La Procura generale di Milano dice “no” all’estradizione di Gabriele Marchesi: “Dall’Ungheria risposte insufficienti”
Gabriele Marchesi non deve essere consegnato all'Ungheria. È la richiesta che la Procura generale di Milano ha inoltrato alla Corte d'appello milanese chiamata a esprimersi sulla richiesta di estradizione a Budapest. Il 23enne, presente in aula, è attualmente agli arresti domiciliari in Italia per mandato d'arresto europeo. Marchesi, come Ilaria Salis, è accusato di lesioni aggravate su due nazisti che avrebbero procurato durante il ‘Giorno dell'onore' che l'11 febbraio 2023 si stava celebrando nella capitale ungherese.
Le risposte insufficienti dell'Ungheria
Il sostituto procuratore generale Giulio Benedetti ha sostenuto, davanti al collegio Fagnoni-Caramellino-Ravera della quinta sezione penale della Corte d'appello di Milano, che le risposte arrivate dalle autorità di Budapest per garantire che "non vengano violati i diritti fondamentali della persona" siano insufficienti rispetto ai temi "della salute e dei trattamenti igienici" in cella, oltre a non essere in grado di "prevedere in quale carcere sarà detenuto Marchesi". Contro la consegna del 23enne si era espresso nei giorni scorsi anche il sostituto procuratore generale di Milano Cuno Tarfusser che in un'intervista a Fanpage.it aveva sottolineato la "evidente sproporzione tra il fatto che è accusato di aver commesso e la sanzione che gli verrebbe inflitta in caso di condanna".
Marchesi, così come Salis, è accusato di aver procurato lesioni guaribili in 5 e 8 giorni a due neonazisti. I due italiani rischiano una pena che può arrivare fino a 16 anni di carcere. Considerando lo stato di detenzione dell'insegnante monzese 39enne, i giudici della Corte d'appello di Milano avevano posto nove quesiti alle autorità ungheresi per poter decidere in merito all'estradizione chiesta per Marchesi.
"Esecuzione mandato d'arresto può essere una violazione della Cedu"
Le risposte che sono arrivate, però, si sono rivelate in contrasto con la giurisprudenza sui mandati d'arresto europei. È stato stabilito, infatti, che uno Stato per consegnare un indagato ad un altro necessita di "specifiche informazioni individualizzate sulle caratteristiche del regime detentivo". Queste, però, non sarebbero state soddisfatte.
"Ci troviamo in questa udienza perché sorto un dubbio concreto che l'esecuzione del mandato d'arresto europeo possa portare a una violazione all'art 3 della Cedu (Corte europea per i diritti dell'uomo, ndr)", hanno affermato in aula gli avvocati Mauro Straini e Eugenio Losco: "I due documenti con le risposte ai chiarimenti della Corte non solo sono insufficienti, ma alcune richieste non hanno ottenuto neanche una risposta anzi si sono rifiutati di rispondere con toni sprezzanti". I due legali, che difendono anche Ilaria Salis in Italia, hanno parlato anche delle immagini dell'insegnante 39enne che lo scorso 29 gennaio è stata fatta entrare in aula con le catene e il guinzaglio: "Quello che è successo a Ilaria è un trattamento noto e sistematico e denunciato da vari report. Tutti i trattenuti sono portati incatenati ai processi e tenuti al guinzaglio dal personale della polizia penitenziaria".