La storia dell’omicidio di Giulia Tramontano: dalla scomparsa della ragazza al processo a Impagnatiello
Hanno collaborato Ilaria Quattrone e Giorgia Venturini
Prosegue il processo per Alessandro Impagnatiello, accusa di aver ucciso la sera del 27 maggio con 37 coltellate la sua compagna incinta al settimo mese Giulia Tramontano: per mesi il barman 30enne aveva tentato di avvelenarla senza riuscirci, così come aveva provato a bruciare il cadavere della ragazza dopo averla assassinata. Davanti ai giudici della Corte d’assise del Tribunale di Milano si è tenuta la terza udienza in cui hanno testimoniato l'altra ragazza di Impagnatiello, ovvero la collega con cui aveva una relazione parallela, la madre di Giulia e la madre e il fratello dell'imputato. Al momento il 30enne si è sempre presentato a tutte le udienze.
La scomparsa di Giulia Tramontano
Giulia Tramontano aveva 29 anni e viveva a Senago, provincia di Milano, dove si era trasferita anni prima dalla provincia di Napoli. Conviveva con il fidanzato Alessandro Impagnatiello, 30 anni, barman all'Armani Cafè in Montenapoleone: la coppia aspettava un figlio, che avrebbe voluto chiamare Thiago e che sarebbe dovuto nascere durante l'estate.
Alessandro, però, domenica 28 maggio si è presentato dai Carabinieri di Senago per denunciare la scomparsa della compagna incinta. Era accompagnato dalla mamma e ha raccontato ai militari di non avere più notizie della 29enne dalla sera prima: i due hanno litigato pesantemente, e la giovane si è allontanata con documenti, bancomat e contanti in mano. Il telefono è spento. L'ultimo messaggio risale alle 22 circa: "Vado a riposare", scrive alla madre Loredana.
Il fidanzato ha raccontato di non averla ritrovata al suo risveglio la mattina seguente e di essere comunque andato a lavorare in centro a Milano. Al suo ritorno ha deciso di recarsi in caserma dopo le sollecitazioni della famiglia e dei genitori di Giulia da Sant'Antimo (Napoli), preoccupatissimi per la sua improvvisa scomparsa.
Le ricerche e i primi sospetti su Impagantiello
Le ricerche degli inquirenti, fin dai primi momenti, si sono concentrate sulle campagne del Milanese più che in stazioni o aeroporti. Non convinceva del tutto il racconto del compagno, pieno di contraddizioni e stranezze: non si è esclusa nessuna ipotesi, ma la pista privilegiata è sempre stata quella del femminicidio.
Il 31 maggio, dopo che i Carabinieri hanno fatto irruzione nell'appartamento al primo piano di via Novella, Alessandro Impagnatiello è stato ufficialmente iscritto nel registro degli indagati. L'accusa era quella di omicidio volontario aggravato, soppressione di cadavere e interruzione di gravidanza non consensuale. Nel salotto e nella Volkswagen gli investigatori hanno trovato tracce di sangue e quindi hanno deciso di mettere alle strette Impagnatiello. Quella stessa sera il 30enne è crollatevi e ha confessato il delitto.
La confessione di Alessandro Impagnatiello
Il giovane ha dato la sua versione dei fatti. Ha raccontato di aver litigato con la compagna dopo che lei aveva scoperto dell'esistenza di un'altra donna, una collega di lavoro del bar con cui la stessa Giulia aveva appena avuto un incontro chiarificatore. Giulia era rincasa nella serata di sabato 27 maggio, "rassegnata".
Secondo il barman, i due hanno discusso "con toni normali" e poi, mentre Alessandro mangiava una piadina, Giulia ha iniziato a ferirsi con un grosso coltello da cucina. Da lì, la situazione sarebbe degenerata. "Arrivato vicino a lei, per non farla soffrire le ho inferto anche io tre o quattro colpi all'altezza del collo", ha raccontato ai carabinieri.
