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Klaus Davi spinto e minacciato fuori da un centro islamico: “Ebreo di m***a, ti ammazziamo”

“Ebreo di m***a, ti ammazziamo”: con queste parole di giornalista Klaus Davi è stato aggredito fuori dal centro islamico di viale Jenner a Milano ieri venerdì 21 giugno.
A cura di Giorgia Venturini
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Il giornalista Klaus Davi è stato aggredito fuori dal centro islamico di viale Jenner a Milano: tutto è accaduto ieri venerdì 21 giugno quando è stato vittima di spintoni, sputi e minacce. Davi si trovava sul posto per fare alcune interviste a chi frequenta la moschea quando alcuni uomini lo hanno avvicinato minacciandolo di andarsene:  "Siete degli assassini, vattene, figlio di p*****a. Ebreo di m***a, ti ammazziamo".

Cosa sia successo nel dettaglio lo ha spiegato il giornalista: "Stavo facendo sul viale delle domande sul 7 ottobre, sulla guerra in Medio Oriente, sugli ostaggi in mano ad Hamas, quando i due uomini mi hanno minacciato e spintonato e sputato. Ho cercato di mantenere la calma. La mia intenzione era semplicemente indagare sul punto di vista dei frequentatori del centro relativamente alla strage del 7 ottobre". Precisando anche lui con i colleghi si trovavano sul viale, quindi in uno spazio pubblico. Non all'interno del centro islamico. Le minacce e gli insulti sono arrivati verso le 13.

Il giornalista a un certo punto avrebbe chiesto a un giovane frequentatore della moschea la possibilità di accedere una sigaretta ma il ragazzo è stato subito fermato da altri uomini al grido di: "Non farlo, è un ebreo". Klaus Davi è rimasto lì comunque fino alle 15: "La mia intenzione era rivolgere qualche domanda all’Imam. Ma non c’è stato verso e comunque ho rispettato la sua volontà di non parlare senza fare ingresso nella Moschea".

Infine il giornalista ha tenuto a precisare: "Mi ha molto colpito questa cosa, davvero inquietante. Sono per la libertà religiosa, ma che tipo di cultura viene veicolata in questi contesti? Che rischi sta correndo la Comunità Ebraica? Voglio precisare che non ho assolutamente allertato le forze dell’ordine perché non è mia abitudine farlo, non mi va di fare pagare ai contribuenti il costo della mia sicurezza solo perché faccio il mio lavoro. Detto sinceramente non avrei immaginato un tasso di aggressività e di controllo territoriale così capillare".

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