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La piccola Sharon abusata e uccisa a Cabiate: chiesto l’ergastolo per l’ex compagno della madre

Durante l’ultima udienza del processo il pubblico ministero ha chiesto l’ergastolo per l’uomo di 26 anni che ha violentato e poi ucciso la bimba di pochi mesi lo scorso inverno a Cabiate.
A cura di Giorgia Venturini
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Il pubblico ministero Antonia Pavan ha chiesto il carcere a vita per Gabriel Robert Marincat, l'uomo di 26 anni arrestato con l'accusa di aver violentato e ucciso la bimba di pochi mesi della sua compagna lo scorso 11 gennaio a Cabiate, in provincia di Como. Per l'accusa si tratta di omicidio volontario. Nella sua arringa durante l'ultima udienza in Corte d'Assise l'avvocato difensore Stefano Plenzick invece sostiene la versione dell'omicidio preterintenzionale, ovvero un delitto in conseguenza di un’azione violenta il cui scopo non era però quello di uccidere. La sentenza sarà attesa il 6 dicembre: il giudice ha concesso un termine per eventuali repliche da parte di accusa e difesa.

L'omicidio lo scorso inverno

In un primo momento il 26enne aveva raccontato che alla piccola era caduta addosso una stufa mentre giocava nella casa di Cabiate, in provincia di Como. L'avrebbe poi messa a dormire e alle 18 avrebbe provato a svegliarla: solo allora ha raccontato di averla trovata in difficoltà respiratoria e con del vomito sulla maglietta. Dopo pochi giorni di indagini però era uscita la verità. Il giudice per le indagini preliminari aveva parlato di un "contesto di assoluto orrore": gli abusi erano stati confermati dall'autopsia sul corpo di Sharon. "Quando l’ho vista, ho subito temuto che non fosse più viva. Non si muoveva", aveva precisato la nonna della piccola. La donna ha raccontato che la nipote era sul divano in una posa innaturale e che, provandola a svegliare, non rispondeva. Era stata portata in coma all'ospedale di Bergamo, senza ormai nessuna speranza di poterla salvare.

La confessione davanti al giudice

Il 26enne aveva confessato l'omicidio prima davanti al pubblico ministero lo scorso maggio e poi anche davanti al giudice durante il processo a porte chiuse. L'uomo non ha mai cercato di giustificare la sua condotta: "Ero nervoso", aveva detto al giudice durante l’interrogatorio dopo il suo arresto. Tra i testimoni dell'accusa c'era anche lo spacciatore di Gabriel Robert Marincati due si erano incontrati nei minuti successivi la tragedia. Lo spacciatore – Marincat assumeva metadone – ha spiegato che l'imputato andava di fretta, era agitato. Poi gli avrebbe anche confessato: "Ho combinato un guaio".

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