"L'ho uccisa, ma non avevo un reale motivo", ha spiegato al gip, che nella convalida del fermo del 30enne ha escluso però due delle quattro aggravanti contestate dalla procuratrice aggiunta Letizia Mannella e dalla pm Alessia Menegazzo: crudeltà e premeditazione."Ero stressato per quella situazione, aveva scoperto la mia doppia vita", ha dichiarato l'indagato.
Il ritrovamento del corpo di Giulia Tramontano
Il barman, a quel punto, ha finalmente dato indicazioni su dove trovare il corpo martoriato della fidanzata. È stato gettato nell'intercapedine tra due garage in un parcheggio condominiale di Senago, a due passi dall'appartamento di via Novella dove è avvenuto l'omicidio. La 29enne era avvolta in un sacco nero e coperta da alcuni teli.
La dinamica dell'omicidio
Sulla base di quanto scoperto dagli inquirenti, quando Giulia Tramontano avrebbe varcato la porta di casa sarebbe stata colpita da Alessandro Impagnatiello alle spalle. Il compagno le avrebbe dato 37 coltellate: "Nove prima di morire e 28 quando era già morta", ha scritto la giudice per le indagini preliminari Angela Minerva. Dopo averla uccisa, il barman trentenne si è attivato per nascondere il cadavere.
Gli investigatori sostengono che avrebbe provato a darle fuoco nella vasca da bagno: su tutto il corpo infatti sono stati trovati segni di bruciature. Poi le avrebbe trasportato in garage trascinandolo in piena notte per le scale del palazzo. Qui rimarrà chiuso per almeno due giorni, quando poi il 30enne lo trasporterà nel bagagliaio della Volkswagen per poi abbandonarlo tra le sterpaglie.
L’altra donna di Impagnatiello
Poco prima di morire, Giulia Tramontano aveva incontrato la donna con cui il compagno aveva una relazione. Si tratta di una collega di lavoro, una giovane italo-inglese di 23 anni. È stata lei a telefonare all'agente immobiliare campana: le due ragazze si sono incontrate e la 23enne le ha raccontato di aver avuto una relazione con Impagnatiello.
Le ha spiegato di averlo conosciuto nel giugno 2022: sapeva che fosse fidanzato, ma poi lui le avrebbe detto di essersi lasciato. Nel dicembre del 2020 anche la 23enne è rimasta incinta, ma di comune "accordo con Alessandro" ha interrotto la gravidanza. I due hanno continuato incontrarsi e lui è riuscito a nascondere ogni traccia della fidanzata. La 23enne però ha trovato nell'iPad di lui il numero di Giulia e ha deciso così di chiamarla. Dopo aver parlato, le due hanno iniziato a scambiarsi qualche messaggio.
A un certo punto però, Tramontano avrebbe iniziato a risponderle con un tono insolito e la 23enne si sarebbe insospettita: si scoprirà che probabilmente è stato il barman trentenne a scriverle con il cellulare della 29enne. Quella notte, Impagnatiello – dopo aver ucciso la compagna – si è presentato sotto casa della giovane collega e ha iniziato a citofonarle: "È salito e gli ho parlato attraverso le sbarre della finestra del ballatoio", racconta la 23enne, "insisteva perché io lo facessi entrare, ma non ho voluto perché avevo paura. Non sapevo che fine avesse fatto Giulia e di cosa fosse capace lui".
Le analisi in casa e nel garage
Durante i rilievi svolti dai Ris di Parma, sono state trovate diverse macchie di sangue sulle pareti dell'abitazione di Senago. Sono state individuate in salotto e in cucina. Nell'appartamento è stato anche trovato un carrellino portapacchi, acquistato dopo l'omicidio, che sarebbe stato utilizzato per spostare il corpo. È stato anche trovato un rotolo di cellophone. Gli accertamenti sono stati svolti anche nel garage.
Un vicino di casa aveva raccontato agli inquirenti di aver trovato cenere tra le cantine e il box: Impagnatiello ha, infatti, provato a dare fuoco per due volte al corpo di Tramontano prima nella vasca da bagno e poi nel garage.
