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La Lombardia si schiera contro la carne sintetica, i ricercatori: “Non demonizziamo quello che non conosciamo”

La Regione Lombardia ha già dichiarato di essere contro la carne sintetica. In pericolo, secondo loro, ci sarebbe il lavoro di migliaia di allevatori e la cultura italiana. A Fanpage.it il ricercatore Davide Lanzoni e la professoressa Carlotta Giromini dell’Università degli studi di Milano sostengono che, ad oggi, queste paure sono infondate: “L’idea alla base carne coltivata non è sostituire quella tradizionale, ma di creare un prodotto diverso”.
A cura di Enrico Spaccini
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Immagine di repertorio
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Lo scorso novembre il Consiglio regionale lombardo ha approvato una mozione per dire "no" al cibo creato in laboratorio. "Il via libera al cibo sintetico sarebbe un vero e proprio attentato alla salute pubblica", hanno affermato i firmatari Roberto Anelli (capogruppo della Lega) e Giovanni Malanchini (consigliere Lega). Una presa di posizione netta, confermata poi anche dal presidente Attilio Fontana: "Come Regione Lombardia abbiamo aderito alla petizione per allontanare il cibo sintetico dalle nostre tavole".

La petizione era stata lanciata da Coldiretti "per fermare una pericolosa deriva che mette a rischio il futuro dei nostri allevamenti e dell'intera filiera del cibo Made in Italy". Stando agli ultimi dati Istat, la Lombardia è la regione che ha il maggior numero di allevamenti bovini e il più alto numero di suini allevati. Ma la carne sintetica rischia davvero di compromettere una dei settori principali dell'economia lombarda?

A chiarire alcuni aspetti del cibo prodotto in laboratorio e delle sue potenziali applicazioni, nonché sviluppi, per Fanpage.it sono stati chiamati il ricercatore Davide Lanzoni, prima firma di "Sfide biotecnologiche e tecniche relative alla produzione di carne coltivata" e la professoressa Carlotta Giromini , entrambi del dipartimento di Medicina veterinaria e scienze animali dell'Università di Milano.

Iniziamo dalle basi, da dove arriva la carne sintetica?

Si parte da una cellula che viene estratta dall'animale mediante una biopsia. Questa, poi, viene fatta proliferare e in questo modo si possono creare tessuti muscolari. Non si parla di trasformazioni, non si tratta di cellule geneticamente modificate.

La Lombardia è la Regione italiana con il più alto numero di allevamenti di bovini e suini. Sulla carne sintetica aleggia l'ombra che possa andare a sostituire quella tradizionale. È una paura fondata?

Prima di tutto, va detto che il nostro Paese importa oltre il 50 per cento dei bovini da carne dall'estero. Non sarebbe quindi in alcun modo a rischio la nostra produzione interna.

Inoltre, non credo che la carne sintetica sia, o voglia essere, un sostituto. L'idea è che si potrebbero creare dei prodotti di nicchia. E questi, magari, potrebbero avere delle caratteristiche funzionali. Ad esempio, si può intervenire durante la coltura riducendo o eliminando i grassi saturi, uno degli elementi costitutivi della carne più dibattuti. Al loro posto si potrebbero aggiungere gli acidi grassi Omega-3.

Quindi si parla della possibilità di creare prodotti che abbiano caratteristiche funzionali e nutrizionali diverse. Non di sostituire la carne tradizionale. Piuttosto può rivelarsi uno strumento utile.

Per non parlare degli allevatori che temono di vedere ridimensionata la propria clientela.

In questo momento credo che la carne coltivata tenderà a crearsi una propria nicchia, un mercato parallelo dedicato. Anzi, potenzialmente potrebbe aggiungere opportunità di mercato.

Il ministro dell'Agricoltura Francesco Lollobrigida ha detto che con la carne sintetica è "a rischio il futuro della cultura alimentare nazionale".

Cultura e tradizione sono aspetti che dovranno essere tenuti in considerazione. L’idea non è quella di detradizionalizzare una produzione di qualità che abbiamo e su cui lavoriamo da anni. Il vantaggio di questo tipo di produzione è che si può sfruttare tutto quello che si è fatto nell’allevamento tradizionale: sappiamo già qual è il prodotto, sappiamo dove vogliamo arrivare, abbiamo gli strumenti per valutare sicurezza e qualità.

Lo schieramento da parte della Regione Lombardia ma anche di Coldiretti e di altri esponenti a livello nazionale, non rischia di danneggiare la ricerca?

Secondo me è giusto che ci sia comunicazione su questo tema. Auspichiamo, però, che sia oggettiva, che si basi su dati reali e che sia costruttiva. Non dobbiamo né demonizzare né elogiare un prodotto per il quale non abbiamo abbastanza strumenti. Il nostro obiettivo è fare ricerca e dare una comunicazione oggettiva della tematica.

Si tratta ancora di un prodotto oggetto di ricerca da parte del mondo scientifico. Tuttavia, la Food and drug administration (Fda) statunitense ha già dato un primo via libera.

Un primo via libera che in realtà è uno step intermedio ai prodotti della compagnia Upside Foods. Comunque è la prova che qualcosa si sta già muovendo e, come sempre, la Fda è un po' più avanti di noi. Ma questo è dovuto al fatto che il suo iter di approvazione è un po' diverso da quello adottato dall'Autorità europea per la sicurezza alimentare (Efsa).

Dal nostro punto di vista è interessante fare ricerca in questo settore, anche solo per capire se questo prodotto avrà mercato e di che tipo. Va tenuto in considerazione che oggi in Israele e Singapore è già possibile consumare la carne coltivata nei ristoranti.

Gli allevamenti intensivi rappresentano all'incirca il 15 per cento di emissioni annue di gas serra. C'è chi spera che creando la carne in laboratorio il loro impatto ambientale possa diminuire. Alcuni studi, invece, sostengono che la produzione di carne sintetica richiede una quantità d'acqua molto elevata.

Fare ricerca vuol dire conoscere, avere gli strumenti per capire veramente come collocare questo prodotto, se è veramente sostenibile. Quando ci si trova agli inizi, è difficile stabilirlo per qualsiasi prodotto. Magari se si riuscisse a ottimizzare il processo, che è più circoscritto e più semplice da controllare rispetto a una produzione ‘on field', si potrebbe arrivare a delle situazioni diverse.

Ad oggi non abbiamo dati sufficienti per dire se la carne coltivata sia sostenibile, sia sostenibile dal punto di vista sia economico che ambientale. Non è possibile stimare il costo di una produzione di laboratorio finché non arriva su larga scala, non è paragonabile con il metodo tradizionale.

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