenti
Diana Pifferi è la piccola di 18 mesi morta di stenti nella sua casa di Ponte Lambro, a Milano. A lasciarla da sola, in un lettino da campeggio, è stata la madre Alessia Pifferi, che l'ha abbandonata per raggiungere il suo compagno a Leffe, comune in provincia di Bergamo. La 38enne è stata condannata all'ergastolo per omicidio volontario aggravato.
La vita privata di Alessia Pifferi e la gravidanza inaspettata
Alessia Pifferi ha divorziato circa tre anni e mezzo fa. Da quel momento, la 38enne è cambiata: più attenta al suo aspetto fisico e soprattutto più attiva sui social. Poco tempo dopo essere rimasta incinta, ha intrapreso una relazione con quello che fino alla morte della piccola Diana era il suo compagno.
La nascita della figlia e l'incognita sull'identità padre di Diana
Alessia Pifferi ha poi partorito la piccola Diana proprio nel bagno di casa che condivideva con il compagno: la bimba, nata prematura, ha trascorso i suoi primi trenta giorni in ospedale a causa di alcuni problemi ai reni.
Alessia Pifferi ha abbandonato la bimba di 18 mesi per il compagno
A metà luglio 2022 Alessia Pifferi ha deciso di raggiungere il compagno a Leffe: a lui ha detto di aver lasciato la piccola con la sorella al mare. Sarebbe dovuta rientrare subito dopo il weekend, ma poi ha deciso di prolungare la sua permanenza a casa del compagno. In quei sei giorni Pifferi è tornata a Milano, ma non è mai passata da casa: ha raccontato di essere stata intenzionata a farlo, ma di aver cambiato idea dopo una discussione avuta con l'uomo. Forse, se fosse passata dall'appartamento, la piccola Diana sarebbe ancora viva.
In quella stessa settimana, Alessia Pifferi è stata avvistata insieme al compagno alla sagra estiva del paese: alcuni cittadini hanno raccontato di averli visti per i bar e i mercatini e che Pifferi fosse serena: "Si divertiva".
Chi è Mario Angelo D'Ambrosio, l'ex compagno di Alessia Pifferi
Il compagno era Mario Angelo D'Ambrosio: l'uomo è un elettricista di 58 anni, originario di Leffe. Agli investigatori ha raccontato che la loro relazione era iniziata nel 2020 per poi concludersi a gennaio 2021 e infine ricominciare a inizio giugno. L'uomo ha raccontato di non aver mai chiesto a Pifferi di non portare con sé la piccola. Anzi, quando chiedeva il perché non venissero insieme, la donna rispondeva che così "poteva respirare e sentirsi più libera" e che la figlia stava sempre con la sorella.
Al momento del ritrovamento del corpo, la 38enne ha chiamato D'Ambrosio. A lui ha detto che Diana era morta: "Cosa hai fatto? La baby sitter l'hai sentita?", ha immediatamente chiesto l'uomo.
Le cause del decesso: la morte di stenti
La piccola è stata trovata da Alessia Pifferi su un lettino da campeggio ormai morta. È stata la stessa donna a chiamare i soccorsi, ma per lei non c'era nulla da fare. Accanto a lei, c'era un biberon. In cucina, gli investigatori della Squadra mobile di Milano hanno trovato un flaconcino di ansiolitici che Alessia Pifferi ha detto di essere di un suo ex compagno.
L'autopsia ha confermato la morte per fame e sete
L'autopsia ha sostenuto che il cuore di Diana ha smesso di battere a causa di un deterioramento dovuto all'assenza di cibo e acqua. Nello stomaco della piccola sono stati trovati resti di un materiale identico a quello trovato sotto al cuscino poggiato sul lettino in cui si trovava la bambina. La bambina potrebbe quindi aver preso a morsi il cuscino, forse nel tentativo di sfamarsi.
I funerali della piccola Diana, Pifferi: "Voglio andare"
La vicenda ha sconvolto non solo la città di Milano, ma tutta Italia. Pur avendo lasciato la bimba morire, la donna aveva detto agli investigatori di essere "una buona mamma". Dal carcere aveva anche espresso l'intenzione di partecipare ai funerali della figlia. Il 29 luglio 2022 si sono svolti i funerali della bambina a San Giuliano Milanese dove erano pesenti la nonna e anche la zia.
Le reazioni della mamma di Alessia e il silenzio del compagno
Proprio la nonna, durante il funerale, si è appoggiata alla bara della nipotina è ha detto di non averla mai abbandonata: "È tua madre che è una pazza". Sempre la nonna ha raccontato che Alessia Pifferi negli ultimi quindici giorni non rispondeva mai al telefono, era sempre di corsa: "Quando era via non chiamava quasi mai, ma io credevo avesse sempre la bimba con sé",
Nessuna notizia invece del compagno della donna: l‘uomo avrebbe spento il cellulare dal giorno dell'arresto di Alessia Pifferi. Nemmeno l'avvocata della donna riuscirebbe a contattarlo: "Le ho dovuto spiegare che è normalissimo che lui non abbia voglia di parlare con lei" ha detto a Fanpage.it.
Il processo ad Alessia Pifferi
Durante il processo, la difesa della 38enne ha sostenuto che la donna soffrisse di un deficit cognitivo. Una tesi sostenuta da alcuni test effettuati dai consulenti di parte e dalle psicologhe del carcere San Vittore. E proprio su questi test, la Procura di Milano ha aperto un'indagine parallela che vede indagate quattro dottoresse e l'avvocata Alessia Pontenani. Per sciogliere questo dubbio, la Corte ha disposto una perizia super partes condotta dallo psichiatra forense Elvezio Pirfo.
A conclusione dei test, è stato sostenuto che la donna fosse capace di intendere e di volere al momento dei fatti. La legale di Pifferi, nelle udienze successive, ha affermato di aver trovato alcuni documenti scolastici che dimostrano che la sua cliente abbia un disturbo tale, per cui da bimba avrebbero potuto richiedere il riconoscimento della legge 104. Nonostante questo, la Corte ha deciso di non disporre una nuova perizia.
Durante una delle ultime udienze, la 38enne ha reso una dichiarazione spontanea in cui ha ripercorso la sua infanzia e spiegato: "Voglio ribadire davanti a tutta Italia che io non ho mai pensato, mai premeditato, che potesse accadere una cosa così orribile a mia figlia. Non mi è mai balzato per la testa di ammazzare mia figlia, assolutamente signor giudice".
Il processo e la condanna all'ergastolo per omicidio volontario aggravato
Alessia Pifferi è stata condannata all'ergastolo per omicidio volontario aggravato dalla Corte d'Assise di Milano. I giudici hanno escluso l'aggravante della premeditazione. Subito dopo la sentenza, stando a quanto affermato dalla legale Alessia Pontenani, Pifferi ha avuto due malori: uno dopo la lettura del dispositivo e un altro nella notte in carcere. L'avvocata ha inoltre subito minacce e insulti.
Lo sciopero della fame in carcere
A pochi giorni dalla sentenza di primo grado la 39enne di Ponte Lambro, reclusa nel carcere di San Vittore a Milano, ha accusato un malore all'interno della cella. "Non esce nemmeno all'ora d'aria per timore di ritorsioni delle altre detenute, è già stata aggredita", ha raccontato a Fanpage.it Alessandra Bramante, psicologa che attualmente sta seguendo Alessia Pifferi. "Sta affrontando un momento depressivo, si lascia andare e rifiuta il cibo", le sue parole. "Non c'è intenzione di strumentalizzare, o di fare un vero e proprio sciopero della fame".