Il ritrovamento dell’arma del delitto
Durante gli accertamenti nella casa di Senago, i carabinieri hanno sequestrato un ceppo di coltelli che si trovava sul forno in cucina. Tra questi, c'era l'arma del delitto. A indicare dove fosse è stato lo stesso Impagnatiello. Oltre a quello, è stata sequestrata una tanica di benzina che l'uomo avrebbe usato per dare fuoco al cadavere.
Cosa svelano le ricerche Google di Impagnatiello
Con il passare dei giorni, gli inquirenti hanno cercato di risalire alle ore prima dell'omicidio. Hanno subito analizzato la cronologia Google sul suo computer e sul suo cellulare. Quello cercato nel motore di ricerca è tra gli elementi che hanno permesso il riconoscimento dell'aggravante della premeditazione.
Come si legge dalla carte della Procura, "significative sono le ricerche effettuate sabato 27, poco prima, giova sottolinearlo, che Giulia tornasse a casa a seguito dell'incontro" con l'altra donna di Impagnatiello. Poche ore prima di incontrare Giulia Tramontano per l'ultima volta, il trentenne ha digitato sulla tastiera le seguenti parole: "Ceramica bruciata vasca da bagno".
Forse il ragazzo stava cercando online i particolari su come sbarazzarsi del corpo della compagna e come pulire poi tutta casa? Questo punto sicuramente sarà da chiarire durante il processo.
Due giorni dopo l'omicidio, Impagnatiello avrebbe cercato sul web: "ragazza ritrovata dopo 23 anni"; "scomparsa allontanamento volontario"; "Giulia Tramontano"; "ceramica bruciata"; "valigie vecchie"; "24 ore scomparsa" e "giornalisti fuori casa". E ancora: tra le ricerche precedenti c'era anche "come avvelenare una donna incinta" e "come avvelenare un feto", cosa che avrebbe fatto a Giulia Tramontano i giorni prima l'omicidio.
Tra le ricerche che hanno suscitato più sospetti c'è anche quella di "Alberto Stasi Bollate": il 30enne ha cercato informazioni sul ragazzo rinchiuso nel carcere di Bollate dal dicembre 2015 con l'accusa di aver ucciso il 13 agosto del 2007 a Garlasco la fidanzata Chiara Poggi.
Cosa è stato scoperto nelle chat di Impagnatiello
Anche il cellulare dell'imputato ha svelato particolari che potranno essere utile in Tribunale. Tra i messaggi analizzati gli ultimi scambiati con Giulia Tramontano. La ragazza aveva provato a lasciarlo. I giorni precedenti la sua morte gli aveva scritto: "Non sono felice e vorrei ritrovare la mia tranquillità. Basta, accetta la mia decisione. Non voglio più stare al fianco della persona sbagliata".
Il 25 maggio aveva scritto all'ex compagno: "Non voglio più che tu sia il mio compagno, così da non aspettarmi più nulla e trovare la mia pace. Condividiamo una casa finché sarà necessario". E ancora: "Io non voglio più combattere e vivere una vita non soddisfatta al fianco della persona sbagliata". Il 27 maggio si sono rivisti a casa, dopo che Giulia Tramontano ha incontrato l'altra ragazza. Poche ore dopo Impagnatiello ha accoltellato la compagna.
Al vaglio degli inquirenti ci sono stati anche i messaggi che Alessandro Impagnatiello aveva scritto per depistare le indagini. Quattro giorni dopo averla uccisa a coltellate, ha scritto: "Tata, batti un colpo". Aveva così lasciato intendere che Giulia si fosse allontanata di sua spontanea volontà, come aveva denunciato alle forze dell'ordine.
Ha cercato di depistare le indagini, si è mostrato preoccupato. Ma Impagnatiello tutto era tranne che in ansia per la compagna. Subito dopo l'omicidio ha scritto alla sua amante dicendo: "Se n'è andata, adesso sono libero". La giovane però aveva percepito che qualcosa non tornasse: avrebbe infatti chiesto più volte a Impagnatiello di mostrarle in video chiamata la compagna, ma si sarebbe sempre rifiutato, inventando ogni volta una scusa diversa.
