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Invitare le donne a manifestare per forza in tacchi a spillo o ciabatte è sessista anche se finge di non esserlo

Per la mattina dello scorso 23 aprile la destra bresciana ha organizzato la “passeggiata sui tacchi” per valorizzare l’empowerment femminile, la sinistra una contro manifestazione in ciabatte. Ma l’empowerment femminile deve avere davvero un colore e un tipo di calzature?
A cura di Giorgia Venturini
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Per partecipare alla "passeggiata sui tacchi" partita da piazza Vittoria a Brescia la mattina dello scorso 23 aprile dovevi essere una donna bresciana, preferibilmente indossare i tacchi e qualcosa di rosa. Erano questi i tre requisiti consigliati (anche se il volantino non sembra lasciare molte alternative) dell'evento che puntava a valorizzare l'empowerment femminile ma che alla fine lo ha distrutto. Perché altro non era che l'ennesima manifestazione pre elettorale in vista della amministrative del prossimo mese, mascherato da inno alle donne dai tacchi alti e che amano il rosa.

L'evento è stato voluto dalla lista civica Brescia Davvero, che sostiene il candidato di centrodestra Fabio Rolfi e l'iniziativa era stata ideata da Arianna Todeschini, capolista. Doveva essere un inno alla donna e alla sua forza. All'empowerment femminile che per la destra bresciana è sinonimo di tacchi a spillo e un tocco di rosa. Come mostra anche il volantino dell'evento. Ma l'empowerment femminile deve avere davvero un colore e un tipo di calzature?

Anche la sinistra bresciana è scesa in strada: in contrapposizione alla manifestazione in tacchi a spillo è stato organizzato un flash mob in ciabatte voluto dalla lista Brescia Attiva, che alle prossime elezioni è appoggiata dalla candidata di centrosinistra Laura Castelletti, che è attualmente la vicesindaca di Brescia. Niente tacchi a spillo durante questo flash mob, ma ciabatte. Ma l'empowerment femminile deve esprimersi davvero tramite un tipo di calzature?

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Le donne bresciane si sono così trovate a scegliere fra i tacchi a spillo o ciabatte, come se l'una fosse (l'unica) alternativa all'altra. Se proprio all'empowerment femminile avessimo dovuto dare un look, sarebbe dovuto essere uno solo: il preferito da ciascuna donna. La manifestazione e la contro manifestazione avrebbe dovuto avere un unico slogan: "Vestitevi come vi pare".

O, meglio, non avrebbe proprio dovuto dare indicazioni sull'abbigliamento, perché ricollegare – ancora – una donna a cosa indossa e a come si veste è, in entrambi i casi, sessista. Parlare di empowerment femminile è un dovere, ma farlo in campagna elettorale serve solo a conquistare voti. O perderli, come in questo caso.

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Sono giornalista professionista dal 2020, ma faccio questo lavoro da molto più tempo. Nel settembre del 2020 sono arrivata a Fanpage.it inserendomi nella squadra della cronaca di Milano. Da anni mi occupo di criminalità organizzata soprattutto in Lombardia e di problemi ambientali: due tematiche che spesso si intrecciano tra di loro. Da un anno curo il progetto www.stampoantimafioso.it, un giornale online che si occupa di mafia e antimafia e che seguo insieme ad altri giornalisti e ricercatori che come me si sono laureati in Sociologia della criminalità organizzata.
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