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“La pista da bob a Cortina sarebbe devastante per l’ambiente”: la denuncia del docente del Politecnico

La gara d’appalto per la costruzione della pista da bob di Milano-Cortina 2026 è andata deserta per la seconda volta. Le aziende non partecipano perché l’opera richiede costi enormi e tempi brevissimi. Per Paolo Pileri, docente di Pianificazione territoriale e ambientale al Politecnico di Milano, si tratta di un’opera “inutile e devastante per l’ambiente” e tutte le opere previste per le Olimpiadi invernali 2026 “sono uno sfascio globale dal punto di vista dell’impatto ambientale ed ecologico”.
Intervista a Paolo Pileri
Docente di pianificazione territoriale-ambientale al Politecnico di Milano e autore del libro L'intelligenza del suolo.
A cura di Sara Tirrito
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Immagine di repertorio
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Giovedì 21 settembre la Società infrastrutture Milano Cortina (Simico) ha pubblicato per la terza volta l'avviso di gara per la realizzazione della pista da bob per le olimpiadi di Milano Cortina 2026. Mercoledì 20 settembre infatti scadeva il termine ultimo per la partecipazione alla precedente asta ed era atteso in serata il nome del costruttore che avrebbe costruito l'opera, ma nessun imprenditore si è presentato. È la seconda gara che va deserta, la prima era già stata pubblicata a vuoto lo scorso luglio. A scoraggiare le aziende sono i costi enormi e i tempi brevissimi entro cui portare a termine l'incarico. La pista prevede una spesa complessiva di 124 milioni di euro e a usarla, dopo le olimpiadi, sarebbero al massimo in 35, tanti sono gli atleti che in Italia praticano bob e slittino. Dovrebbe essere pronta entro metà novembre 2024, collaudata e finita entro novembre 2025.

Da tempo gli ambientalisti si oppongono all'impianto perché troppo oneroso e impattante. Il 13 settembre scorso, le associazioni coinvolte nel progetto dalla Fondazione Milano Cortina 2026 hanno abbandonato il tavolo di confronto perché non c'erano punti di incontro. Domenica 24 settembre a Cortina d'Ampezzo si terrà una manifestazione di protesta. Diversi intellettuali e personaggi pubblici hanno aderito alla causa, tra cui lo scrittore Paolo Cognetti, il divulgatore Alex Bellini, l'etnobotanica Benedetta Gori, l'atleta Martina Valmassoi.

Chi si oppone alla sua costruzione sostiene che per le Olimpiadi invernali 2026 si potrebbe usare la pista da bob di Innsbruck, che esiste già. Andrebbe ristrutturata e per farlo servirebbero circa 15-20 milioni di euro. Gli austriaci si sono già detti disponibili a concederla in prestito ma il Coni ha sempre rifiutato di volerla usare. Una settimana fa il presidente Giovanni Malagò per la prima volta ha ammesso che ci siano diverse "criticità" per la costruzione dell'impianto a Cortina, ma non sembra voler comunque cambiare rotta.

Come ha spiegato a Fanpage.it Paolo Pileri, docente di pianificazione territoriale-ambientale al Politecnico di Milano e autore del libro L'intelligenza del suolo, il problema non è solo economico, ma anche di impatto sull'ambiente e di spreco delle risorse: "È un impianto devastante che non va costruito", ha detto. Le Olimpiadi 2026 sono state presentate come le prime a impatto zero sull'ambiente, ma – per il docente – tutte le opere previste per Milano-Cortina "sono uno sfascio globale dal punto di vista dell'impatto ambientale ed ecologico".

Da tempo si è esposto contro la costruzione della pista da bob per le Olimpiadi di Milano-Cortina 2026, perché?

Stiamo parlando di un impianto devastante. Andrà a impattare sulla morfologia del territorio, sul taglio degli alberi, sui costi energetici necessari alla refrigerazione dell'acqua. Simbolicamente, questo impianto rappresenta solo la dissipazione. Sempre sul piano simbolico, è la rappresentazione di un godimento effimero. È ampiamente dimostrato che a Innsbruck c'è una una pista a cui bastano 15 milioni di euro per essere messa nelle condizioni di efficienza. È a un'ora e mezza di macchina da Cortina, non capisco perché non si scelga questa opzione. Le olimpiadi del 2006 hanno già lasciato una pista, a Cesana Torinese, che il giorno dopo le gare è stata chiusa e mai più utilizzata. A giustificare un impianto come la pista da bob di Milano-Cortina non c'è alcuna motivazione se non la nostra irrefrenabile passione per il cemento e la dissipazione.