Le ipotesi di avvelenamento con il pesticida per topi
Intanto che cercava di depistare le indagini, Impagnatiello ha provato a sbarazzarsi del pesticida per topi che – secondo l'accusa – avrebbe fatto ingerire più volte alla compagna. Gli inquirenti avevano infatti trovato una boccetta di veleno per topi a base di bromadiolone nel suo zainetto, ma il ragazzo aveva spiegato loro che gli serviva per debellare i topi nel lussuoso bar dell'Armani Hotel in cui lavorava.
I risultati dagli esami confermerebbero però quanto sostenuto dagli inquirenti: questi sarebbero stati confermati anche da alcuni messaggi che negli ultimi mesi Giulia inviava alle amiche e ai familiari. Scriveva di sentirsi "come drogata". Alla madre una volta ha spiegato che l'acqua che beveva sembrava sapesse di ammoniaca, la mamma così le ha subito suggerito di buttarla.
Secondo quanto emerso dagli esami dei medici legali non è però chiaro quanta sia stata la dose di veleno – che Impagnatiello comprava online sotto falso nome – somministrata a Giulia: secondo i medici, il veleno sarebbe stato somministrato o in poche dosi con però quantità di veleno non ridotte, o più dosi in più piccole quantità. Certo è che le tracce di veleno erano presenti sia nel corpo della donna che nel feto.
Cosa ha svelato l'autopsia sul corpo di Giulia Tramontano
A confermare l'ipotesi di avvelenamento è stata anche l'autopsia. I medici legali hanno confermato che il veleno era presente nel sangue della ragazza e in quello del feto. Gli esami hanno svelato anche che Giulia Tramontano era stata colpita con almeno 37 coltellate, due fatali alla gola: una ha reciso la carotide e l'altra la succlavia, l'arteria sotto la clavicola.
I medici avevano svelato che le ferite si erano concentrate sulla parte alta del corpo e non era stato quindi colpito il feto. E ancora: le ferite parrebbero compatibili con il coltello indicato dal compagno una volta che ha confessato. Dagli esami dell'autopsia è emerso che Giulia non ha avuto il tempo di difendersi anche perché era stata colpita alle spalle: i segni sulle braccia avrebbero dimostrato però aveva tentato di evitare le coltellate senza purtroppo riuscirci.
Il processo per il femminicidio di Giulia Tramontano ad Alessandro Impagnatiello
Al momento si sono tenute tre udienze del processo davanti alla Corte d'Assise di Milano: Alessandro Impagnatiello si sta difendendo dall'accusa di omicidio volontario aggravato e dai reati di occultamento di cadavere e interruzione di gravidanza non consensuale.
L'imputato è a processo dopo che gli sono state riconosciute tutte le quattro aggravanti contestate dalla pm Alessia Mengazzo e dall'aggiunta Letizia Mannella: ovvero crudeltà, vincolo della convivenza, futili motivi e soprattutto premeditazione, inizialmente esclusa nell'ordinanza di convalida del fermo. Il 30enne è a processo con giudizio immediato. rischia l'ergastolo.
Nelle prossime udienze verranno sentite la sorella di Giulia Tramontano e i teste della difesa che si concentrerà sull'aspetto psicologico dell'imputato: in aula chiamati dagli avvocati difensori potranno presentarsi psicologi e psichiatri chiamati dagli avvocati dell'imputato e altri consulenti della famiglia della vittima. Tutto ora sarà da confermare in fase dibattimentale, in attesa della sentenza dei giudici della Corte d'Assise.
La seconda udienza del processo: le foto del corpo di Giulia in aula
La seconda udienza si era tenuta lo scorso 12 febbraio: erano stati sentiti i testimoni convocati dalla Procura tra inquirenti, vicini di casa e addetti alle pulizie. "La sera del 27 maggio Alessandro Impagnatiello ha arrotolato il tappeto e coperto il divano prima dell'aggressione verso Giulia, come se avesse preparato la scena", hanno raccontato in aula i Carabinieri della squadra Omicidi che hanno seguito la prima fase delle indagini.
