La siccità asciuga le risaie, i produttori a Fanpage.it: “Triplicherà il prezzo del riso”
Fabrizio Rizzotti cammina nel campo coltivato a riso che forse per la prima volta da sette generazioni a questa parte non produrrà nulla: "Il terreno è completamente secco, neanche una spiga, il riso è morto" spiega l'agricoltore a Fanpage, "noi perdiamo il 70 per cento della produzione" che equivarrebbe a 300mila euro di perdite mentre i costi di produzione sono saliti vertiginosamente a causa dei prezzi di carburante e fertilizzanti.
Sono 170 ettari di terreno buttati e il confronto con il raccolto precedente è impietoso. L'anno scorso gli stessi campi erano "bellissimi" racconta Rizzotti, "questa è una zona da riso, sei tra Vercelli e Pavia, qui è il cuore della risicoltura, bastano 10-15 centimetri di acqua per coltivare, il riso è una pianta acquatica" e difatti la mancanza di pioggia e di acqua assicurata dai canali e dalle rogge è stata devastante.
"Qui abbiamo salvato il riso"
Spostandoci di qualche minuto in macchina, Rizzotti ci porta invece sui terreni dove il raccolto è salvo: qui, anche grazie ai canali di irrigazione, il riso è cresciuto, le spighe sono alte e piene di riso: "è come dovrebbe essere" ci dice mentre entra a piedi scalzi nel terreno per farci vedere come l'acqua sia su tutto l'appezzamento che risparmierà il rinomato riso Carnaroli classico.
"Perderò più di 300mila euro, quest'anno per noi è la tempesta perfetta: sono triplicati i costi di produzioni con un raccolto inferiore del 70 per cento" e la sensazione è che, considerando che stiamo vedendo forse per la prima volta in maniera inequivocabile gli effetti del riscaldamento climatico, raccolti scarsi saranno una costante.
La siccità ha colpito duro in una zona dove esce il 90 per cento del riso prodotto in Italia e le conseguenze non sono solo economiche: "Viene stravolto un clima e delle tradizioni che si sono create nei secoli, non è che uno dice ok non faccio più il riso, qui ci sono degli animali, della fauna e delle piante che sono uniche al mondo".
Mentre rientriamo nella cascina dell'azienda di famiglia, Rizzotti ci mostra i macchinari di inizio Novecento che ha acquistato e rimesso a posto per continuare la lavorazione a pietra, fondamentale per il riso che produce. L'orgoglio e la passione per quello che fa sono alla base del suo lavoro quotidiano: "Sono la settima generazione che coltiva riso, mio figlio l'ottava". La speranza è che ci sia anche una nona generazione.