La madre di Samuel Dilas, il cestista morto a 24 anni per trombosi: “Mai ricevuto una chiamata dai medici”
Il 15 ottobre del 2023 era venuto a mancare Samuel Dilas, il 24enne giocatore di pallacanestro della squadra bresciana Luxarm Lumezzane, morto a causa di una serie di trombosi. Per il suo caso è stata aperta un'inchiesta dalla Procura di Brescia e disposta l'autopsia.
I risultati dell'esame notificati nel marzo del 2024 non erano riusciti a chiarire se le trombosi fossero collegabili e riscontrabili nel primo ricovero che Dilas aveva effettuato presso l'ospedale di Brescia. A distanza di un anno, la madre del ragazzo ha voluto sottolineare come nel corso di un intero anno nessuno tra i medici che hanno avuto in cura il figlio le abbia mai fatto una telefonata.
Le dimissioni dall'ospedale e il decesso dopo pochi giorni
Dilas era conosciuto tra i suoi compagni come "Il gigante buono" perché si era reso protagonista di gesti di generosità nella vita quotidiana così come nel gioco. Da tre anni giocava per la squadra bresciana Luxarm Lumezzane. Il ragazzo era stato ricoverato una prima volta all'ospedale di Brescia a inizio ottobre dello scorso anno per dispnea e febbre alta. Dopo diversi giorni era stato dimesso perché l'attacco febbrile era stato superato eccellentemente.
Il secondo ricovero era avvenuto a distanza di 24 ore dal ritorno a casa, risultando fatale a causa di una serie di trombosi che avevano colpito dapprima la gamba e poi varie parti del corpo.
Accertato il decesso la Procura di Brescia aveva aperto un fascicolo per omicidio colposo a carico di ignoti, nel tentativo di comprendere se il quadro clinico del giovane fosse compromesso al momento delle prime dimissioni. Allo stato attuale delle cose neppure l'autopsia ha saputo fornire una risposta completa.
La lettera della madre
A distanza di un anno, la mamma della vittima ha voluto sottolineare come non siano stati ancora identificati i responsabili di quanto accaduto.
Resta forte il dolore della donna che ha inviato una lettera al quotidiano Il Giorno: "Perché lo hanno dimesso? Perché dopo 11 giorni di ospedale i valori d’infiammazione restavano alti? Forse sarebbe bastata una telefonata dai medici che l’hanno curato, sarebbe bastato per sciogliere la mia rabbia – la donna conclude con un monito rivolto al personale sanitario – vorrei che i medici cercassero di migliorarsi sempre di più, anche dagli sbagli, studiando i casi più rari e anormali come quello di mio figlio, per evitare che possa succedere a qualcun altro".