La famiglia della ristoratrice suicida a Lodi non si oppone all’archiviazione: “Sipario su Giovanna Pedretti”
La famiglia di Giovanna Pedretti, ristoratrice di Sant'Angelo Lodigiano morta dopo essere finita al centro di un vero e proprio caso mediatico dopo una recensione artefatta, non si opporrà alla richiesta di archiviazione che la Procura di Lodi ha trasmesso al giudice per le indagini preliminari: per i magistrati, che indagavano per istigazione al suicidio, "nessuno dei comportamenti tenuti da terzi è in alcun modo quantificabile come fatto penalmente rilevante”.
Ad annunciarlo è l’avvocato della famiglia, Simona Callegari, a Il Cittadino. "Speriamo che adesso cali davvero il sipario, e che la famiglia possa stare tranquilla", ha spiegato. "La pizzeria è stata riaperta da asporto, e pur con la mancanza di Giovanna che influisce anche sull’attività, la famiglia sta faticosamente trovando il suo percorso. Speriamo che questa scelta contribuisca a far scendere l’oblio sulla vicenda anche in futuro. C’è stata oggettivamente una sovraesposizione mediatica, sia nei giorni che hanno preceduto la tragedia sia successivamente. Ora è il momento di chiudere la questione e provare, con il proprio peso, ad andare avanti".
Il ristorante di Sant'Angelo Lodigiano era finito nell'occhio del ciclone dopo che la titolare, Giovanna Pedretti, a inizio gennaio 2024 aveva postato sui social una recensione omofoba e abilista pubblicata da un cliente (poi risultata artefatta dalle indagini), rispondendogli per le rime. Un caso prima ripreso dalla stampa nazionale e poi finito nella bufera dopo le aspre critiche da parte del web, che aveva accusato la donna di aver architettato tutto unicamente per farsi pubblicità.
La 59enne si è tolta la vita nella mattinata di domenica 14 gennaio, dove è stata trovata tra le acque del fiume Lambro. "Era ossessionata dai commenti negativi", aveva detto il marito Nello D'Avino. "Le dicevo di stare tranquilla, ma non si dava pace".