La Lombardia zona rossa si spacca tra aree più e meno colpite. M5s: “Fontana può allentare stretta”
"Uno schiaffo ai lombardi". Questo il giudizio dato ieri a caldo dal presidente della Regione Lombardia Attilio Fontana alla decisione di "relegare" la Lombardia nella zona rossa, ossia lo scenario di massima gravità contemplato dal nuovo Dpcm che istituisce misure differenziate a seconda del livello di rischio delle singole zone. Il governatore leghista ha parlato di una decisione avvenuta "senza una motivazione valida e credibile" e sulla base di "informazioni vecchie di dieci giorni che non tengono conto dell’attuale situazione epidemiologica". Al di là dell'effettiva scarsa trasparenza sui dati che hanno portato alla decisione di ieri – che dovrebbero essere chiariti oggi pomeriggio in una conferenza stampa dell'Istituto superiore di Sanità – la polemica di Fontana ha un sapore chiaramente politico: difficile infatti pensare che il governatore pensasse davvero di poter sfuggire alla "zona rossa" viste le notizie sul numero di contagi, sull'intasamento dei pronto soccorso e degli ospedali, sui numeri sempre in crescendo di pazienti ricoverati con sintomi e in terapia intensiva e in ultimo sul sistema di tracciamento dei casi che specie nelle zone più colpite, come la provincia di Milano, è ormai saltato, tanto che Ats ha comunicato ai medici di base che non farà più tamponi ai contatti stretti asintomatici di casi.
La Lombardia sembra essersi spaccata tra le sue province
Le parole di Fontana arrivano dopo le uscite di alcuni sindaci lombardi, soprattutto di centrodestra, che avevano iniziato a contestare già le misure previste dal precedente Dpcm del 24 ottobre. Si tratta per lo più di sindaci di paesi o cittadine che si trovano in zone della Lombardia apparentemente meno colpite dal virus (anche se è difficile capirlo, considerato appunto che sfuggono anche i criteri che hanno portato alla definizione di tutta la Lombardia come zona di massima gravità). La "zona rossa" e il relativo lockdown, e anche le parole di Fontana, hanno in qualche modo "sdoganato" ulteriori polemiche: il sindaco di Casalpusterlengo – paese del Lodigiano che fu zona rossa durante la prima ondata – ha firmato assieme ad altri sindaci leghisti una richiesta al Governo affinché riveda le proprie decisioni sul lockdown. E un po' ovunque, da Cremona (ieri sera) a Brescia (nel primo pomeriggio di oggi) si moltiplicano le iniziative che in sostanza chiedono di differenziare ulteriormente le misure a seconda della gravità dei territori colpiti. Milano, Monza, Varese e Como sembrano essere adesso le "malate della Lombardia", mentre altri territori sembrano soffrire meno la seconda ondata. E, guarda caso, proprio dai sindaci di Brescia, Bergamo, Cremona e Mantova (tutti del Pd) arriva la richiesta a Conte e Speranza, stante "la preoccupazione per la crescita dei contagi comune e condivisa", di "avere tutti gli elementi necessari per comprendere la fase epidemica sulle nostre province e i parametri che ne determinano l’inserimento nella zona rossa, al pari di tutta la Regione". Come dire: spiegateci perché ci avete chiuso al pari di Milano.
In questa situazione il presidente Fontana, che ieri ha chiamato polemicamente in causa il governo, è a sua volta chiamato in prima persona a ricucire questa che è di fatto una spaccatura interna nella regione. Il Dpcm ritaglia infatti per lui, come per altri presidenti di Regione, un ruolo importante per quanto riguarda quelle chiusure provinciali e sub-provinciali che l'ormai famoso documento di Iss e ministero che individuava gli scenari di rischio e i 21 parametri in base a cui graduare le varie restrizioni indicava come preferibili, rispetto a misure generalizzate. C'è, infatti, all'interno del Dpcm, un punto (articolo 3 comma 2) che testualmente recita: "Con ordinanza del ministro della Salute, d'intesa col presidente delle Regioni interessate, può essere prevista, in relazione a specifiche parti del territorio regionale, in ragione dell'andamento del rischio epidemiologico, l'esenzione dell'applicazione delle misure di cui al comma 4", ossia delle restrizioni più severe rispetto al resto d'Italia.
Polemici i Cinque stelle: Non è più possibile giocare allo scaricabarile col governo
A evidenziare questa possibilità sono stati per primi parlamentari e consiglieri regionali dei Cinque stelle: "Con che coraggio Fontana e la Lega fanno polemica anche per la zona rossa in Lombardia?", si è chiesto ad esempio il senatore pentastellato Danilo Toninelli, aggiungendo: "Speriamo almeno che Fontana sappia che il Dpcm gli dà la possibilità di alleggerire le restrizioni nei territori meno colpiti". Ieri erano stati i consiglieri regionali Simone Verni e Marco Degli Angeli a dire che "anche con la Lombardia in zona rossa Fontana oggi può decidere e chiedere al Ministro della Salute di emanare un’ordinanza sulle zone della regione, a basso contagio, dopo un confronto con i sindaci dei territori", aggiungendo: "Con questo Dpcm viene messa al centro l'autonomia locale e non sarà più possibile giocare allo scaricabarile con il Governo".
In che tempi Fontana potrà intervenire (insieme a Speranza)
Probabilmente chiamato in causa da più parti, e anche sollecitato dalla protesta di sindaci amici, Fontana nel primo pomeriggio di oggi ha rilasciato una dichiarazione per chiarire il suo ruolo – e i tempi – su eventuali allentamenti a livello locale: "Da questa mattina si stanno diffondendo notizie false che creano confusione e incertezza per i cittadini – ha detto il governatore -. È stata istituita una zona rossa su tutto il territorio regionale senza possibilità di deroga, solo dopo due settimane sarà possibile chiedere misure di allentamento per determinati territori. È un'interpretazione confermata dallo stesso ministro telefonicamente". In effetti il comma 3 dell'articolo 3 chiarisce che al ministro della Salute spetterà un monitoraggio "con frequenza almeno settimanale" della situazione epidemiologica non solo regionale, ma territoriale. Nel caso in cui la situazione dovesse migliorare (sulla base degli stessi parametri usati per l'ordinanza di ieri), con una nuova ordinanza una determinata area potrà essere riclassificata in una nuova "fascia di rischio" (le cosiddette zone gialle, arancioni e rosse). L'ordinanza potrà dunque riguardare anche una porzione di una regione, ma c'è un vincolo di tempo: ogni ordinanza è infatti efficace per minimo 15 giorni. Anche le province lombarde che si reputano meno colpite da questa nuova ondata della pandemia dovranno dunque pazientare e osservare le stesse restrizioni regionali, per almeno due settimane.