"L'appartamento era in perfetto ordine, con le sedie appoggiate sul tavolo come se qualcuno avesse appena pulito. Lui ha detto che a farlo era stata Giulia". Il comandante dei carabinieri di Senago Antonio Caretti spiega di aver sentito un fortissimo odore di benzina dentro l’auto e nello zainetto del giovane.Mentre l'addetto delle pulizie del condominio di via Novella racconta alla Corte di aver visto il giovane pulire forsennatamente le scale del palazzo e il box, tra il 27 e il 31 maggio.
Nel mentre, per qualche secondo, sono state mostrate le immagini del corpo straziato di Giulia Tramontano: il fidanzato, dopo averla uccisa, ha cercato di dar fuoco ai resti. Impagnatiello è scoppiato a piangere, ed è rimasto per tutta la durata del processo con il volto nascosto tra le mani.
L'altra donna di Impagnatiello teste della terza udienza: "A Giulia dicevo di salvarsi"
La terza udienza si è tenuta giovedì 7 marzo. L'accusa ha interrogato diversi teste: il fratello e la madre di Alessandro Impagnatiello e la madre di Giulia Tramontano. La prima a salire nella mattinata sul banco dei testimoni è stata la ragazza con cui l'imputato aveva una storia parallela. La 23enne A. C. ha raccontato le bugie che le raccontava il ragazzo: dal test di paternità falso che le aveva mostrato alla conferma della fine della relazione con Giulia.
"Mi aveva detto che lei era rimasta incinta ed era sola e aveva minacciato di farsi del male – ha raccontato la ragazza davanti ai giudici – Lui si era presentato con il test di dna che dimostrava che non era lui il padre, così gli avevo creduto". Qualche settimana dopo poi aveva scoperto tutto: aveva chiesto a Giulia di vedersi il 27 maggio, il giorno dell'omicidio. Così è stato. Subito dopo il loro incontro A. C. le aveva scritto un messaggio: "Ti prego salvati appena puoi. Ora voglio e devo salvare te e il tuo bimbo". Davanti ai giudici della Corte d'Assise di Milano la teste ha spiegato: "Volevo salvarla da una persona che non era onesta".
Nel messaggio proiettato anche in aula del Tribunale la ragazza scriveva così Giulia: "Proteggi te e tuo figlio. Se avessi scelto di tenere il mio bambino sarei nella stessa situazione tua. Lui avrebbe avuto due figli nello stesso periodo: da una parte il mio bambino lo volevo tenere e ogni giorno ci soffro ancora per l’aborto. Per quello adesso voglio e devo salvare te e il tuo".
Il video del gender reveal per Thiago: lui sembrava felice ma avvelenava già Giulia
Nella terza udienza del processo in aula è stato proiettato anche il video della festa del gender reveal del bambino di Giulia Tramontano e Impagnatiello. La coppia il 17 marzo 2023 avevano annunciato con i parenti di lei collegati in videochiamata da Napoli e con i parenti di lui in presenza che il bimbo che stavano aspettando era maschio: nel video si vede il momento felice di festa in cui la coppia ha bucato un palloncino e svelato così il sesso del piccolo.
Giovanni Cacciapuoti, il legale che assiste la famiglia Tramontano, in un'intervista a Fanpage.it aveva affermato come in quelle ore Impagnatiello "simulava felicità, abbracciava amici e parenti". Tuttavia, aveva ribadito l'avvocato, "abbiamo certezza che nelle stesse ore, di nascosto, stesse tentando di avvelenare la compagna e il suo bambino".
Già a dicembre 2022, infatti, Tramontano scriveva a sua mamma di sentire "un gran bruciore allo stomaco". Anche a Impagnatiello diceva di non sentirsi bene: "Mi sento senza forze", gli diceva. Da quanto emerso dalle indagini, la causa di quel malessere era da ricondurre alle dosi di veleno per topi che Impagnatiello le somministrava di nascosto.