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La Cassazione sul sequestro di 3,5 milioni di euro a Irene Pivetti: “Le sue società inesistenti”

La Corte di Cassazione ha fornito le motivazioni circa il sequestro di 3,5 milioni di euro disposto nei confronti di Irene Pivetti, indagata a Milano per evasione fiscale a auto-riciclaggio.
A cura di Ilaria Quattrone
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La Corte di Cassazione ha fornito le motivazioni relative al sequestro di 3,5 milioni disposto nei confronti di Irene Pivetti, che negli ultimi giorni è balzata agli onori di cronaca dopo un'intervista rilasciata al settimanale Gente in cui afferma di vivere con mille euro al mese.

L'ex presidente della Camera è indagata dalla Procura di Milano (insieme ad altre cinque persone) per alcune operazioni commerciali: l'accusa è di evasione fiscale e auto-riciclaggio per circa otto milioni di euro di ricavi sottratti al fisco.

Nel verdetto, la Corte ritiene che Pivetti avrebbe avuto un ruolo fittizio come "acquirente della Only Italia di Hong Kong", di cui era presidente. Un gruppo di società che per la Cassazione avrebbe "assoluta inconsistenza" perché sarebbe inesistente sia giuridicamente che economicamente.

Il sistema di scatole vuote

Nel verdetto viene inoltre specificato che il lavoro e la spiegazione data dal Tribunale del Riesame è assolutamente corretto: da questo è emerso un sistema di "scatole vuote" basato su uno schema di contratti parzialmente o totalmente simulati. Questi, secondo gli inquirenti, sarebbero serviti unicamente per trasferire alcuni beni "della scuderia Isolani al gruppo cinese Daohe".

Nell'inchiesta spuntano anche i nomi dell'ex pilota di rally Leonardo Isolani e della moglie. Dalle indagini risulta che Isolani avrebbe sempre "mantenuto la disponibilità di beni" che sarebbero poi stati venduti nel 2016 a eccezione del logo Isolani Racing Team with Ferrari.

Questo infatti, secondo alcune clausole di licenza, non poteva essere ceduto separatamente "dai beni della scuderia che i coniugi Isolani-Mascoli – si legge ancora – avevano interesse a cedere formalmente per sottrarsi alle azioni esecutive dell'Erario".

Le fatture inesistenti

La Cassazione ha riportato la ricostruzione dettagliata del Riesame relativa ai movimenti di denari che sarebbero scaturiti dalle varie compravendite. Gli inquirenti hanno evidenziato come questi flussi, che sarebbero stati generati proprio dalle compravendite, non sarebbero stati "disposti né ricevuti dalle parti contraenti". Non ci sarebbe infatti nessuna fattura relativa all'acquisto della scuderia.

Così come non ci sarebbe alcun conto corrente, nessuna sede sociale autonoma o personale. Per gli inquirenti del capoluogo meneghino, i coniugi Isolani-Mascoli avrebbero tenuto nascosta la proprietà di beni della loro scuderia (tra questi c'erano tre Ferrari da corsa, un trattore stradale Iveco Stralis e un semirimorchio Imt Miele).

Lo avrebbero fatto solo per "sottrarli" all'Erario: la coppia doveva circa cinque milioni di euro. Per gli investigatori, i coniugi quindi avrebbero finto di vendere la scuderia, ma in realtà avrebbero ceduto solo il logo. Pivetti lo avrebbe comprato a 1,2 milioni di euro per poi rivenderlo a 10 milioni.

Lo avrebbe infatti acquistato "per cederlo a un prezzo dieci volte superiore al gruppo Dahoe" senza però comparire in prima persona. Intanto il 25 gennaio si terrà l'udienza preliminare davanti al giudice dell'udienza preliminare.

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