Cosa intende per dissipazione?

Per realizzare la pista da bob serve cemento, quindi strutture, cantieri, opere. Tutto questo fa parte di un mondo che, per quanto possiamo vedere green, non lo è. È dissipativo. Degrada il territorio in cui si appoggia. L'impianto di Cortina richiederebbe anche una quota di abbattimento di alberi, di riforestazione, di rimodellazione dei versanti, cioè scavare e rimodellare i versanti a seconda di come noi uomini vogliamo le inclinazioni per usare la pista da bob. Significa distruggere il suolo, i prati, anche tutte le libere circolazioni idriche subsuperficiali e superficiali. Inoltre, viste le scadenze, è probabile che le varianti di progetto non avranno il tempo di essere sottoposte a valutazioni ambientali perché ormai il tempo stringe. È un impianto più che inutile. Non solo è altamente impattante e ci farà fare una figuraccia al livello mondiale, perché non la riuseremo, ma è anche un progetto di altissimo degrado ambientale. E, vista la fretta, non potrà mai essere valutato correttamente.

I vertici del Coni hanno sempre respinto l'ipotesi del ricorso alla pista di Innsbruck e sostenuto la costruzione dell'impianto a Cortina. Eppure Malagò si è lasciato scappare che ci sono delle "criticità" e le gare d'appalto per la costruzione continuano ad andare deserte. Lei che idea si è fatto su questo? Ci sarà un cambio di rotta?

Voglio illudermi e sperare che sia così. Che i mal di pancia dei cittadini e delle associazioni abbiano messo un po' di agitazione. Anche Don Luigi Ciotti di Libera, una voce forte nel nostro Paese, ha preso una posizione molto netta contro la pista da bob. Ma è evidente che anche il countdown conta. È un'opera che richiede molto tempo e non è parte del patrimonio di esperienza delle aziende italiane. Le imprese disertano le gare perché vedono imprevisti e hanno dubbi sulla costruzione, entrambi fattori che per loro sono anche costi. Spero che questo faccia riflettere anche i vertici del Coni.

Che tipo di mobilitazione sarà quella del 24 settembre?

Ci sarà molto pubblico, e questo è un bene. Ma una cosa va detta: il problema non è solamente la pista da bob. Le olimpiadi 2026, sono uno sfascio globale dal punto di vista dell'impatto ambientale ed ecologico. Devastante è anche la strada nella valle del Piave, a Longarone, e tutte le piste da sci che vengono risagomate e rimodellate. C'è una quantità enorme di interventi che vengono fatti sulle nostre Alpi e anche in pianura. Per fare un esempio più incisivo, sul Lago bianco (nelle valli al confine tra le province di Sondrio e Brescia, ndr) stanno facendo opere colossali per prelevare acqua per garantire l'innevamento artificiale per le Olimpiadi 2026. Era stata fatta la promessa che le Olimpiadi sarebbero state a costo zero e senza impatto sull'ambiente. Tutto questo non sta accadendo.

Come studioso sta facendo ricerca sull'impatto ambientale delle Olimpiadi?

Vorrei, ma due questioni me lo impediscono. Innanzitutto non c'è completo accesso alle informazioni su come saranno le opere né su come sono i territori prima e dopo. Senza questi materiali non si può contabilizzare il danno. In secondo luogo ci sono le opere indirette, su cui non c'è controllo. Dal giorno dopo l'assegnazione a Milano-Cortina delle Olimpiadi ho chiesto di istituire un osservatorio indipendente che monitori tutte le opere in corso. Per un'opera che si proclama a impatto zero non dovrebbe essere un problema. Ma non ho avuto nessuna risposta.

Oltre alle opere note, come il Villaggio olimpico, ci sono quelle indirette, come gli alberghi e le strutture ricettive nate appositamente per le olimpiadi. Il fatto che un paese non si attrezzi con un osservatorio indipendente e non contabilizzi bene queste cose, vuol dire che non vuole imparare a fare meglio in futuro.

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