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Investe e uccide un 33enne in monopattino, D’Amico: “Avevo assunto alcol e cocaina, non pensavo fosse morto”

Durante l’interrogatorio davanti al gip, il 29enne Giuseppe D’Amico racconta quella notte tra il 9 e 10 marzo. Stava guidando con la patente revocata, dopo aver assunto alcol e droga e con l’obbligo di stare a casa nelle ore notturne.
A cura di Enrico Spaccini
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Immagine di repertorio
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Il gip di Milano, Tommaso Perna, ha accolto la richiesta del pm Francesco De Tommasi convalidando l'arresto e la custodia cautelare in carcere per Giuseppe D'Amico. Il 29enne, di origini palermitane, tre giorni fa ha travolto e ucciso il 30enne Juan Carlos Quinga Guevara che stava girando in monopattino in via Beldiletto all'angolo con viale Famagosta, scappando dal luogo dell'incidente. D'Amico aveva provato a far ricadere tutte le responsabilità sull'amica che viaggiava con lui, ma è stato visto da un testimone correre verso casa. Aveva, infatti, l'obbligo di stare in casa dalle 22 alle 6. Inoltre, stava guidando senza patente, che gli era stata revocata, e sotto l'effetto di droga e alcol.

L'interrogatorio di D'Amico davanti al gip

"Prima dell'incidente avevo assunto sia alcol che cocaina", ha ammesso D'Amico nell'interrogatorio di ieri, domenica 12 marzo, davanti al gip, "ero ubriaco e quindi non vedevo lucidamente. (…). Avevo la patente sospesa, è vero. È una colpa che mi assumo". Come raccontato dal 29enne, la licenza di guida gli era stata sospesa per stato di ebbrezza. Poi una seconda volta a maggio dello scorso hanno, perché girava con il permesso scaduto. Ora, invece, gli era stata proprio revocata.

A causa di precedenti per furto e porto di coltello, era stato affidato in prova al servizio sociale con obbligo di dimora e divieto di uscire nelle ore notturne. "Ero in panico soprattutto per l'affidamento", ha dichiarato davanti al giudice, "soprattutto non credevo di avergli tolto la vita". La ragazza 25enne che viaggiava con lui sapeva dei suoi guai giudiziari: "Mi ha che si sarebbe assunta lei la responsabilità", ha continuato D'Amico, "ma nessuno dei due in quel momento aveva compreso la gravità della situazione".

Il racconto del testimone e la fuga di D'Amico

Anche la 25enne, infatti, è risultata positiva sia all'alcoltest che al narcotest. In un primo momento, aveva raccontato ai vigili del nucleo Radiomobile che c'era lei alla guida di quella Bmw che ha travolto Quinga Guevara. Un testimone, però, ha raccontato di aver visto il 29enne uscire dal posto di guida e allontanarsi di corsa.

Di fronte alle evidenze, la ragazza ha ammesso di aver concordato quella falsa versione con D'Amico. "Quando mi ha chiamato la seconda volta, nella mattinata e prima che mi arrestassero", ha spiegato il 29enne, "mi ha detto che il ragazzo era deceduto io le ho detto che mi sarei assunto la responsabilità perché lei non poteva rovinarsi la vita".

Per il gip Perna, "l'indagato ha ampiamente mostrato di non essere in grado di rispettare alcuna prescrizione e regola di civile convivenza, oltre che giuridica e, prima ancora, di banale umanità". Ribadendo come si era messo alla guida "in stato di intossicazione dovuto al pregresso consumo di cocaina e bevande alcoliche", oltre che "senza essere munito della patente", dopo l'incidente non ha mostrato "alcuna resipiscenza per la propria condotta si è dato alla fuga". Per questi motivi, dovrà rimanere in carcere in custodia cautelare.

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