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James Senghor, il senegalese che si è ribellato al caporalato e aiuta gli immigrati a Milano

James Senghor, senegalese, è arrivato in Italia con un aereo, ma dopo un mese è diventato clandestino. È finito nella trappola del caporalato in Puglia, ma si è ribellato. È arrivato a Milano, dove ha ottenuto i documenti e un lavoro e ha conosciuto altri ragazzi africani che come lui sognano “la rivoluzione” nei loro Paesi. Con loro ha fondato l’associazione Africa 1 per aiutare gli immigrati che per motivi diversi vivono in mezzo alla strada.
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James Senghor, presidente Africa1
James Senghor, presidente Africa1

È tornato in Costa d’Avorio Ibrahim Desire, un giovane africano rimasto bloccato in Italia senza documenti. Dormiva a pochi passi dal Duomo di Milano, in mezzo alla strada. Non era più in regola, quindi non poteva più lavorare, affittare regolarmente una casa e vivere dignitosamente. Voleva tornare "a casa sua", ma da clandestino non era possibile. Camminando per le vie del centro milanese, un ragazzo del Camerun – membro dell’associazione Africa1 fondata dal senegalese James Senghor – si è accorto di lui. "Abbiamo deciso di fare un video e postarlo sui social con la speranza che qualcuno lo riconoscesse. E così è stato. Il video è arrivato in Costa d’Avorio e il cugino di Ibrahim lo ha riconosciuto – spiega l’ivoriana Patricia Bayoro di Africa 1 -per aiutarlo avevamo bisogno di un documento e lui ci ha fatto avere il suo estratto di nascita. Ma non era abbastanza, perché occorrevano i soldi per comprare il biglietto e lui non li aveva. Per questo motivo abbiamo lanciato una raccolta fondi".

Ora è tornato a casa sua grazie al lavoro di un’altra associazione di Bologna che si occupa di immigrazione e rimpatri. "È felice. È tornato dalla sua famiglia", dice a Fanpage.it il presidente di Africa 1, fondata da africani per aiutare gli africani, ma non solo, perché per il fondatore non esiste differenza tra chi soffre. Sono tante le persone nelle stesse condizioni di Ibrahim. E il problema di chi emigra in Italia secondo Senghor è sempre uno: i documenti. "Ci sono tanti ragazzi in difficoltà. Noi facciamo quello che possiamo. Non abbiamo nessuno che ci finanzia e facciamo tutto con i nostri soldi".

La storia di James

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James Senghor è senegalese. E dal Senegal è arrivato in Italia con un aereo. È atterrato a Roma ed era regolare. "Non capivo la lingua e non conoscevo nessuno. Dopo un mese mi è scaduto il visto turistico e sono diventato clandestino. Mi portavano sempre in questura e mi hanno arrestato più di 9 volte. Poi alcuni compaesani mi hanno detto di andare in Puglia dove nessuno mi avrebbe controllato. Parlavano dei campi di pomodori dove lavoravano tanti altri immigrati”, racconta Senghor.  Una realtà, quella del caporalato che si nutre della disperazione di chi, senza documenti, non ha altra scelta se non quella di vivere nell’ombra dell’illegalità.

“Senza documenti non puoi fare nulla. Non puoi lavorare e non puoi nemmeno affittare una casa. Se non hai il coraggio di resistere è facile iniziare a spacciare e fare il delinquente. Perché devi sopravvivere. Se non hai un lavoro come sopravvivi?", spiega il presidente di Africa 1. Lui però, non si è arreso e si è ribellato al caporalato. Ha ottenuto i documenti, ha trovato un lavoro regolare e ora vive nella legalità. A Milano ha conosciuto altri ragazzi africani che come lui sognano "la rivoluzione" nei loro Paesi.

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Con loro ha fondato l'associazione e l'obiettivo è quello di recuperare tutti i giovani africani che per motivi diversi sono in mezzo alla strada. Hanno iniziato nelle zone più critiche della città aiutando i più deboli che potrebbero finire nelle mani sbagliate. Ma James ha sempre avuto in mente l’Africa. "Aiutiamoci a casa nostra", questa è la filosofia di chi riconosce in Africa 1 una lotta per la libertà. Quando è tornato nel suo Paese ha fondato Africa1 Senegal. “Ci sono molti giovani abbandonati  e sono dappertutto a Dakar. In ogni periferia che vai, trovi centinaia di questi ragazzini. Molti sono minorenni. Abbandonati dalle famiglie e dal sistema, si drogano inalando un liquido pericolosissimo. Alcuni sono diventati delinquenti per sopravvivere. Così hanno iniziato a rubare per non morire. Dormono in posti disumani e quando gli ho visti mi sono dimenticato del mio passato. Perché quello che vivono loro è sicuramente peggio. Queste persone, quando cresceranno, non ce la faranno più e chi avrà il coraggio di prendere un barcone, rischierà la sua vita per sopravvivere".

Dopo Italia e Senegal, l'obiettivo è aprire sedi in Gambia e in Mali

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James Senghor si batte contro l’immigrazione clandestina e dice: “Per fermare questi viaggi dobbiamo prenderci cura dei nostri giovani”. Con i suoi soldi ha comprato vestiti e materiale scolastico per alcuni di loro. E l’intento è quello di fondare anche una sede in Gambia e in Mali. “Dobbiamo fermare l’immigrazione clandestina, in Africa è difficile ottenere il passaporto per espatriare. Questo perché c’è molta corruzione. Per chiedere il visto turistico devi avere un conto bancario e tanti altri requisiti. Ma se non hai i soldi non hai un conto in banca. Alcuni si ribellano e l’unica alternativa è quella di salire su un barcone”. Da anni James e tutti i membri di Africa 1 lottano contro una narrazione che li vede vittime passive. "È il momento di farcela da soli. Dobbiamo rialzarci. Il problema dell’Africa siamo noi africani. Tra di noi c’è razzismo. Tra etnie diverse c’è ostilità. Dobbiamo cambiare prima noi stessi e unire le forze".

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