Infermiera picchiata in ospedale a Milano: “Insultata e presa a botte durante il mio turno”
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"In un mese ho subito due aggressioni, una verbale e una fisica", racconta a Fanpage.it Erika, infermiera milanese di 45 anni. Ha preso un pugno in faccia e ricevuto i peggiori insulti mentre cercava di fare solo il suo lavoro.
E farlo bene, perché quando racconta gli episodi di aggressione subiti si sente tutta la sua frustrazione: "Il nostro lavoro lo facciamo con il cuore, i pazienti li trattiamo con il cuore, non lo facciamo per prendere insulti, è degradante sentirsi insultati ogni giorno ed essere presi a botte, perché?", si chiede e ci chiede Erika, che ha subito denunciato l'aggressione assistita dall'ospedale per cui lavora e dal sindacato Nursind.
L'aggressione il 19 settembre
Una ragazza è entrata in stato di ebrezza al pronto soccorso, dove Erika lavora, "sento le urla – è il racconto dell'infermiera – e vedo che aggredisce il mio collega al triage, siamo intervenuti per calmare la ragazza e l'abbiamo messa su una sedia a rotelle per portarla in sala d'attesa, mentre la portavo si è alzata, ha ribaltato dei tavolini, la prendo per una mano quando ho sentito un colpo in faccia". Un pugno.
Poi il ricorso al pulsante antiaggressione, ormai diffuso in tutti i presidi sanitari, che permette di chiamare direttamente le forze dell'ordine. La ragazza alla fine ha lasciato il pronto soccorso accompagnata dal suo compagno. Per Erika invece esami di controllo, assistenza psicologica e riposo dal lavoro.
"Ho denunciato come difesa nei nostri confronti, per la professione che svolgiamo, perché ogni giorno è una continua escalation, dopo un giorno e mezzo un altro collega è stato picchiato, non è tanto l'aggressione fisica ma il danno che ti crea moralmente" è lo sfogo dell'infermiera.
"Quando ci chiamavano eroi"
"Mi ricordo quando esplose il Covid, eravamo tutti eroi, adesso non lo siamo più, perché? Le persone pensano che sottovalutiamo i loro problemi ma siamo i primi che cercano di dare aiuto" è la riflessione di Erika che ricorda quando solo pochi anni fa medici e infermieri erano in prima linea contro la pandemia di coronavirus e "ci cantavano le canzoni dai balconi", sottolinea con amarezza.
Oggi invece le aggressioni sono all'ordine del giorno e non fanno più clamore, soprattutto nei pronto soccorso dove lo stress e le attese per i pazienti sono maggiori e la frustrazione esplode.
"Lavorare in queste condizioni non è più bello, ti mette ansia, angoscia, paura, anche se ti poni in maniera educata e sensibile". Ma Erika non ci pensa a cambiare reparto: "Il pronto soccorso è quello che ho sempre voluto fare, ci metti anima e cuore per salvare e dare assistenza fino a che non senti che il paziente sta bene". E presto Erika tornerà a farlo.